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Tag: Regione Piemonte

Bus GTT nuovi, problemi vecchi: nella metà dei casi gli annunci di fermata non funzionano, se necessario si cambino le regole

I passeggeri con disabilità sensoriale pagano il prezzo più alto se i messaggi vocali e visivi non sono attivi. Inaccettabile che, in un numero rilevante di casi, siano stati in passato proprio gli autisti a disattivare il servizio, per evitare il “fastidio” di sentire gli annunci vocali. Ho presentato un’interpellanza per chiedere la pronta risoluzione del problema e un aggiornamento sul numero di penali comminate.

Pretendiamo che, a maggiore sui mezzi di ultima generazione, gli annunci testuali e sonori di prossima fermata funzionino. Non ci sembra di chiedere troppo: ma attualmente non succede. A questo proposito, ho appena protocollato un’interpellanza in Consiglio Regionale, dopo il Question Time discusso lo scorso novembre, per chiedere la risoluzione del problema.

In particolare proponiamo, se necessario, una modifica strutturale alla Legge Regionale, introducendo l’obbligo della formazione aziendale per tutti gli addetti ai servizi di trasporto pubblico locale e specifiche sanzioni in caso di assenza o di non funzionamento dei servizi e delle dotazioni di bordo: indicatori interni visivi e sonori compresi, necessari ai passeggeri con disabilità e non solo a loro. Chiederò inoltre e in particolare alla Giunta quali penali contrattuali l’Agenzia della Mobilità Piemontese abbia applicato, nel corso degli ultimi tre anni, a carico di GTT con particolare riferimento al mancato funzionamento degli annunci di prossima fermata.

Le tratte urbane e sub-urbane gestite a Torino da GTT con i nuovi bus Mercedes Benz Conecto sono, per le persone non vedenti o ipovedenti, per gli anziani e per i passeggeri con disabilità cognitiva o uditiva, una sorta di lotteria: funzionerà o non funzionerà, a bordo, il servizio “Infobus” di annuncio interno di fermata, sia visivo che vocale?

I dati parlano chiaro: in più di un caso su due, no. Lo ha riferito la stessa Giunta, rispondendo lo scorso novembre in Consiglio Regionale al mio Question Time. Dalle verifiche effettuate lo scorso agosto, risulta in particolare che, su 107 apparati infobus controllati, solo 52 erano attivi e funzionavano correttamente, mentre i restanti o erano stati disattivati dagli autisti (16 gravissimi casi) oppure non erano attivi a causa di guasti (13 casi) o deviazioni di percorso. E che dire rispetto a quanto accade nel resto del Piemonte?

Non è questo il modo con il quale ci aspettiamo che sia garantito un servizio adeguato a tutti i passeggeri, compresi quelli con disabilità. Ci preoccupa che su mezzi nuovi quali i bus Mercedes Benz Conecto si verifichino guasti così frequenti. Tra il “fastidio” dell’autista che sceglie di disattivare il servizio per evitare di sentire i messaggi sonori e il diritto di tutti i passeggeri di conoscere il momento di scendere dal mezzo, sosterremo sempre il secondo.

Gli annunci di fermata sono fondamentali per garantire un adeguato orientamento a coloro che viaggiano sugli autobus (pendolari, viaggiatori occasionali, turisti) e possono essere di grande supporto alle persone non vedenti, ipovedenti e agli anziani. Anche garantendo la piena funzionalità di simili servizi si difendono i diritti delle persone con disabilità e si compiono passi verso l’obiettivo di una piena ed effettiva accessibilità. Anche l’Unione Italiana Ciechi Ipovedenti di Torino sta chiedendo la pronta risoluzione di questa criticità. 

Caos DAD? Ecco che cosa si può fare fin da subito

I Moderati propongono alla Giunta Regionale quattro misure – semplici e immediatamente applicabili – per rendere la vita più facile a studenti, famiglie e alle stesse scuole.

Le suggerisce il buonsenso, le chiedono le famiglie: i Moderati propongono, accogliendo le osservazioni pervenute dai cittadini, alcune intuitive misure relative a DAD e quarantena per rendere meno complessa la situazione e l’organizzazione della quotidianità per mamme, papà, studenti, dirigenti scolastici e insegnanti sul territorio piemontese.

Chiediamo, anzitutto, che il tampone negativo permetta sempre di evitare la quarantena per i bimbi della Primaria. Se è vero che la Circolare Regionale del 20 gennaio permette di effettuare i tamponi T0 e T5 anche presso centri privati (per esempio, farmacie), è anche vero che una nota dell’ASL pubblicata il giorno dopo impone la quarantena automatica per i bambini della Primaria entrati in contatto con un soggetto positivo, senza possibilità di effettuare il tampone. Dovremmo far sempre prevalere il criterio della Circolare.

