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Tag: Sanità

Suicidi, con il Covid è sempre più emergenza

Dati in crescita dall’inizio della pandemia. Sul tema, il mio impegno a Palazzo Lascaris: con un’interpellanza, chiedo risposte alla Giunta sulla costituzione della Consulta per la Salute Mentale; con un ordine del giorno, chiedo l’approvazione della normativa nazionale di riferimento in materia di prevenzione di ogni tipo di atto autolesionistico.

Da marzo a settembre si sono registrati sul territorio nazionale 72 suicidi (e 37 tentati suicidi) correlati al Covid-19. A questi dati, si devono aggiungere altri 44 suicidi per il quali il Coronavirus è stato una concausa. È quanto emerge dal Convegno Internazionale sulle tematiche legate al suicidio, organizzato dall’Università La Sapienza di Roma in occasione della Giornata Mondiale per la Prevenzione del Suicidio (10 settembre). A livello nazionale, si registrano ogni anno circa 4.000 suicidi (quasi un decimo dei quali, riporta Istat, in Piemonte) e un numero dieci volte più alto di tentativi di suicidio. Il trend in crescita attribuibile alla pandemia si inserisce in un contesto di preoccupante aumento dei casi di malattia psichiatrica. Da più parti è stato lanciato l’allarme: i dati relativi al numero di suicidi sono in crescita dall’inizio della pandemia e ancora non sono stati monitorati e raccolti i dati relativi alla seconda ondata; potrebbe dunque registrarsi un ulteriore peggioramento del trend. Il 20% delle persone alle quali è diagnosticato il Covid-19 presenta disturbi psichiatrici dopo la diagnosi. La crescita dei tentativi di suicidio e degli atti di autolesionismo tra gli adolescenti è in crescita, secondo lo studio internazionale del Journal of Child Psychology and Psychiatry, a livello europeo.

Un’emergenza, dunque, sempre più grave: le politiche di prevenzione del suicidio non possano essere confinate al solo ambito sanitario, ma debbono tener conto anche dei potenziali fattori di rischio a livello di contesto sociale, economico e relazionale della persona. Il Consiglio Regionale ha approvato a gennaio 2019 il “Piano d’azione per la salute mentale del Piemonte”. Tra le misure previste spicca l’istituzione di un’apposita Consulta Regionale, con il compito di far emergere problemi e avanzare proposte. 

Ho appena presentato un’interpellanza e un ordine del giorno in Consiglio Regionale. Con l’interpellanza, chiedo se la Consulta Regionale per la Salute Mentale sia stata costituita, quali soggetti ne facciano parte e se sia prevista la partecipazione di Associazioni di Volontariato. Con l’ordine del giorno (che spero che i colleghi Consiglieri vogliano votare compattamente), chiedo alla Giunta di sollecitare Governo e Parlamento affinché sia approvata la normativa nazionale (che attualmente giace ferma in Parlamento) di riferimento in materia di prevenzione del suicidio e degli atti di autolesionismo.

Ospedale Martini, quale futuro per il Pronto Soccorso? La Giunta metta a tacere le voci di chiusura

Protocollata a Palazzo Lascaris la mia interrogazione in merito alle prospettive post-Covid del presidio di via Marsigli/via Tofane a Torino: mi auguro che l’ipotesi di una chiusura non sia neanche presa in considerazione e auspico che i lavori di ristrutturazione siano presto terminati. Questo polo, punto di riferimento per un’ampia fetta di territorio torinese e dei Comuni limitrofi, deve essere rilanciato.

