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Tag: Regione Piemonte

Storie di ordinaria burocrazia: per gli studenti extracomunitari in Italia, tempi lunghissimi (e incerti) per ottenere codice fiscale e Green Pass

Modalità cervellotiche, code infinite, tempi spesso più lunghi della durata prevista del soggiorno: i casi di questo tipo sono decine ogni mese. È chiaro che così le cose non possono funzionare, chiediamo una razionalizzazione delle procedure e nuove assunzioni di personale.

Ci sono casi limite (ma poi neanche tanto), come quello della studente colombiana che si è sentita dire “Per concederle il Green Pass deve venire di persona e ci serve il suo codice fiscale” e poi, nel tentativo di farsi rilasciare quest’ultimo, si è sentita rispondere “Per concederle il codice fiscale, che non può fare online, ci serve il suo Green Pass”.

E poi ci sono tantissimi (decine ogni mese solo a Torino) casi “ordinari”, fatti di code interminabili, tempistiche ignote e, talvolta, risposte poco rispettose, ci è stato riferito, ricevute dal (poco) personale disponibile. 

Studenti (e turisti) in arrivo in Italia da un Paese extracomunitario hanno bisogno dell’authcode, generato nel momento in cui l’Autorità Sanitaria competente valida la certificazione sanitaria del viaggiatore. In Piemonte, si utilizza a questo fine la piattaforma Ocean, che fino a Natale garantiva il risultato in tempi brevi, non superiori alle 48 ore. Poi, le cose sono drammaticamente peggiorate: sempre considerando il caso torinese, le code in corso Bolzano per ottenere il codice fiscale sono spesso infinite. Ci sono segnalati casi di studenti e turisti cacciati in malo modo. Recentemente è stata introdotto l’obbligo di prenotazione, ma nonostante questo serve almeno una settimana per ottenere il codice fiscale prima e poter accedere poi alla piattaforma Ocean: un altro “limbo”, con tempi di risposta che possono superare le quattro settimane.

Cavarsela senza un aiuto, per esempio da parte della scuola che si intende frequentare, è sostanzialmente impossibile.

Chiediamo con forza un’ottimizzazione delle procedure, una loro semplificazione e nuove assunzioni di personale.

A dieci giorni dal “debutto” di Novavax i piemontesi attendono indicazioni per accedervi

Quali saranno le modalità, le tempistiche e i criteri di accesso al nuovo vaccino? Aspettiamo risposte a tutti questi quesiti: domani il mio Question Time sul tema in Consiglio Regionale del Piemonte per ottenere indicazioni puntuali. La questione è strategica, perché il nuovo prodotto potrà convincere molti degli oltre 500mila piemontesi ancora non vaccinati. Altre Regioni, Lombardia in testa, hanno già stabilito criteri e parametri.

Una data è evidenziata sui calendari di molti piemontesi: il prossimo 24 febbraio, giorno nel quale il nuovo vaccino Novavax dovrebbe diventare disponibile. Una novità che potrebbe incentivare un altro milione e mezzo di italiani a vaccinarsi contro il Covid-19.

Una novità, dunque, importantissima: ma scarse sono le informazioni fornite sul tema, a oggi, dalla Giunta Regionale. Si discute domani a Palazzo Lascaris il mio Question Time sul tema: chiederò aggiornamenti su criteri di accesso, modalità e tempistiche relative alla somministrazione in Piemonte del nuovo vaccino. Altre Regioni, per esempio la Lombardia, hanno già illustrato procedure e parametri.

Sono oltre 500mila i piemontesi vaccinabili e non ancora vaccinati. Si calcola per i non vaccinati un rischio 10 volte più alto di essere ricoverati in terapia intensiva causa Covid-19. La fascia di popolazione più refrattaria a vaccinarsi risulta essere quella dei quarantenni, dei quali circa il 12,03% non si è ancora vaccinato.

Diversamente dai vaccini Pfizer, Moderna, AstraZeneca, Johnson&Johnson e Sputnik, che usano tecnologie a mRNA o vettore virale, quello prodotto dalla Novavax non è un vaccino genico ed è stato prodotto attraverso la tecnica delle proteine ricombinanti, tecnica in uso dagli anni ’80 che ha permesso di produrre vaccini come quello contro l’epatite B, la meningite e il papilloma virus. Poiché basato su una tecnologia ipertestata che sfrutta, per l’appunto, la tecnica delle proteine ricombinanti, Novavax è un vaccino che potrebbe trovare il consenso anche da parte di coloro che – per timore o convinzione ideologica – non si sono ancora vaccinati.