Chiediamo quindi il rispetto senza eccezioni di quanto previsto dal Decreto Ministeriale dello scorso 20 dicembre e confermato dalla Circolare Regionale: i bambini vaccinati o guariti da meno di 120 giorni possono interrompere la quarantena. Attualmente, però, una nota dell’ASL ha previsto che un bambino appena vaccinato o guarito dal Covid sia equiparato a un bambino non vaccinato, dovendo essere nuovamente sottoposto a quarantena in caso di contatto con un positivo.

Chiediamo, ancora, che siano sempre cinque (e non dieci) i giorni di quarantena per i ragazzi vaccinati da più di 120 giorni. Per quanto riguarda la Scuola Secondaria di Primo Grado, in caso di contatto con un positivo, i ragazzi vaccinati da più di 120 giorni devono generalmente osservare 5 giorni di quarantena prima di “liberarsi” con un tampone negativo: ci sono tuttavia scuole che chiedono una quarantena di 10 giorni prima del tampone. Anche qui, si uniformi dove possibile la prassi al primo criterio.

Chiediamo, infine, un regime di semplice sorveglianza (non di quarantena) per gli alunni vaccinati e guariti: la differenza è minima, ma potrebbe fare la differenza per molte famiglie, garantendo agli alunni vaccinati o guariti dal Covid di seguire le lezioni in DAD da ambienti diversi da casa propria (per esempio, l’ufficio dei genitori o la casa dei nonni), naturalmente con mascherina FFP2 e rispettando la distanza interpersonale.

L’atto di fiducia e di responsabilità dei genitori che decidono di vaccinare i propri figli sia in qualche modo riconosciuto. Penalizzare gli studenti vaccinati quanto quelli non vaccinati è una politica perdente, che oltre tutto rischia di frenare la stessa campagna vaccinale nelle fasce più giovani. Non è concepibile né accettabile che siano famiglie e scuole a pagare il conto della difficoltà delle ASL di effettuare tamponi in numero sufficiente.

Cure Domiciliari, il Piemonte è fanalino di coda

Siamo l’ultima Regione del Nord (Val d’Aosta esclusa) per percentuale di over 65 e over 75 assistiti in ADI e davanti solo a Lazio, Puglia e Calabria a livello nazionale per quanto riguarda gli over 75: con un’interpellanza, chiederò alla Giunta di iniziare a puntare seriamente su una modalità di cura strategica soprattutto nella drammatica fase che stiamo vivendo.

Tutte le Regioni d’Italia, o quasi, stanno facendo meglio del Piemonte in termini di Cure Domiciliari, modalità che sarebbe invece strategica, soprattutto in una fase difficile come quella che stiamo attraversando. Il dato che emerge dai dati del Ministero della Salute (2020) non lascia dubbi: siamo fanalino di coda nel Nord Italia, se si esclude la Val d’Aosta, per percentuale di popolazione over 65 (appena il 2,3% del totale) e over 75 (solo il 3,98% del totale) assistita in ADI e davanti a tre sole regioni a livello nazionale per quanto riguarda la fascia over 75. Quel 10% indicato dal PNRR come obiettivo da raggiungere entro il 2026 è drammaticamente lontano. Questi dati diventano ancora più drammatici alla luce del fatto che la popolazione piemontese è tra le più anziane d’Italia. L’emergenza da Covid-19 ha messo in evidenza quanto il sistema di assistenza territoriale abbia necessità di essere rafforzato. Ho dunque presentato un’interpellanza in Consiglio Regionale del Piemonte per chiedere alla Giunta un immediato cambio di passo. Un’intesa tra il Governo e le Regioni impone l’attivazione del sistema di autorizzazioni e di accreditamento delle organizzazioni pubbliche e private per l’erogazione delle cure domiciliari: con quali modalità e criteri la Giunta intende recepire questo indirizzo? Chiederò inoltre se si ritenga opportuna l’istituzione e la convocazione di un tavolo di lavoro con i rappresentanti delle organizzazioni per discutere delle modalità di presa in carico. Le Cure Domiciliari rappresentano un bene fondamentale per i pazienti, soprattutto cronici e anziani, che necessitano di prestazioni di media-alta complessità e che spesso presentano anche fragilità sociali. L’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI), prevista dai LEA, consiste in un insieme di trattamenti medici, infermieristici e riabilitativi integrati con servizi socio-assistenziali.

Il Piemonte riconosca la fibromialgia come malattia cronica e invalidante

Si definisca inoltre un Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) e si preveda uno specifico capitolo di bilancio per finanziare queste azioni. Ho presentato una mozione a Palazzo Lascaris affinché la nostra Regione segua l’esempio di Toscana, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Lombardia, che hanno intrapreso un percorso per il riconoscimento di questa sindrome. Ringrazio i colleghi Consiglieri di Minoranza che hanno voluto sottoscrivere il mio atto.