La Regione Piemonte punti sul Pronto Soccorso dell’Ospedale Martini, così come sull’intera struttura ospedaliera del quartiere Pozzo Strada a Torino: a fine emergenza pandemica, mi auguro che non solo riprenda la piena attività, ma che si possa rilanciare questo polo, al quale quasi 70mila torinesi si rivolgono ogni anno (il dato si riferisce al DEA). Dallo scorso 31 ottobre l’Ospedale è stato convertito in Covid-Hospital, con relativa interruzione, anche, dell’attività di Pronto Soccorso. Voci relative a un’ipotesi di chiusura erano state riferite da fonti giornalistiche già nel 2015 e oggi sono tornate a circolare: era stato l’allora Assessore alla Sanità Saitta a tranquillizzare operatori e personale medico assicurando che “Nessuno vuole chiudere il Martini”. Mi auguro che l’attuale Giunta sia altrettanto decisa nell’assicurare che non soltanto il Martini non chiuderà, ma che si punterà fortemente su questo presidio. Chiederò, inoltre, quali siano i progetti futuri della Giunta e quando saranno conclusi i lavori di ristrutturazione attualmente in corso.

Tempo di Covid: bomba a orologeria pronta a esplodere se si interrompe la continuità di cura

Anche le patologie con cure e visite catalogate come “differibili” o “non urgenti” rischiano, se trascurate in questa fase di seconda ondata, di aggravarsi, con un costo umano, organizzativo e anche economico dalle proporzioni non prevedibili. Appena discussa, sul tema, una mia interrogazione in Consiglio Regionale del Piemonte. La mia preoccupazione resta alta, anche perché cominciano a segnalarsi i primi casi di gravi conseguenze. Ecco alcuni esempi relativi all’ipoacusia, all’odontoiatria e alle reazioni allergiche.

Saranno anche visite e cure “differibili” o “non urgenti”, ma trascurare certe patologie e condizioni è fonte di gravi conseguenze. Alcuni esempi tra gli altri: persone in attesa di protesi dentaria con bonifica del cavo orale ed estrazioni dentarie già effettuate che ora, senza denti e senza protesi, sono a rischio denutrizione; ipoacusici gravi che ora soffrono di un isolamento acustico che complica i rapporti familiari, sociali e professionali, senza contare il rischio di insorgenza di deficit cognitivi; pazienti allergici in attesa di terapia vaccinica (già programmata) che non può essere perfezionata (e l’asma non trattata aumenta il rischio Covid-19); casi di orticaria cronica trattata con anticorpi monoclonali soggetti a piano terapeutico e dunque non prescrivibili.

Sono solo quattro esempi tra i tanti possibili. Resta, anche dopo aver discusso in Consiglio Regionale una nuova interpellanza sul tema della continuità di cure ed esami in tempi di seconda ondata Covid-19, una forte preoccupazione per tante categorie di pazienti (tra gli altri: reumatologici, sclerodermici o rari). 

Per tutti questi cittadini piemontesi c’è il rischio di un aggravamento della propria condizione, proprio per il fatto di non essere stati visitati o curati per settimane. Più pazienti avremo lasciato indietro, più alto sarà il rischio che si verifichino situazioni drammatiche, che oltre tutto porteranno con sé pesanti conseguenze in termini di aumenti dei costi per la nostra Sanità e di ulteriore incremento delle liste d’attesa. 

Una vera e propria bomba a orologeria è pronta a esplodere. Quali sono le misure che si intendono adottare per evitare la cancellazione delle visite considerate meno urgenti? Il gran numero di figure professionali dirottate sul Covid-19 non è senza conseguenze e il prezzo finiscono per pagarlo coloro che avrebbero necessità di non interrompere le cure.
Lo stesso Assessore Icardi ha riconosciuto, poco fa a verbale, l’importanza della continuità di cura, anche in una fase di emergenza, e la necessità di attuare provvedimenti di riorientamento dei servizi sanitari. Mi auguro che ciò avvenga in tempi brevi.

