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Tag: Sanità

Sanità piemontese, liste d’attesa a passo d’uomo: quindici mesi per una polisonnografia

Un cittadino torinese, provando a prenotare tramite CUP questo tipo di esame, si è visto proporre come prima data disponibile dicembre 2022, peraltro in una provincia diversa da quella sua di residenza. Appena discusso in Consiglio Regionale il mio Question Time sull’argomento: chiediamo che anche questo tipo di esame, fondamentale per esempio per prevenire conseguenze gravi come i colpi di sonno alla guida, rientri nell’elenco degli esami prioritari, per i quali il rispetto dei tempi d’attesa è garantito e per i quali la Regione ha allocato fondi per lo smaltimento delle liste d’attesa. Sono centinaia i piemontesi che aspettano di sottoporsi a questo esame.

“Ho provato a prenotare tramite CUP una polisonnografia”, racconta un cittadino torinese: “La risposta? L’invito a presentarmi a fine dicembre 2022, peraltro in una clinica di Cuneo, dunque in una provincia diversa dalla mia di residenza”. Tempi di attesa e modalità semplicemente inaccettabili: ho chiesto alla Giunta Regionale, discutendo poco fa il mio Question Time sul tema, di intervenire per ridurre questi tempi d’attesa infiniti.

La risposta è stata ben lungi dal convincerci pienamente: la polisonnografia non è attualmente considerata un intervento prioritario (classe di priorità U o B, o salvavita, o inserito in percorsi di PDTA e follow up a seguito di un intervento acuto) e dunque la sua calendarizzazione non è garantita entro i tempi d’attesa previsti.

Chiediamo con forza che anche la polisonnografia – che rappresenta una modalità di verifica essenziale per verificare tutte le disfunzioni fisiologiche del sonno i cui esiti possono in taluni casi essere gravi o gravissimi, sia per la persona soggetta al disturbo sia per gli altri cittadini, considerando che i disturbi del riposo notturno possono causare, per esempio, colpi di sonno durante la guida – sia inserita negli elenchi degli esami considerati prioritari.

Quindici mesi per vedersi prenotare un esame in un’altra provincia restano un dato imbarazzante: non tutti i piemontesi possono permettersi di aspettare così tanto tempo (e di percorrere così tanti chilometri) per una visita che potrebbe, come altre, beneficiare degli strumenti integrativi, quali accordi con il privato accreditato, per l’abbattimento delle liste di attesa.

Non vogliamo che sia messo a repentaglio il diritto alla salute di nessun piemontese: a partire da coloro per i quali i costi del privato sono proibitivi. Dunque, si agisca in fretta.

Quasi un anno e mezzo per una visita specialistica: in Piemonte la Sanità ha velocità da pachiderma e ritmi da lumaca

“Ho provato a prenotare tramite CUP una polisonnografia”, racconta un cittadino: “La risposta? L’invito a presentarmi a dicembre 2022, peraltro in una provincia diversa dalla mia di residenza”. Tempi di attesa e modalità inaccettabili: la Sanità in questa Regione deve cambiare passo. Domani in Consiglio il mio Question Time sul tema.

Un caso particolare, ma significativo di chissà quanti altri: quello di un cittadino torinese che, nell’urgenza di prenotare una polisonnografia, si è sentito rimandare a dicembre 2022: 15 mesi, un’eternità.

“Le apnee notturne, il disturbo per il quale mi devo sottoporre all’esame”, riferisce il cittadino (residente a Torino), “sono un problema serio, le cui conseguenze possono essere gravi o gravissime”. Eppure, con prenotazioni tramite il CUP i tempi e i modi sono questi: fine dell’anno prossimo, visita al Santa Croce di Cuneo. Inaccettabile.

Domani chiederò alla Giunta Regionale, con un Question Time a Palazzo Lascaris, come si intenda agire affinché i cittadini piemontesi non debbano attendere tempi così inconciliabili con il diritto alla salute, anche alla luce del fatto che non tutti possono permettersi di rivolgersi al privato (presso il quale i tempi sono ben più rapidi) e che i tempi risultano essere lunghi o lunghissimi non soltanto per questa specifica tipologia di esame.

Il tema è fondamentale, anche perché liste d’attesa di queste proporzioni sono un elemento che ostacola il diritto alla salute specialmente dei piemontesi con minori possibilità economiche.