Il Piemonte inserisca la sindrome fibromialgica tra le malattie croniche e invalidanti: lo chiedo con una mozione presentata in Consiglio Regionale e sottoscritta da alcuni colleghi Consiglieri di Minoranza, che ringrazio. Con il mio atto chiedo inoltre la definizione di un Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) specifico per l’individuazione di competenze, riferimenti territoriali, procedure diagnostiche e terapeutiche per i pazienti, così come l’istituzione di un gruppo di lavoro a livello regionale con la partecipazione di professionisti esperti e rappresentanti delle Associazioni. Con la definizione di un apposito capitolo di bilancio, da noi richiesto, si potrà garantire la fattibilità di queste azioni. Al momento non esistono esami diagnostici specifici o marcatori per l’individuazione della sindrome fibromialgica, né terapie risolutive di provata efficacia sul controllo del dolore e dei tanti sintomi collaterali.

A livello nazionale numerose Regioni (Toscana, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Lombardia tra le altre) hanno riconosciuto la sindrome fibromialgica come malattia invalidante o avviato percorsi per il riconoscimento e la presa in carico dei malati.

Sono quasi due milioni gli italiani con fibromialgia. La sindrome colpisce soprattutto le donne (9 casi su 10). Tra i sintomi più gravi si segnalano dolore muscolo-scheletrico cronico diffuso, sintomi extrascheletrici come astenia, stanchezza, disturbi del sonno, problemi dell’alvo, problemi dell’area cognitiva (memoria, attenzione, rallentamento dei tempi di reazione, alterazione delle funzioni esecutive) e sintomi di tipo psicologico (ansia, depressione, attacchi di panico). La fibromialgia, che pure può osservarsi in ogni fascia d’età, compare nella maggior parte dei casi tra i 35 e i 60 anni. Sono in aumento i casi fra gli adolescenti. Questa sindrome compromette, nei casi più gravi, le attività quotidiane e professionali. Non essendo a oggi le cure per la fibromialgia riconosciute nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), i costi sono a carico del paziente.

Telemedicina, il Piemonte è drammaticamente indietro

Molto deludenti i risultati a oggi raggiunti su un fronte che non solo rappresenta il futuro del comparto sanitario, ma dovrebbe già costituire una buona parte del suo presente: la mia interpellanza a Palazzo Lascaris per chiedere alla Giunta Cirio un repentino cambio di passo.

In una regione dall’età media sempre più alta, la telemedicina può avere un ruolo decisivo nel dare risposte alle condizioni di fragilità e di cronicità dei cittadini. Ma al momento il Piemonte è, su questa strada, clamorosamente in ritardo: la telemedicina piemontese paga soprattutto l’incapacità di mettere in connessione e rendere reciprocamente compatibili i tanti e diversi software in uso nelle strutture sanitarie del territorio. Chiederemo alla Giunta, con un’interpellanza già protocollata, con quali azioni si intenda garantire l’omogeneità delle tecnologie utilizzate a livello regionale e se le progettazioni in essere nella nostra Regione siano relative a particolari patologie, per comprendere quali esigenze siano maggiormente avvertite dalle amministrazioni, per identificare soluzioni che possano ricomprendere le sperimentazioni già avviate.

Ci aspettiamo che la Giunta, il cui Presidente Cirio, a mezzo stampa, ha recentemente definito “inaccettabile” che i sistemi di diversi ospedali o strutture non siano attualmente in grado di scambiarsi dati e ha ribadito la necessità di “lavorare su questo”, faccia seguito a questo condivisibile proposito.

Un’indagine condotta dall’Assessorato Regionale alla Sanità della precedente Giunta in collaborazione con IRES Piemonte ha censito 45 progetti di telemedicina avviati sul territorio piemontese. I servizi di connessione telematica utilizzati si dividono quasi equamente tra servizi su rete fissa, su rete wireless e su rete mobile. Circa un terzo utilizza una combinazione di servizi di rete.

Lo stesso Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dedica un intero paragrafo alla telemedicina, a testimonianza di quanto questa modalità operativa sia considerata strategica e in grado di garantire ai pazienti una migliore qualità della vita, una maggiore tempestività nelle cure e l’accesso alle cure stesse da parte di pazienti fragili o in condizioni logistiche complesse. La telemedicina è essenziale anche per gestire al meglio i territori lontani dai centri ospedalieri specializzati, specialmente in una fase di incremento delle patologie croniche, con la conseguente modifica dei bisogni di salute della popolazione.