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Tag: Sanità

L’odissea dei piemontesi vaccinati all’estero con sieri non riconosciuti in Italia

Racconta l’insegnante Mariangela Borello: «Vaccinata in Messico con Convidencia e tornata a Torino dopo anni, mi sono vista negare sia il Green Pass sia la possibilità di replicare il vaccino. Mi hanno “rimbalzata” da ufficio a ufficio: una vera e propria odissea. Ora, per poter lavorare, sono costretta a fare un tampone ogni 48 ore nell’immobilismo di ogni soggetto a livello locale». Quanti altri piemontesi sono nelle sue condizioni? Perché nessuno, in attesa di indicazioni ministeriali, si prende la responsabilità di prendere una decisione? Si discute domani in Consiglio Regionale, sul tema, il mio Question Time.

Il racconto di Mariangela Borello, torinese rientrata in Italia il 5 luglio scorso dopo aver vissuto per anni in Messico, è significativo: «In Messico sono stata vaccinata con il vaccino Convidencia (monodose) della CansinoBio: un siero che qui in Italia non è riconosciuto e che dunque non dà diritto al Green Pass. Non ho altra scelta che fare un tampone ogni due giorni».

Verosimilmente, sono molti i piemontesi nelle sue stesse condizioni. Mariangela Borello, peraltro, è un’insegnante: non può fare a meno del Certificato Verde. Le serve per svolgere la propria professione.

Continua: «Al mio rientro in Italia sono stata indirizzata dalla Città di Torino all’Ufficio di Igiene di via della Consolata: il vaccino “messicano” mi è stato annotato sul certificato vaccinale, ma sono stata informata che non avrei avuto diritto al Green Pass. Il 1° settembre ho ripreso servizio come insegnante presso il Liceo dove insegno. Il referente Covid dell’Istituto ha contattato l’Ufficio Covid delle Scuole. Sempre il 1° settembre sono stata contattata dall’ASL della Città di Torino e invitata a recarmi all’hub della Lavazza, dove mi avrebbero rilasciato una certificazione che mi esonerava dal Green Pass per il mese di settembre, in attesa di indicazioni ministeriali. Purtroppo un paio d’ore dopo sono stata nuovamente contattata ed è stata annullata la precedente indicazione, in mancanza di esplicita autorizzazione della Regione Piemonte. Mi sono detta disponibile a ripetere il vaccino, ma non mi è stato consentito».

Una situazione inaccettabile, da tutti i punti di vista. Innanzitutto, per l’immobilismo delle Istituzioni locali, Regione in testa, che non prende posizione né si assume la responsabilità di decidere. Poi, per le conseguenze sui cittadini, costretti a pagarsi tamponi ogni 2 giorni, con tutte le implicazioni fisiche, oltre che relative all’organizzazione del proprio tempo, che si possono intuire. Sul tema, discuterò domani un Question Time in Consiglio Regionale per sapere quali linee guida seguire in questo e in tutti gli altri casi analoghi.

Di fronte alla “corazzata” dell’emergenza delle malattie mentali, questa Giunta tenta di difendersi con arco e frecce

Appena discusso il mio Question Time sull’urgenza di rimediare alle carenze dei Servizi di Salute Mentale in Piemonte: se il fenomeno è enorme, totalmente inadeguata è stata la risposta. Le risorse previste sono insufficienti, le misure proposte non proporzionate alla portata del problema. Chiederemo al più presto la convocazione straordinaria della Commissione Sanità per un focus su quella che, come Moderati, consideriamo a tutti gli effetti un’emergenza.

“Come porre rimedio alle carenze strutturali e professionali dei Servizi di Salute Mentale del Piemonte?” A questo quesito, da me appena portato in Aula con un Question Time appena discusso, la Giunta risponde in maniera totalmente inadeguata, puntando su cifre e misure del tutto sproporzionate, in negativo, alle dimensioni del problema. Il Piemonte sta provando a difendersi con arco e frecce mentre si vede avanzare contro una corazzata.  

Ci chiediamo se questa Giunta abbia chiara la portata della gravità dell’emergenza relativa alla salute mentale dopo un anno e mezzo di pandemia. Un fenomeno che colpisce trasversalmente tutte le fasce d’età, dalla primissima adolescenza agli adulti.  

Di fronte alle richieste di aiuto al Telefono Amico Italia in tema di suicidi che triplicano nei primi sei mesi dell’anno, di fronte al milione di pazienti in più presi in carico dal Sistema Sanitario Nazionale per questioni di salute mentale dall’inizio della pandemia, di certo non bastano le misure di contrasto a bullismo, cyberbullismo e dipendenze, né l’area di supporto alle famiglie, né il milione di euro allocato per il supporto psicologico presso le scuole, per citare quanto riferito in Aula dalla Giunta. Provare a rispondere in questo modo significa non solo non aver inteso non solo la portata, ma in buona parte neppure la natura del problema. 

Come Moderati consideriamo le malattie mentali uno dei più gravi mali del nostro tempo. Torneremo fortemente sul tema, chiedendo una convocazione straordinaria della IV Commissione affinché finalmente si prenda atto di questo dato devastante, frutto del convergere di elementi dovuti alla pandemia, all’aumento del rischio di povertà, alla crisi economica, al timore per il futuro. La malattia mentale non devasta soltanto la persona che ne è colpita, ma la sua intera famiglia e l’intera cerchia dei suoi affetti. 

Suicidi, triplicate le richieste di aiuto nel primo semestre del 2021

E il Sistema Sanitario Nazionale fa registrare un aumento del 30% dei pazienti presi in carico per questioni di salute mentale dall’inizio della pandemia: il protrarsi dell’emergenza sta avendo conseguenze drammatiche anche da questo punto di vista. I Servizi di Salute Mentale del Piemonte sono strutturati in maniera tale da rispondere efficacemente e tempestivamente a questa situazione? Sono all’altezza? Sul tema, sarà discusso domani a Palazzo Lascaris il mio Question Time.