Conseguenze psichiatriche da Covid-19: un dramma nel dramma

Uno studio della Oxford University (Mississippi) rivela: dopo la diagnosi, disturbi psichiatrici per un paziente su cinque. Le tremende ripercussioni economiche della crisi su ampie fette di popolazione rischiano di peggiorare la situazione. Che risposte intende dare a questo proposito la Giunta Regionale? Che cosa si intende fare, inoltre, per tutelare anche dal punto di vista psicologico il nostro personale medico e sanitario, da mesi sottoposto a uno stress senza precedenti? Presto sul tema una mia interpellanza a Palazzo Lascaris.

Il 20% delle persone alle quali è diagnosticato il Covid-19 presenta disturbi psichiatrici dopo la diagnosi: è il preoccupante risultato che emerge da un’indagine condotta dal Dipartimento di Psichiatria della Oxford University (Mississippi, USA). Le terrificanti conseguenze economiche della crisi epidemiologica rischiano di peggiorare ulteriormente la situazione: penso a commercianti e imprenditori, ai lavoratori che hanno perso il lavoro, a ristoratori e baristi e, in generale, a tutti i nostri concittadini che hanno vissuto sulla propria pelle queste conseguenze. Che cosa intende fare, sul tema, la Regione Piemonte? Al momento, mi pare che si stia muovendo piuttosto in direzione contraria all’esigenza di potenziare la capacità di risposta della nostra Sanità, vedi i dubbi sul futuro dei Servizi Psichiatrici al Mauriziano di Torino. Il report dell’ateneo statunitense fa emergere dati in preoccupante continuità con quanto già appurato dall’Ospedale San Raffaele di Milano lo scorso agosto: il 56% delle persone guarite dal Covid-19 ha manifestato disturbi quali disturbo post traumatico da stress, depressione o sintomatologia ossessivo-compulsiva, proporzionalmente alla gravità dell’infiammazione durante la malattia. Il nostro personale medico e sanitario ha a sua volta bisogno di essere tutelato, dopo mesi di sforzo senza precedenti, dal punto di vista psicologico. Di fronte a tutto questo, come intende rispondere la Regione Piemonte? Non si è ancora vista alcuna risposta. Tornerò a sollecitare la Giunta in Consiglio Regionale e presenterò al più presto un’interpellanza sul tema.

Non autosufficienza, famiglie e ospedali pagano il prezzo più caro dello smantellamento di un sistema che funzionava

Crolla in due anni da quasi 10mila a poco più di 3mila il numero dei torinesi che ricevono cure a domicilio erogate dall’Asl. Risultato: famiglie allo stremo e ulteriore pressione sulle strutture ospedaliere. Perché questa Giunta Regionale, invece di estendere ad altre zone del Piemonte un modello virtuoso, lo sta abbattendo?

Torino, il mondo dell’Assistenza Domiciliare lancia il proprio S.O.S.: mancano personale e risorse, negli ultimi dodici mesi altri 3.300 torinesi non autosufficienti hanno dovuto fare a meno delle cure a domicilio erogate dall’ASL. La denuncia arriva dalla Fondazione Promozione Sociale. Tra 2018 e 2019 si era registrato un trend analogo, da 9.300 a 6.500.

Le prime vittime di questa tendenza sono, naturalmente, i torinesi il cui diritto alla cura viene negato. Insieme a loro, pagano un prezzo altissimo le famiglie, ormai giunte allo stremo, e gli ospedali, sui quali la pressione cresce ulteriormente, con un ulteriore abbassamento dei tempi di saturazione dei posti disponibili.

Oggi, nella maggior parte dei casi (sono stati autorizzati solo 14 assegni su 561 tra luglio e l’inizio di ottobre 2020), le richieste di assegni di cura domiciliari vengono respinte. Questa Giunta, scegliendo di garantire solo le prestazioni già erogate senza nuove attivazioni, invece di estenderlo ad altre aree del Piemonte sta facendo spegnere un modello che funziona. Anzi, che funzionava. Qual è la strategia? Qual è l’alternativa proposta? Quali sono le ragioni di questa scelta dalle conseguenze gravissime?