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Tag: Sanità

INTERPELLANZA: Quanto raccolto? Quanto ancora da spendere? Facciamo il punto della situazione sulle donazioni durante la prima fase dell’emergenza da COVID-19.

Premesso che:

  • durante il periodo di emergenza tutti – dalle grandi alle piccole aziende, alle Fondazioni, ai privati cittadini – hanno dimostrato la loro grande generosità, con donazioni grandi e piccole a favore di Ospedali, Croce Rossa, Asl e istituti di ricerca impegnati sia nel curare malati che nel contrastare il diffondersi del contagio da Covid-19.

Rilevato che:

  • per Decreto tutte le Pubbliche Amministrazioni beneficiarie, durante la prima fase dell’emergenza della scorsa primavera, di donazioni dovevano aprire un c/c dedicato, garantendo la completa tracciabilità di quanto ricevuto in donazione;
  • devono inoltre pubblicare sul proprio sito web le destinazioni delle liberalità entro la fine dell’emergenza stessa;
  • il Decreto impone alle Regioni di rendicontare online l’utilizzo dei fondi raccolti;
  • il Decreto Cura Italia, trasformato in Legge, impone di tenere tali fondi separati dal bilancio regionale e impedisce di utilizzarli per fini diversi dall’emergenza Covid-19.

Constatato che:

  • la Regione Piemonte ha dedicato un apposito Conto Corrente, presso UniCredit Group, alla raccolta delle donazioni a sostegno del Sistema Sanitario Piemontese;
  • l’obiettivo era raccogliere fondi per acquistare dispositivi medici, sostenere le strutture sanitarie e il personale che, in quel periodo, stava combattendo una durissima battaglia contro il Covid-19 per curare i cittadini piemontesi.

Considerato che:

  • da fonti giornaliste si è appreso che il Piemonte ha raccolto € 21.289.500, di questi risultano non spesi € 6.789.500.

Interpella la Giunta Regionale per sapere:

  • se l’ammontare delle donazioni corrisponde a quanto scritto dai giornali;
  • ad oggi come siano state spese le donazioni raccolte;
  • quale sia lo stato dell’arte in termini di tracciabilità e rendicontazione dei fondi donati e impiegati;
  • come questa Giunta intenda investire i fondi eventualmente rimasti.

Riconoscimento delle Case Maternità in Piemonte, non possiamo più aspettare

Fatto assurdo: mentre il rimborso di maternità per parto a domicilio è riconosciuto dalla Regione Piemonte alle donne che partoriscono presso una Casa Maternità fuori regione, è negato se si partorisce in una Casa Maternità del territorio. Esattamente questo è successo, lo scorso agosto, a una torinese che ha partorito improvvisamente ospite della Casa Maternità Prima Luce di via San Massimo 17 a Torino. Non ha senso che la nostra Regione non regolarizzi un servizio che in Europa e in altre Regioni italiane è prassi consolidata: ho presentato a Palazzo Lascaris un ordine del giorno per chiedere che le Case Maternità siano formalmente riconosciute anche in Piemonte. 

Niente rimborso di maternità per una torinese che ha partorito, lo scorso agosto, nell’unica Casa Maternità attualmente attiva sul nostro territorio: la donna, ospitata presso la Casa Maternità Prima Luce di via San Massimo 17 a Torino a poche ore dal parto, si è vista negare il rimborso parto a domicilio. La scelta di partorire in Casa Maternità è stata presa a poche ore dalla nascita della neonata. Assurdità ulteriore: il rimborso è sempre riconosciuto alle donne che scelgono di partorire in Case Maternità non piemontesi. Si stanno creando, vista la situazione, veri e propri flussi “turistici” verso le Case Maternità delle regioni confinanti. Il riconoscimento di queste Case è ormai un fatto non più rimandabile
Le Case Maternità – che hanno i requisiti di una comune civile abitazione e che non costituiscono studi professionali – concorrono a realizzare nella pratica quanto afferma l’Organizzazione Mondiale della Sanità in merito al “diritto di ogni donna di scegliere di partorire nel luogo che sente più sicuro”. Pertanto, ogni donna in buona salute dovrebbe poter scegliere, al termine di una gravidanza fisiologica, se partorire in ospedale, nel proprio appartamento o in una Casa Maternità (e quest’ultima ipotesi è esplicitamente contemplata, per esempio, nelle “Premesse” della DGR 80-5989 del 7 maggio 2002). 

Con il mio Ordine del Giorno, che sarà prossimamente discusso in Consiglio Regionale, chiedo il formale riconoscimento delle Case Maternità anche sul nostro territorio, nonché un’integrazione delle varie Delibere di Giunta ai fini di una revisione del protocollo sanitario extraospedaliero in materia. Si avvii una sperimentazione che consenta di analizzare l’efficacia del percorso e l’accesso al servizio da parte delle donne in gravidanza. Un tale modello assistenziale è peraltro abbondantemente supportato da letteratura ed evidenze scientifiche.