“Salute Mentale del Piemonte: carenze strutturali e professionali, come porre rimedio?”

Questo il titolo del Question Time da me appena presentato in Consiglio Comunale: sarà discusso domani a Palazzo Lascaris alle ore 14.00. Porto all’attenzione della Giunta, con questo mio quesito, un tema di assoluta urgenza, dal momento che 18 mesi di pandemia hanno effetti devastanti anche sulla salute mentale della popolazione. Nei primi sei mesi del 2021 quasi tremila persone si sono rivolte al Telefono Amico Italia perché attraversate da pensieri autolesionistici o perché preoccupate dal possibile suicidio di un proprio caro: il dato è triplo rispetto al periodo pre-Covid. “Il Sole 24 Ore” (aprile 2021) stima che il dato relativo ai pazienti presi in carico dal Sistema Sanitario Nazionale per questioni di salute mentale sia aumentato almeno del 30% (1 milione di pazienti in più) dall’inizio della pandemia. Che la nostra Regione sia carente di neuropsichiatri infantili e di strutture idonee per la cura dei disturbi mentali nei bambini e negli adolescenti è un dato evidenziato anche da recenti articoli giornalistici. Conoscere nel dettaglio l’esatta situazione in cui versano attualmente i servizi di Salute Mentale del Piemonte è fondamentale: domani chiederò alla Giunta come intenda porre rimedio alle carenze strutturali e professionali dell’assistenza psichiatrica piemontese eventualmente emerse dalle verifiche effettuate.

Donna per quindici giorni al Pronto Soccorso del Mauriziano: caso di una gravità inaudita, ci auguriamo che non si ripeta mai più

La carenza di rapporti tra RSA e Ospedali rischia di diventare un problema sistemico. Perché la struttura di origine della paziente non disponeva del personale sanitario necessario ad assisterla? Perché, data questa assenza, la donna non è stata trasferita in reparto, rimanendo due settimane presso il DEA? La questione è sanitaria: non possiamo accettare che vi siano malati di serie A e malati di serie B (nello specifico, quelli non autosufficienti, come questa paziente cinquantenne tetraplegica). Ho portato il tema in Consiglio Regionale con un Question Time appena discusso.

Il caso, assurto agli onori delle cronache, della cinquantenne tetraplegica trattenuta presso il Pronto Soccorso del Mauriziano per due settimane dopo una gastrostomia percutanea endoscopica è di una gravità assoluta. Ci auguriamo di non dover più vedere e commentare vicende simili. Ho portato il tema in Consiglio Regionale con un Question Time appena discusso a Palazzo Lascaris.

Due i termini della questione: perché la RSA presso la quale soggiornava la donna non aveva in organico il personale infermieristico in grado di garantirle adeguata assistenza e dunque un pronto ritorno in struttura dopo l’operazione? Perché, vista l’impossibilità di tornare presso la RSA, l’Ospedale Mauriziano non ha trasferito la paziente in reparto, trattenendola presso il Pronto Soccorso? La Giunta ha garantito di voler approfondire e noi manterremo altissima l’attenzione sul tema: ci attendiamo risposte convincenti.

Fare rete tra aziende ospedaliere e i servizi sanitari territoriali deve essere il primo obiettivo, che garantirebbe in primo luogo risposte appropriate ai malati e, in secondo luogo, anche un’ottimizzazione delle risorse. I malati non autosufficienti non possono essere considerati malati di serie B, quasi fossero un peso o un fastidio per il resto della Sanità. La mancanza di rapporti e interlocuzioni tra RSA e strutture ospedaliere sta diventando un problema sistemico. Non è accettabile che vi siano RSA prive del personale necessario ad assicurare un livello minimo di cure.

Una migliore gestione del percorso dei pazienti a livello territoriale e la semplificazione degli aspetti burocratici sono fondamentali per garantire continuità, accessibilità e integrazione dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria sul territorio piemontese.

I nostri Pronto Soccorso facciano i Pronto Soccorso, non le strutture di supplenza sociale

Domani, sul tema, il mio Question Time in Consiglio Regionale.

Punti di Pronto Soccorso in Piemonte: sono reparti di emergenza e urgenza o si richiede loro di svolgere un ruolo di supplenza sociale? Domanda retorica, risposta ovvia: la loro principale e naturale funzione dovrebbe essere, in teoria, quella di reparti dedicati ai casi di emergenza e urgenza. Non sfugge, tuttavia, come – soprattutto negli ultimi tempi – i punti di Pronto Soccorso del nostro territorio siano gravati nella pratica anche da funzioni che dovrebbero spettare a strutture di altra tipologia e natura. Il tema è salito agli onori delle cronache in occasione di un caso recente e macroscopico: quello occorso a una donna cinquantenne tetraplegica giunta presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale Mauriziano di Torino per una gastrostomia percutanea endoscopica urgente (con possibile dimissione dopo 48 ore) e poi trattenuta presso il Dipartimento di Emergenza e Attivazione per due settimane, nell’impossibilità della RSA presso la quale la donna risiedeva prima del ricovero di accoglierla nuovamente dopo l’intervento, non avendo la struttura nel proprio organico infermieri in grado di garantirle adeguata assistenza. Ho presentato, sul tema, un Question Time in Consiglio Regionale del Piemonte: domani in Aula chiederò alla Giunta quali misure intenda mettere in atto per permettere ai Pronto Soccorso del territorio piemontese di svolgere pienamente e principalmente la propria funzione peculiare e precipua di reparti di emergenza, sgravandoli il più possibile da funzioni diverse.