Vaccinati all’estero con siero non riconosciuto in Italia? I tamponi siano gratuiti

E si convochi immediatamente una Commissione ministeriale, con la partecipazione delle Regioni e dei maggiori esperti e virologi, per identificare le modalità per rendere equipollenti i vaccini somministrati negli altri continenti con quelli da noi riconosciuti: una pandemia globale non si può combattere se non con “armi” altrettanto globali. Queste le richieste dei Moderati per risolvere un problema che, rispondendo poco fa al mio Question Time, lo stesso Assessore Icardi ha riconosciuto: quello dei piemontesi che, pur vaccinati, non hanno diritto al Green Pass, se non effettuando un tampone ogni 48 ore.

Piemontesi vaccinati all’estero con sieri non riconosciuti in Italia: l’odissea, in attesa di indicazioni precise da parte del Ministero della Salute, continua. Per queste persone, per le quali la possibilità di ottenere il Green Pass è preclusa, la sola soluzione è al momento effettuare un tampone ogni 48 ore, con relativo esborso e relativi disagi, solo per poter lavorare. 

È chiaro che una soluzione deve essere trovata al più presto. Non stiamo parlando di pericolosi no-vax, né di sostenitori di teorie del complotto, ma di cittadini già vaccinati. Come Moderati, forza politica da sempre promotrice del prezzo calmierato per i tamponi, proponiamo oggi di destinare un’aliquota di tamponi gratuiti, preferibilmente salivari, per questa particolare casistica, oltre che per tutte quelle persone impossibilitate a vaccinarsi per questioni specifiche di salute. Per chi è vaccinato all’estero con un siero non riconosciuto in Italia, anche l’ipotesi di replicare il vaccino è preclusa, come riferito dalla Giunta in risposta al mio Question Time appena discusso, per questioni di sicurezza vista l’incertezza sulle vaccinazioni eterologhe per i soggetti che abbiano ricevuto una o più dosi di vaccini non autorizzati dall’EMA. 

Chiediamo dunque l’immediata convocazione di una Commissione ministeriale, con la partecipazione delle Regioni e dei maggiori esperti e virologi, per identificare le modalità per rendere equipollenti vaccini somministrati negli altri continenti con quelli da noi riconosciuti. Gli strumenti per sconfiggere una pandemia globale non possono essere diversi e incompatibili continente per continente.

IL CASO DI MARIANGELA BORELLO: “LA MIA ODISSEA DI VACCINATA IN MESSICO ORA SENZA GREEN PASS PER INSEGNARE NEL MIO LICEO A TORINO”

Racconta l’insegnante Mariangela Borello, tra i piemontesi che si trovano nella situazione descritta: «Vaccinata in Messico con Convidencia e tornata a Torino dopo anni, mi sono vista negare sia il Green Pass sia la possibilità di replicare il vaccino. Mi hanno “rimbalzata” da ufficio a ufficio: una vera e propria odissea. Replicare il vaccino non mi è concesso. Ora, per poter svolgere il mio ruolo di insegnante presso un Liceo a Torino, sono costretta a fare un tampone ogni 48 ore».

L’odissea dei piemontesi vaccinati all’estero con sieri non riconosciuti in Italia

Racconta l’insegnante Mariangela Borello: «Vaccinata in Messico con Convidencia e tornata a Torino dopo anni, mi sono vista negare sia il Green Pass sia la possibilità di replicare il vaccino. Mi hanno “rimbalzata” da ufficio a ufficio: una vera e propria odissea. Ora, per poter lavorare, sono costretta a fare un tampone ogni 48 ore nell’immobilismo di ogni soggetto a livello locale». Quanti altri piemontesi sono nelle sue condizioni? Perché nessuno, in attesa di indicazioni ministeriali, si prende la responsabilità di prendere una decisione? Si discute domani in Consiglio Regionale, sul tema, il mio Question Time.

Il racconto di Mariangela Borello, torinese rientrata in Italia il 5 luglio scorso dopo aver vissuto per anni in Messico, è significativo: «In Messico sono stata vaccinata con il vaccino Convidencia (monodose) della CansinoBio: un siero che qui in Italia non è riconosciuto e che dunque non dà diritto al Green Pass. Non ho altra scelta che fare un tampone ogni due giorni».

