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Tag: Sanità

Urge potenziare i consultori familiari e pediatrici

A maggior ragione dopo due anni di pandemia e vista la crisi economica, occorre consolidare questi servizi, ai quali sempre più piemontesi si rivolgono: sul tema, la mia interpellanza in Consiglio Regionale del Piemonte, per chiedere un aggiornamento sulle intenzioni della Giunta in merito e sul numero di strutture attive in Piemonte.

Dopo oltre due anni di pandemia e vista la grave crisi economica è ancor più importante potenziare e favorire l’attività dei consultori familiari e pediatrici sul territorio piemontese: con un’interpellanza presentata a Palazzo Lascaris chiederò alla Giunta Regionale quanti siano attualmente i consultori aperti e chiusi in Regione Piemonte e se il loro numero soddisfi i parametri della Legge 34 del 1996. Chiederò inoltre, alla luce della carenza di sedi e di personale e al fine di garantire un servizio più efficiente, un potenziamento di questo servizio sul territorio.  

I consultori familiari e pediatrici rappresentano un punto di riferimento per tutti i cittadini e un mezzo fondamentale per l’integrazione sociale e sanitaria; si deve tuttavia registrare negli ultimi anni una tendenza al disinvestimento nella prevenzione e nella promozione della salute, con il risultato di una pratica medica sempre meno relazionale e sempre più tecnicistica. A causa della crisi economica, sempre più persone si rivolgono ai consultori, preferendoli alle strutture private. I bisogni che hanno sollecitato, quarantacinque anni fa, la nascita dei consultori sono ancora ben presenti e altri bisogni intervenuti in questi anni si sono aggiunti e ne reclamano un potenziamento.  

I consultori familiari e pediatrici, istituiti con la Legge 405/1975, forniscono un servizio di assistenza alla famiglia e alla maternità (in particolare a donne, bambini e adolescenti). Si possono considerare come servizi sociosanitari integrati di base, con competenze multidisciplinari, determinanti per la promozione e la prevenzione nell’ambito della salute della donna e dell’età evolutiva. Negli anni successivi all’emanazione della legge nazionale le Regioni, Piemonte compreso, hanno recepito la norma con proprie leggi regionali. L’organizzazione finanziaria e gestionale, rientrante nelle prestazioni del Servizio Sanitario Nazionale, compete alle ASL. 

Visite neurologiche nel tempo di una puntata di una sitcom? Semplicemente inaccettabile

Esprimiamo massima preoccupazione per la riduzione a venti minuti o poco più – la durata tipo, cioè, di una serie televisiva – dei consulti in diverse ASL del nostro territorio: questa è una tempistica totalmente insufficiente per un controllo medico, che può portare non solo a diagnosi sbagliate, ma – il paradosso è solo apparente – all’allungarsi delle liste d’attesa. Chiederemo conto della situazione in Consiglio Regionale.

Il tempo di una visita, neurologica in questo caso, deve essere quello che il medico visitante reputa sufficiente: di certo non può essere costretto in 20 minuti o poco più. Questa è, semmai, la durata tipo del singolo episodio di una serie TV. Ci preoccupa il fatto che, in seguito alla delibera regionale dello scorso aprile relativa alle linee guida per il recupero delle liste d’attesa, alcune ASL del territorio abbiano accorciato la durata massima delle visite a una ventina di minuti. Vogliamo capire quali siano le ragioni e ne chiederemo conto in Consiglio Regionale. Lo stesso Ordine dei Medici ha espresso forte inquietudine per questa situazione.

Troviamo il concetto inaccettabile di per sé. Non ci sfugge il rischio che queste modalità di visita si rivelino pericolose e antieconomiche già sul medio periodo, con la probabile necessità di replicare alcuni appuntamenti e con l’eventualità di diagnosi errate. In una fase in cui l’età media della popolazione si alza e aumentano drammaticamente le patologie neurologiche ci aspetteremmo investimenti, non certo la riduzione dei tempi di visita. Non è questa la modalità corretta per migliorare le statistiche relative alle liste d’attesa regionali.

Assistenza domiciliare integrata: una popolazione sempre più anziana ne avrebbe assoluto bisogno, ma la nostra Regione è drammaticamente indietro

Scadono tra un mese, come da intesa Stato-Regioni dello scorso 4 agosto, i termini per attivare il sistema di autorizzazione e di accreditamento delle organizzazioni pubbliche e private per l’erogazione di cure domiciliari, ma al Piemonte mancano ancora una serie di passaggi necessari e urgenti per raggiungere questa finalità. In altre Regioni il sistema di compartecipazione pubblico e privato è invece già attivo e i cittadini sono già attualmente seguiti nel contesto delle loro abitazioni: la Giunta si dia da fare per recuperare il tempo perso. Il Piemonte, dalla popolazione sempre più anziana, è ad oggi tra le Regioni con le più basse percentuali di over 65 assistiti in ADI.

Chiediamo cure domiciliari all’altezza delle esigenze di una popolazione regionale sempre più anziana: a che punto è il Piemonte in termini di recepimento dell’intesa della Conferenza Stato-Regioni del 4 agosto scorso sull’autorizzazione e sull’accreditamento degli erogatori ADI pubblici e privati? L’ho chiesto poco fa alla Giunta con un’interpellanza e la risposta è stata preoccupante: siamo, a un mese dalla scadenza, in preoccupante ritardo. Ci importa poco identificare le colpe, né ci interessano rimpalli di responsabilità tra piazza Castello e Roma: ci interessa il bene dei piemontesi e ci auguriamo che la Giunta si attivi per recuperare il tempo perso.

