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Tag: Sanità

Prevenzione dei tumori al seno, due priorità: aumentare le adesioni, diminuire i tempi d’attesa

Si discute domani in Consiglio Regionale il mio Question Time sul tema della diagnosi precoce.

Senza una prevenzione efficace e diffusa, non si sarebbero registrati dati in miglioramento dalla fine degli anni ’90 a oggi, con continua tendenza alla diminuzione della mortalità per carcinoma mammario (-0,8% annuo). Deve dunque essere affrontato il tema del recente calo, in Piemonte, delle percentuali di adesione agli screening della mammella, scese dal 55% del 2018 al 43% del 2022. Ho presentato, sul tema, un Question Time, per chiedere alla Giunta soluzioni per questa e per altre criticità: si stima che l’attesa per una mammografia di routine possa, in Piemonte, arrivare ai 12 mesi; si registrano ritardi in tema di risonanze magnetiche, refertazione degli esami istologici, test genomici e trasmissione dei referti tra le strutture. Ritardare il momento di inizio delle cure può avere conseguenze gravi, a maggior ragione in un ambito nel quale la tempestività è una variabile cruciale. Sono attualmente attive in Piemonte 16 Breast Unit, Centri di Senologia specializzati nella cura dei tumori al seno. Per le donne tra i 45 e i 75 anni è attivo il programma Prevenzione Serena. Risultano in aumento le donne che si rivolgono ai centri privati per i controlli. Prevenzione Serena, Regione Piemonte e la Rete oncologica hanno programmato una campagna di sensibilizzazione rivolta alla popolazione piemontese.

Carenza di infermieri, la Giunta sta provando a fare la sua parte: ma il problema deve essere affrontato dal Governo

La scarsità di queste figure professionali è un fenomeno di portata nazionale e deve essere contrastato allo stesso livello istituzionale. Urge inoltre un ragionamento sui gettonisti, modalità di esternalizzazione dei servizi che spesso si traduce in maggiori costi per la nostra Sanità. Ci sono Regioni che hanno ridotto al minimo questo fenomeno: il Piemonte può fare lo stesso. Con un Question Time appena discusso in Aula, ho portato questi temi all’attenzione dell’Assessore.

Numeri che parlano da soli: solo presso la Città della Salute di Torino, si quantifica in 500 unità la carenza di infermiere e infermiere. Considerando l’intera regione, il dato va aumentato di un ordine di grandezza o quasi, come già evidenziato da Nursind e Nursing Up. Riconosciamo alla Giunta e l’impegno e il tentativo – consistente, per quanto perfettibile – di mitigare la criticità in Piemonte, con misure organizzative (esaurimento delle graduatorie disponibili, nuove procedure concorsuali centralizzate, processi di reinternalizzazione), con le politiche di nuove assunzioni, con la stabilizzazione dei precari e con l’impiego a questo fine di parte 175 milioni di euro del progetto “Rilancio della Sanità Pubblica”. Valuteremo l’efficacia della Governance delle Risorse Umane in Sanità. Ma serve di più (ci sono Ospedali in particolare difficoltà dai tempi della pandemia) e ci aspettiamo che il Governo stesso provi a dare risposte. Occorre inoltre affrontare il fenomeno, in crescita, delle dimissioni dalle Aziende Sanitarie e dai presidi ospedalieri della Sanità Regionale di un numero crescente di infermieri altamente specializzati, che poi in molti casi riprendono l’attività quali liberi professionisti “gettonisti”, presso quelle stesse agenzie esterne chiamate a lavorare in appalto proprio presso le ASL e presso gli Ospedali, con costi decisamente maggiori per la Sanità della Regione. Ci sono alcune Regione che hanno ridotto al minimo l’impiego dei gettonisti ed è una strada che, pensiamo, anche il Piemonte dovrebbe seguire. Una misura sensata potrebbe essere l’innalzamento dell’età pensionabile su base volontaria.

Città della Salute, servirebbero altri 500 infermieri

Nursind lancia l’allarme, mercoledì sarà discusso a Palazzo Lascaris il mio Question Time che chiede soluzioni.

Pensionamenti non sostituiti, dimissioni sempre più frequenti, maternità e altre tipologie di congedo lungo: ha diverse cause l’attuale carenza di infermieri, che si stima in oltre 500 unità nella sola Città della Salute di Torino, ma che si riscontra in diversi altri contesti, sia a livello regionale sia nazionale. Urgono misure efficaci, senza le quali sarà sempre più difficile garantire ai pazienti un’assistenza adeguata e al personale in organico carichi di lavoro e turni tollerabili. Nursind, il Sindacato delle Professioni Infermieristiche, chiede pronte ed efficaci risposte, alla luce delle stime che parlano di circa 300 infermieri non assunti dal 2018 a oggi a copertura del turnover e di 200 assenze dovute a lunghi congedi (i dati si riferiscono alla Città della Salute). Porterò il tema nel prossimo Consiglio Regionale, in calendario mercoledì, con un Question Time appena presentato, per chiedere alla Giunta soluzioni nel breve termine in grado di garantire, in tutti gli ospedali che facciano registrare simili criticità, un numero di infermiere e infermieri in organico compatibile con condizioni e ritmi di lavoro sostenibili e con un’assistenza adeguata nei confronti dei pazienti. La Regione Piemonte ha già sottoscritto un accordo per 2.000 nuove assunzioni entro il 2024 e concluso le trattative per la stabilizzazione di 500 precari, ma un ulteriore sforzo è evidentemente necessario.