Verosimilmente, sono molti i piemontesi nelle sue stesse condizioni. Mariangela Borello, peraltro, è un’insegnante: non può fare a meno del Certificato Verde. Le serve per svolgere la propria professione.

Continua: «Al mio rientro in Italia sono stata indirizzata dalla Città di Torino all’Ufficio di Igiene di via della Consolata: il vaccino “messicano” mi è stato annotato sul certificato vaccinale, ma sono stata informata che non avrei avuto diritto al Green Pass. Il 1° settembre ho ripreso servizio come insegnante presso il Liceo dove insegno. Il referente Covid dell’Istituto ha contattato l’Ufficio Covid delle Scuole. Sempre il 1° settembre sono stata contattata dall’ASL della Città di Torino e invitata a recarmi all’hub della Lavazza, dove mi avrebbero rilasciato una certificazione che mi esonerava dal Green Pass per il mese di settembre, in attesa di indicazioni ministeriali. Purtroppo un paio d’ore dopo sono stata nuovamente contattata ed è stata annullata la precedente indicazione, in mancanza di esplicita autorizzazione della Regione Piemonte. Mi sono detta disponibile a ripetere il vaccino, ma non mi è stato consentito».

Una situazione inaccettabile, da tutti i punti di vista. Innanzitutto, per l’immobilismo delle Istituzioni locali, Regione in testa, che non prende posizione né si assume la responsabilità di decidere. Poi, per le conseguenze sui cittadini, costretti a pagarsi tamponi ogni 2 giorni, con tutte le implicazioni fisiche, oltre che relative all’organizzazione del proprio tempo, che si possono intuire. Sul tema, discuterò domani un Question Time in Consiglio Regionale per sapere quali linee guida seguire in questo e in tutti gli altri casi analoghi.

Di fronte alla “corazzata” dell’emergenza delle malattie mentali, questa Giunta tenta di difendersi con arco e frecce

Appena discusso il mio Question Time sull’urgenza di rimediare alle carenze dei Servizi di Salute Mentale in Piemonte: se il fenomeno è enorme, totalmente inadeguata è stata la risposta. Le risorse previste sono insufficienti, le misure proposte non proporzionate alla portata del problema. Chiederemo al più presto la convocazione straordinaria della Commissione Sanità per un focus su quella che, come Moderati, consideriamo a tutti gli effetti un’emergenza.

“Come porre rimedio alle carenze strutturali e professionali dei Servizi di Salute Mentale del Piemonte?” A questo quesito, da me appena portato in Aula con un Question Time appena discusso, la Giunta risponde in maniera totalmente inadeguata, puntando su cifre e misure del tutto sproporzionate, in negativo, alle dimensioni del problema. Il Piemonte sta provando a difendersi con arco e frecce mentre si vede avanzare contro una corazzata.  

Ci chiediamo se questa Giunta abbia chiara la portata della gravità dell’emergenza relativa alla salute mentale dopo un anno e mezzo di pandemia. Un fenomeno che colpisce trasversalmente tutte le fasce d’età, dalla primissima adolescenza agli adulti.  

Di fronte alle richieste di aiuto al Telefono Amico Italia in tema di suicidi che triplicano nei primi sei mesi dell’anno, di fronte al milione di pazienti in più presi in carico dal Sistema Sanitario Nazionale per questioni di salute mentale dall’inizio della pandemia, di certo non bastano le misure di contrasto a bullismo, cyberbullismo e dipendenze, né l’area di supporto alle famiglie, né il milione di euro allocato per il supporto psicologico presso le scuole, per citare quanto riferito in Aula dalla Giunta. Provare a rispondere in questo modo significa non solo non aver inteso non solo la portata, ma in buona parte neppure la natura del problema. 

Come Moderati consideriamo le malattie mentali uno dei più gravi mali del nostro tempo. Torneremo fortemente sul tema, chiedendo una convocazione straordinaria della IV Commissione affinché finalmente si prenda atto di questo dato devastante, frutto del convergere di elementi dovuti alla pandemia, all’aumento del rischio di povertà, alla crisi economica, al timore per il futuro. La malattia mentale non devasta soltanto la persona che ne è colpita, ma la sua intera famiglia e l’intera cerchia dei suoi affetti.