In una delle Regioni più anziane d’Italia (attualmente sono 1 milione e 200mila i piemontesi over 64) sarà, per i prossimi decenni, fondamentale garantire alle fasce di popolazione più anziane una buona qualità della vita: la domiciliarità è o dovrebbe essere, in questo senso, strategica.

Lo scorso agosto la Conferenza Stato-Regioni ha sancito l’intesa sul percorso di autorizzazione e accreditamento per gli enti erogatori di cure domiciliari. I trattamenti medici, infermieristici e riabilitativi integrati con servizi socio-assistenziali dell’Assistenza Domiciliare Integrata rappresentano un bene fondamentale per i pazienti, soprattutto cronici e anziani, che necessitano di prestazioni di media-alta complessità e che spesso presentano anche fragilità sociali. Eppure l’Assistenza Domiciliare agli anziani continua a essere sottodimensionata rispetto ai bisogni di una popolazione che invecchia, con un conseguente aumento dei casi di cronicità, disabilità e non autosufficienza. Oggi il nostro Servizio Sanitario non è in grado di curare tutte queste persone negli ospedali. Per costruire un sistema sanitario più sostenibile è necessario aggiornare e potenziare il modello organizzativo e strutturale del Sistema Sanitario in modo da renderlo più vicino alle persone e ai nuovi bisogni di salute.

TSO e disagio mentale, ci preoccupano i dati in crescita

La lezione della tragedia di Andrea Soldi non sia dimenticata.

La crescita, già evidente a metà anno nel numero di TSO effettuati a Torino è un dato che va nella stessa direzione di diversi altri indicatori, confermandoli. Ci preoccupano i dati resi noti dalla Giunta Comunale di Torino e condividiamo la parola “emergenza” usata dall’Assessore. Da tempo ci battiamo in Consiglio Regionale, come Moderati, affinché i Reparti di Psichiatria e di Neuropsichiatria Infantile siano adeguatamente potenziati sul territorio regionale per far fronte alla drammatica situazione fotografata dai dati. Al momento, l’investimento (in impegno e in risorse economiche) da noi auspicato non si è stato adeguato. “Il Sole 24 Ore” riporta che, se nel 2019 quasi un miliardo di persone – di cui il 14% adolescenti – viveva con un disturbo mentale, già dopo il primo anno di pandemia queste patologie sono aumentate rispettivamente del 26% e 28% e i dati sono in ulteriore crescita. Mi auguro che la lezione impartita dalla tragedia di Andrea Soldi, morto durante un TSO nell’estate del 2015, sia finalmente appresa nella sua interezza, portando la politica a un sostanziale ripensamento del modello della psichiatria regionale e all’impegno per cambiare quanto, in questo ambito, ancora non funziona. Un risultato che non si potrà raggiungere senza che su questo settore si mettano finalmente risorse finanziarie adeguate. Le condizioni oggettive rendono questo cambio di rotta più che mai urgente.

Arranca la telemedicina piemontese e senza l’aiuto delle Fondazioni di Origine Bancaria saremmo ancora più indietro

Ringraziamo oggi Compagnia di San Paolo per aver reso possibile una sperimentazione di telemedicina, appena lanciata, in quattro ASL e su 4.800 malati cronici. Facciamo contemporaneamente notare la pessima gestione – su un fronte che non solo rappresenta il futuro del comparto sanitario, ma dovrebbe già costituire una buona parte del suo presente – da parte della Giunta negli ultimi due anni di pandemia. Sull’argomento della telemedicina avevamo presentato, come Moderati, un’interpellanza a Palazzo Lascaris lo scorso gennaio: ancora attendiamo una risposta.

In una regione dall’età media sempre più alta, la telemedicina può avere un ruolo decisivo nel dare risposte alle condizioni di fragilità e di cronicità dei cittadini. Il Piemonte è, attualmente, drammaticamente attardato e da tempo chiediamo iniziative e progetti su un fronte che non solo rappresenta il futuro del comparto sanitario, ma dovrebbe già costituire una buona parte del suo presente.

Oggi il nostro grazie va alla Compagnia di San Paolo, che ha reso possibile il lancio del progetto di telemedicina finanziato con 1 milione di euro e che coinvolge le quattro ASL Città di Torino, Cuneo 1, Cuneo 2 e Alessandria.

Il fatto che passi avanti si facciano soltanto grazie alle Fondazioni Bancarie è la misura di un’assenza totale di programmazione politica da parte di questa Giunta. Dallo scorso gennaio attendiamo, con un’interpellanza protocollata sei mesi fa e mai discussa, che l’Assessore Icardi renda conto in Aula in merito allo stato dell’arte della telemedicina in Piemonte, clamorosamente indietro, come peraltro altri dossier cruciali quali per esempio il Fascicolo Sanitario Elettronico.

Ci aspettiamo che la Giunta, il cui Presidente Cirio ha nei mesi scorsi definito “inaccettabile” che i sistemi di diversi ospedali o strutture non siano attualmente in grado di scambiarsi dati e informazioni ribadendo la necessità di “lavorare su questo”, faccia seguito a questo condivisibile proposito.