Sei una persona con disabilità e utilizzi un cane per assistenza? Il tuo animale non è riconosciuto dalla legge

I cani guida per persone non vedenti o ipovedenti sono invece tutelati da una specifica Legge dello Stato: ho presentato un Ordine del Giorno affinché sia colmato, sia a livello regionale che nazionale, questo divario (il mio atto è stato inserito nell’ordine del giorno della seduta in corso del Consiglio Regionale del Piemonte).

Il loro contributo è fondamentale, eppure la Legge non li riconosce e non li tutela: sono i cani per assistenza. Tanti e diversi i loro compiti: alcuni sono addestrati per recuperare oggetti caduti, accendere e spegnere gli interruttori, aprire porte e chiudere cassetti; altri, che assistono persone con disabilità uditiva, avvisano il padrone se squilla il telefono, se il bambino piange o chiama, se suona un allarme; altri ancora chiedono aiuto se la persona con diabete o epilessia ha bisogno di un intervento urgente oppure assistono persone con autismo; i cani d’allerta medica sono in grado di segnalare una crisi medica imminente e, in caso di necessità, avvisare altre persone. Sarebbe sufficiente sostituire le parole “persona con disabilità o particolari patologie assistite da un cane a questo scopo addestrato” alle parole “privo di vista” al primo Comma dell’Articolo unico della Legge 37/1974 per estendere la normativa e colmare l’attuale divario. Se approvato dall’Aula il mio atto di indirizzo, inserito all’ordine del giorno della seduta in corso del Consiglio Regionale, impegnerà la Giunta a promuovere tutte le iniziative necessarie affinché siano equiparati nella normativa, sia a livello regionale che nazionale, i cani d’assistenza per le persone con disabilità o particolari patologie e i cani d’allerta medica ai cani guida per le persone non vedenti e ipovedenti.

Accelerare sulla domiciliarità: non solo per non perdere i fondi del PNRR, ma per rendere più umano e sostenibile il sistema sanitario

Ho chiesto alla Giunta, con un Question Time appena discusso in Aula, di porre in essere tutte le misure necessarie per raggiungere l’obiettivo, fissato dal Ministero della Salute, del 9% degli over 65 presi in carico in regime di Assistenza Domiciliare Integrata entro il 31 dicembre. In gioco ci sono fondi vincolati del PNRR pari a 34 milioni di euro e il futuro del nostro Sistema Sanitario e Assistenziale.

Potenziare l’assistenza domiciliare assistenziale e sanitaria, rendendola il luogo privilegiato per rispondere ai bisogni delle persone anziane non autosufficienti, è una obiettivo fondamentale e rappresenta un passo decisivo per la creazione di un nuovo modello assistenziale, nel quale la durata e l’intensità dell’assistenza siano stabilite e dettate non già da vincoli di spesa, ma dai bisogni e dalle necessità della persona assistita. Per raggiungere l’obiettivo, il primo passo è arrivare, a fine anno, alla soglia, fissata dal Ministero della Salute, del 9% degli over 65 presi in carico in regime di ADI (Assistenza Domiciliare Integrata).

Sul tema, ho appena discusso un Question Time per chiedere alla Giunta di porre in essere tutte le misure utili in questo senso, non solo perché la Regione non può permettersi di perdere i fondi del PNRR pari a 34 milioni di euro e vincolati al raggiungimento dell’obiettivo, ma anche perché investire sulla domiciliarità significa investire sull’umanità e sulla sostenibilità del Sistema Sanitario e Assistenziale. Risultati degni di nota sono già stati raggiunti in questi primi nove mesi del 2023, passando dal 2,48% di over 65 presi in carico in regime di ADI dello scorso gennaio all’attuale 7,51%, ma occorre ancora uno sforzo. 

Prima raggiungiamo l’obiettivo e prima si sbloccano le risorse. Il Sistema che abbiamo in mente è sempre meno centrato sulle strutture e sugli ospedali e sempre più basato sulla telemedicina e sulla domiciliarità: valuteremo con attenzione l’efficacia delle misure citate dalla Giunta in risposta al nostro interrogativo, dal gruppo di lavoro interaziendale al nuovo cruscotto di monitoraggio, dagli obiettivi definiti azienda per azienda agli esiti dell’applicazione del documento sulle “Cure domiciliari in Piemonte”. L’obiettivo di un over 65 su 10 preso in carico in ADI, da centrare entro il 2026, non è eccessivamente ambizioso, dal momento che rappresenta la media attuale delle migliori prassi europee (mentre la media calcolata tra le diverse Regioni italiane non raggiunge il 5%). Fondamentale, per non fallire, sarà una reale collaborazione tra tutti i settori, a partire dal coinvolgimento dei medici di base.