Torino e Comuni limitrofi: nei primi 30 giorni del 2022 già tante richieste di sfratto quanti furono gli sfratti eseguiti in totale nel 2021

“Tempesta perfetta” in arrivo causa fine del blocco dei provvedimenti di sfratto: nei prossimi mesi rischiamo una sorta di tsunami e i dati dimostrano che l’onda si sta già alzando. A Torino e provincia si erano registrati, in tutto il 2021, 721 sfratti: le richieste di sfratto, al 3 febbraio di questo 2022, sono già 671. Sia il diritto all’abitare sia il sostegno ai piccoli proprietari, per i quali gli introiti dei canoni rappresentano un’integrazione del reddito e servono per vivere, devono essere tutelati. La politica dia risposte.

Sfratti: nei prossimi mesi saremo travolti da una sorta di tsunami. L’onda, provocata dal fine del blocco dei provvedimenti di sfratto, si sta già alzando: i dati comunicati in Commissione, su mia richiesta, dall’Assessora Caucino, lo confermano. Sono migliaia le famiglie che, sul territorio piemontese, potrebbero trovarsi senza casa nel giro di poche settimane. Nel 2020, più recente dato disponibile, furono eseguiti 603 sfratti a livello regionale su 3.031 provvedimenti emessi  e 2.640 richieste esecutive. La politica regionale, anche in assenza di competenze e deleghe strettamente afferenti al tema, deve fare la sua parte.

Secondo l’Ufficio UNEP della Corte d’Appello di Torino nelle prime cinque settimane del 2022 sono pervenute 671 richieste di esecuzione di sfratto a Torino e Circondario: quantità comparabile al numero totale degli sfratti eseguiti durante tutto il 2021 (721). Numeri preoccupanti, per quanto naturalmente non tutte le richieste si trasformino in sfratti eseguiti. Il trend di crescita emerge anche in rapporto con il triennio 2017-2019 (pre-blocco degli sfratti causa COVID), quando la media superava di poco le 350 richieste di sfratti esecutivi ogni mese.

Una tendenza che ci preoccupa e che, temiamo, potrà avere gravi conseguenze non solo in termini di pressione sul sistema pubblico e sul numero complessivo di richieste di assegnazioni di alloggi per emergenza abitativa, ma in termini assoluti di tenuta sociale. La politica regionale deve fare la sua parte nel contrastare questa emergenza. Finalmente la questione, ignorata per troppo tempo, approda, su mio impulso, a Palazzo Lascaris.

Il tema deve essere affrontato nella sua doppia dimensione, sia come difesa del diritto all’abitare dei cittadini in emergenza abitativa sia come sostegno a quei proprietari per i quali l’affitto della seconda casa costituisce una parte irrinunciabile del reddito mensile, quale integrazione, per esempio, di una pensione minima.

Emergenza abitativa, tre urgenze: regia regionale, coerenza dei dati, impegno della politica

Senza il driver costituito da dati aggiornati, uniformi e affidabili (che non sempre ci sono) sviluppare politiche sensate sull’edilizia popolare è impossibile. Occorre evitare che, in seguito a operazioni non necessarie di vendita o permuta degli appartamenti, il numero totale di unità disponibili si riduca. Una supervisione “sovrana” della Regione è necessaria. Con un’interpellanza, ho portato in Consiglio il caso di San Mauro, significativo di altre situazioni analoghe sul territorio regionale. Il tema va affrontato in Commissione, alla presenza della Giunta e dei soggetti proprietari degli alloggi.

Un caso specifico, quello di San Mauro, è significativo di un fenomeno più vasto: la crisi economica connessa alla pandemia sta aggravando anche nel comune collinare l’emergenza abitativa. Nel più recente Bando Casa pubblicato dal Comune di San Mauro (2018), risultano sul territorio del Comune 49 nuclei familiari in graduatoria, mentre altri 23 attendono di esservi inseriti (72 famiglie in totale attendono una casa). Risultano attualmente liberi, nelle disponibilità di ATC, diversi appartamenti in attesa di ristrutturazione: vogliamo sperare che siano consegnati al Comune di San Mauro in tempi brevi e che la possibilità di assegnare queste unità abitative ai cittadini in graduatoria sia presa in considerazione, ai sensi della Legge regionale n. 3 del 17 febbraio 2010 articolo 22 bis, senza vendite o permute non necessarie. Ho appena discusso, sul tema, un’interpellanza in Consiglio Regionale del Piemonte.

