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Inflazione “da anni ’80” e crisi energetica: tempesta perfetta

Carovita all’8% (dato mai così alto dal 1985) e prezzi dell’energia più che raddoppiati in pochi mesi: il rischio è, per il prossimo inverno, una situazione di grave difficoltà per tanti piemontesi. Occorre agire ora per evitare che tante famiglie debbano scegliere se pagare l’affitto o riscaldarsi.

Gravissime difficoltà per tanti piemontesi: una prospettiva concreta per il prossimo inverno, a causa della combinazione delle tre crisi economica, energetica e inflattiva (a giugno +1,2% su mese e +8% su anno, dati Istat di questa mattina). È necessario agire subito per evitare che si concretizzi. A parità di “gradi in casa”, il costo in bolletta del riscaldamento prescinde da ogni variabile che non sia quella, oggettiva, dei metri quadri: riscaldare 100 metri quadrati in centro e in periferia ha lo stesso prezzo. Supportare le famiglie maggiormente in difficoltà dal punto di vista economico è fondamentale per evitare che i prossimi mesi invernali, cari per tutti, siano per le fasce economicamente più deboli anche più freddi e più bui. Temiamo che per molti cittadini possa concretizzarsi la drammatica scelta se pagare l’affitto o la bolletta del riscaldamento e dobbiamo evitare la situazione paradossale di bollette care come canoni d’affitto. Occorre inoltre prevenire ogni tentativo di speculazione. Il costo in borsa dell’energia elettrica, passato negli ultimi mesi dai 20 centesimi agli attuali 45, è un ulteriore elemento di preoccupazione, unito a un’inflazione che fa registrare percentuali da metà anni ’80.

Urge potenziare i consultori familiari e pediatrici

A maggior ragione dopo due anni di pandemia e vista la crisi economica, occorre consolidare questi servizi, ai quali sempre più piemontesi si rivolgono: sul tema, la mia interpellanza in Consiglio Regionale del Piemonte, per chiedere un aggiornamento sulle intenzioni della Giunta in merito e sul numero di strutture attive in Piemonte.

Dopo oltre due anni di pandemia e vista la grave crisi economica è ancor più importante potenziare e favorire l’attività dei consultori familiari e pediatrici sul territorio piemontese: con un’interpellanza presentata a Palazzo Lascaris chiederò alla Giunta Regionale quanti siano attualmente i consultori aperti e chiusi in Regione Piemonte e se il loro numero soddisfi i parametri della Legge 34 del 1996. Chiederò inoltre, alla luce della carenza di sedi e di personale e al fine di garantire un servizio più efficiente, un potenziamento di questo servizio sul territorio.  

I consultori familiari e pediatrici rappresentano un punto di riferimento per tutti i cittadini e un mezzo fondamentale per l’integrazione sociale e sanitaria; si deve tuttavia registrare negli ultimi anni una tendenza al disinvestimento nella prevenzione e nella promozione della salute, con il risultato di una pratica medica sempre meno relazionale e sempre più tecnicistica. A causa della crisi economica, sempre più persone si rivolgono ai consultori, preferendoli alle strutture private. I bisogni che hanno sollecitato, quarantacinque anni fa, la nascita dei consultori sono ancora ben presenti e altri bisogni intervenuti in questi anni si sono aggiunti e ne reclamano un potenziamento.  

I consultori familiari e pediatrici, istituiti con la Legge 405/1975, forniscono un servizio di assistenza alla famiglia e alla maternità (in particolare a donne, bambini e adolescenti). Si possono considerare come servizi sociosanitari integrati di base, con competenze multidisciplinari, determinanti per la promozione e la prevenzione nell’ambito della salute della donna e dell’età evolutiva. Negli anni successivi all’emanazione della legge nazionale le Regioni, Piemonte compreso, hanno recepito la norma con proprie leggi regionali. L’organizzazione finanziaria e gestionale, rientrante nelle prestazioni del Servizio Sanitario Nazionale, compete alle ASL. 

Visite neurologiche nel tempo di una puntata di una sitcom? Semplicemente inaccettabile

Esprimiamo massima preoccupazione per la riduzione a venti minuti o poco più – la durata tipo, cioè, di una serie televisiva – dei consulti in diverse ASL del nostro territorio: questa è una tempistica totalmente insufficiente per un controllo medico, che può portare non solo a diagnosi sbagliate, ma – il paradosso è solo apparente – all’allungarsi delle liste d’attesa. Chiederemo conto della situazione in Consiglio Regionale.

Il tempo di una visita, neurologica in questo caso, deve essere quello che il medico visitante reputa sufficiente: di certo non può essere costretto in 20 minuti o poco più. Questa è, semmai, la durata tipo del singolo episodio di una serie TV. Ci preoccupa il fatto che, in seguito alla delibera regionale dello scorso aprile relativa alle linee guida per il recupero delle liste d’attesa, alcune ASL del territorio abbiano accorciato la durata massima delle visite a una ventina di minuti. Vogliamo capire quali siano le ragioni e ne chiederemo conto in Consiglio Regionale. Lo stesso Ordine dei Medici ha espresso forte inquietudine per questa situazione.