Torino ricorda Andrea Soldi, la Regione Piemonte dimentica i Servizi Psichiatrici del Mauriziano

Un flash mob in memoria del 45enne scomparso cinque anni fa in seguito a un tentativo di TSO finito tragicamente inaugura la Settimana della Salute Mentale di Torino, nell’assordante silenzio da parte della Giunta Regionale sulle prospettive future riguardo ai posti letto presso i Servizi Psichiatrici dell’Ospedale di largo Turati.

Mentre Torino ricorda Andrea Soldi con un flash mob organizzato in corso Umbria in occasione della prima giornata della Settimana della Salute Mentale di Torino “Robe da Matt*”, attendiamo con crescente preoccupazioni notizie e indicazioni sul futuro del Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura dell’Ospedale Mauriziano di Torino: in merito a quei 16 preziosi posti letto dalla Giunta Regionale arriva soltanto un fragoroso silenzio: atteggiamento che appare incomprensibile, proprio in una fase di preoccupante e incontrovertibile crescita dei casi che necessitano di cure in campo sanitario psichiatrico. Un campo che, lungi dall’essere oggetto dei tagli da parte della politica, dovrebbe invece essere sostenuto con investimenti e incrementato. I dati e gli indicatori sono in preoccupante e costante crescita dopo l’emergenza da Covid-19: da uno studio dell’Ospedale San Raffaele di Milano (agosto 2020) emerge che il 56% delle persone guarite dal Covid ha manifestato disturbi quali post traumatico da stress, depressione o sintomatologia ossessivo-compulsiva, proporzionalmente alla gravità dell’infiammazione durante la malattia. Di fronte a tutto questo, la Regione Piemonte non solo non aumenta, ma taglia i posti letto.  

L’Ospedale di Settimo abbia un futuro

Terminata e non più rinnovabile la fase sperimentale (che ha dato risultati ottimi) di gestione di tipo pubblico-privato, il mio impegno in Consiglio Regionale perché la struttura non sia ora né depotenziata né snaturata: appena presentata un’interpellanza sul tema.

I giornali cominciano a parlare di situazione di crisi, addirittura di ipotesi di mancati pagamenti alla Cooperativa Frassati (socia e fornitrice di servizi e non solo): urge una svolta, perché l’Ospedale Civico Città di Settimo Torinese deve avere un futuro. Ne sono profondamente convinto, alla luce del fatto che questa struttura è un’eccellenza da tutti i punti di vista: sia in un’ottica puramente tecnica e medica, sia sotto il profilo della gestione, ed è dal 2006 un riferimento per l’intera area, tanto per l’Asl To2 quanto per l’Asl To4. Con un recente atto (interrogazione dello scorso luglio) avevo già chiesto alla Giunta regionale di riferire su progetti e prospettive, sia dal punto di vista delle modalità gestionali sia dal punto di vista dell’operatività. La sperimentazione gestionale, modello innovativo di management delle attività sanitarie pubbliche, ha dato in questi anni risultati di rilievo, per esempio – ma non solo – nei campi della lungodegenza e della riabilitazione. Questo modello prevede il coinvolgimento nel programma di sperimentazione del settore privato, privilegiando quello appartenente alla sfera della cooperazione sociale. Ho appena protocollato un’interpellanza in Regione Piemonte per sapere quali siano le intenzioni della Giunta Regionale sul futuro dell’Ospedale, ovvero se vi sia l’intenzione di mantenere l’attuale gestione o se sia al vaglio un’ipotesi di cessione.

Niente scuola se un congiunto dell’alunno ha avuto un raffreddore tre giorni prima?

Il mio Question Time in Consiglio Regionale per chiarire la situazione.

Niente scuola per gli alunni o studenti con un familiare convivente che abbia presentato “sintomi indicativi” nei tre giorni precedenti: lo prescrivono le direttive regionali (in una piccola postilla riportata nel Decreto 95 con le “Linee di indirizzo per la riapertura delle Scuole in Piemonte” e non altrimenti o altrove comunicata), mentre in quelle nazionali (Circolare “Riapertura delle Scuole” del Ministero della Salute) non si riporta alcuna indicazione simile. Una piccola postilla con grandi potenziali conseguenze: che cosa si intende esattamente con sintomi “indicativi”? Come si deve comportare, per esempio, una famiglia numerosa con un componente che, tre giorni prima, ha avuto lievi sintomi da raffreddore? Nessun familiare deve recarsi né a scuola né al lavoro? Oppure i figli soli devono restare soli a casa, potendo e dovendo i genitori recarsi al lavoro? In sostanza: le famiglie come devono regolarsi? C’è anche un grande tema relativo alla preoccupazione dei Dirigenti Scolastici, che temono gravi ripercussioni sulla quotidianità e sulla didattica, con classi sempre mezze vuote. Chiederò lumi e dettagli più precisi domani in Consiglio Regionale con un Question Time appena depositato.