Questi i fatti. Ecco, invece, i problemi: la prima criticità, emersa anche in fase di discussione del mio atto, è la difficoltà a ottenere dati omogenei e certi su appartamenti liberi, appartamenti a disposizione e appartamenti da ristrutturare. ATC ha dichiarato che sono 13 gli appartamenti liberi, 9 dei quali in attesa ristrutturazione, sul territorio del Comune di San Mauro. L’Ufficio Casa ha dato una risposta diversa alla medesima domanda: 8 alloggi non sono attualmente disponibili in quanto inseriti nei casi di cambio / vendita. Che alla stessa richiesta ATC e un Comune diano risposte diverse è di per sé assurdo. Senza dati omogenei realizzare politiche efficaci è impossibile. Evitare di vendere o permutare beni che, con piccoli interventi e spesa limitata, potrebbero essere messi a disposizione dei cittadini è a sua volta un tema urgente. È assolutamente da evitare che, tra vendite e acquisti, il saldo risulti negativo.

Le possibili soluzioni: sia la Regione, con la sua regia, a tenere le fila della questione, coordinando ATC e i Comuni. Si convochi in Commissione l’Assessora Caucino e i soggetti proprietari delle unità abitative. Che scelte non coordinate da un’unica regia finiscano per creare una riduzione dei posti disponibili è un’eventualità da scongiurare assolutamente. Garantire una casa alle famiglie in difficoltà è una condizione necessaria per assicurare loro una seconda chance. Chiedo con forza che si apra la discussione in Commissione e che si affronti il tema in maniera seria prima che sia troppo tardi. La regia regionale sia sovrana e lavori per supportare chi non è in grado di pagare un affitto sul mercato ordinario.

L’Ospedale Civico di Settimo sia acquisito dal Servizio Sanitario Nazionale

I Moderati lo chiedono in Consiglio Regionale del Piemonte, facendosi carico a Palazzo Lascaris anche delle preoccupazioni a più riprese espresse dall’Amministrazione di Settimo, con una Mozione appena presentata: sventare l’eventualità di una privatizzazione è l’unico modo per garantire a quel territorio, assolutamente strategico, il mantenimento e anzi l’incremento dell’attuale livello di prestazioni sanitarie.

La Giunta Regionale ha più volte espresso l’intenzione di non cedere al privato l’Ospedale Civico di Settimo Torinese: poiché però alle dichiarazioni non sono sempre corrisposte le azioni politiche, i Moderati hanno presentato a Palazzo Lascaris una Mozione per chiedere azioni concrete per la conclusione in tempi certi della liquidazione con conseguente acquisizione della struttura e dell’attività da parte del Servizio Sanitario Nazionale.

Solo in questo modo si potrà garantire al territorio di Settimo e Comuni limitrofi il mantenimento prima e l’incremento poi dell’attuale livello delle prestazioni sanitarie.

L’Ospedale di Settimo è stato messo in vendita lo scorso dicembre: né il metodo, con la pubblicazione della manifestazione di interesse sul sito della società subito prima di Natale e dopo l’ultima seduta del Consiglio, né il merito, dal momento che abbiamo sempre chiesto che la cessione fosse evitata, eventualità peraltro più volte negata a verbale dalla Giunta Cirio, ci avevano convinto. Abbiamo più volte espresso il timore che le rassicurazioni potessero essere vuote parole. Il termine di presentazione delle domande per la partecipazione all’avviso pubblico è scaduto ieri.

Settimo e il suo territorio hanno bisogno di un servizio pubblico di qualità, a maggior ragione in una fase delicata, anzi drammatica, come quella che stiamo attraversando. Negli scorsi mesi abbiamo presentato come Moderati, sul tema, tre atti in Consiglio Regionale: oggi ci auguriamo che i colleghi Consiglieri votino compatti a favore della Mozione e pretendiamo chiare indicazioni circa il futuro del presidio ospedaliero, anche in ragione dei tanti operatori, sanitari e non solo, che vi prestano la loro attività e che, ormai da troppo tempo, vivono in una situazione di estrema incertezza.