Troviamo il concetto inaccettabile di per sé. Non ci sfugge il rischio che queste modalità di visita si rivelino pericolose e antieconomiche già sul medio periodo, con la probabile necessità di replicare alcuni appuntamenti e con l’eventualità di diagnosi errate. In una fase in cui l’età media della popolazione si alza e aumentano drammaticamente le patologie neurologiche ci aspetteremmo investimenti, non certo la riduzione dei tempi di visita. Non è questa la modalità corretta per migliorare le statistiche relative alle liste d’attesa regionali.

Gli invasi servono subito, la Giunta prenda atto che dobbiamo agire adesso per non accumulare ulteriore ritardo sui cambiamenti climatici in corso

Siccità drammatica e condizioni estreme: condizioni che potrebbero ripetersi sempre più frequentemente nei prossimi anni. Non possiamo attendere – come da risposta della Giunta al mio Question Time – i finanziamenti del PNRR: piuttosto, si portino avanti almeno alcuni dei progetti già pronti per dotarci al più presto di un’infrastrutturazione adeguata per la raccolta e la conservazione delle riserve idriche. I nostri comparti agricolo e industriale ce lo chiedono a gran voce.

Dal punto di vista climatico, questi primi 7 mesi di 2022 possono essere definiti eccezionali, ma verosimilmente nei prossimi anni si verificheranno nuovamente condizioni simili: dovremo non solo abituarci, ma prepararci a questa nuova “normalità”. L’infrastrutturazione dovrà essere adeguata a queste nuove caratteristiche climatiche, a partire da una dotazione sufficiente di invasi sul territorio.

Ho portato il tema in Consiglio Regionale con un Question Time appena discusso, chiedendo alla Giunta scelte chiare e tempi certi: per garantire un futuro nel quale le riserve idriche non siano un costante problema è necessario agire immediatamente. Diverse le ipotesi al vaglio, dalla val Soana alla Valle di Viù, per la costruzione di bacini idrici.

Dobbiamo fare in fretta: già a fine inverno, al lago Maggiore mancavano i due terzi dell’acqua; i metri cubi di neve accumulati sulle nostre montagne sono meno della metà rispetto alla norma; la portata del Po è dimezzata. Agricoltura, allevamento e industria stanno pagando un prezzo altissimo per questa situazione e, se questa situazione dovesse ripetersi nei prossimi anni, non potremo più dire che non si potesse prevedere.

Per arrivare preparati alle sfide climatiche dei prossimi anni, è necessario partire ora.

Assistenza domiciliare integrata: una popolazione sempre più anziana ne avrebbe assoluto bisogno, ma la nostra Regione è drammaticamente indietro

Scadono tra un mese, come da intesa Stato-Regioni dello scorso 4 agosto, i termini per attivare il sistema di autorizzazione e di accreditamento delle organizzazioni pubbliche e private per l’erogazione di cure domiciliari, ma al Piemonte mancano ancora una serie di passaggi necessari e urgenti per raggiungere questa finalità. In altre Regioni il sistema di compartecipazione pubblico e privato è invece già attivo e i cittadini sono già attualmente seguiti nel contesto delle loro abitazioni: la Giunta si dia da fare per recuperare il tempo perso. Il Piemonte, dalla popolazione sempre più anziana, è ad oggi tra le Regioni con le più basse percentuali di over 65 assistiti in ADI.

Chiediamo cure domiciliari all’altezza delle esigenze di una popolazione regionale sempre più anziana: a che punto è il Piemonte in termini di recepimento dell’intesa della Conferenza Stato-Regioni del 4 agosto scorso sull’autorizzazione e sull’accreditamento degli erogatori ADI pubblici e privati? L’ho chiesto poco fa alla Giunta con un’interpellanza e la risposta è stata preoccupante: siamo, a un mese dalla scadenza, in preoccupante ritardo. Ci importa poco identificare le colpe, né ci interessano rimpalli di responsabilità tra piazza Castello e Roma: ci interessa il bene dei piemontesi e ci auguriamo che la Giunta si attivi per recuperare il tempo perso.

In una delle Regioni più anziane d’Italia (attualmente sono 1 milione e 200mila i piemontesi over 64) sarà, per i prossimi decenni, fondamentale garantire alle fasce di popolazione più anziane una buona qualità della vita: la domiciliarità è o dovrebbe essere, in questo senso, strategica.

Lo scorso agosto la Conferenza Stato-Regioni ha sancito l’intesa sul percorso di autorizzazione e accreditamento per gli enti erogatori di cure domiciliari. I trattamenti medici, infermieristici e riabilitativi integrati con servizi socio-assistenziali dell’Assistenza Domiciliare Integrata rappresentano un bene fondamentale per i pazienti, soprattutto cronici e anziani, che necessitano di prestazioni di media-alta complessità e che spesso presentano anche fragilità sociali. Eppure l’Assistenza Domiciliare agli anziani continua a essere sottodimensionata rispetto ai bisogni di una popolazione che invecchia, con un conseguente aumento dei casi di cronicità, disabilità e non autosufficienza. Oggi il nostro Servizio Sanitario non è in grado di curare tutte queste persone negli ospedali. Per costruire un sistema sanitario più sostenibile è necessario aggiornare e potenziare il modello organizzativo e strutturale del Sistema Sanitario in modo da renderlo più vicino alle persone e ai nuovi bisogni di salute.