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Tag: Regione Piemonte

L’utero in affitto è una pratica contraria alla dignità della donna

Gli Stati Generali della Natalità in corso da una parte, 300 Sindaci e Amministratori in assemblea a Torino dall’altra: dal momento che qualcuno ha chiamato «festa della natalità» il secondo evento e non il primo, non posso esimermi dal puntualizzare che escludo che questo problema si possa risolvere attribuendo alle donne il ruolo di incubatrici.

Mi preoccupa inoltre che certe aperture altro non siano che teste di ponte per la normalizzazione di pratiche – che respingo e sempre respingerò – di mercificazione del corpo della donna e di vera e propria compravendita di figli. Le brutte chine già innescate in altri contesti e altri Paesi dimostrano quanto fondati possano rivelarsi questi timori. A prescindere da scelte terminologiche e slogan, considero la pratica dell’utero in affitto moralmente e umanamente inaccettabile. I diritti dei bambini, di tutti i bambini, sono la priorità anche per noi: sono già al momento, per fortuna, totalmente garantiti con appositi strumenti giuridici. Avverserò con forza ogni novità normativa che faciliti la possibilità di “acquistare” il corpo di un essere umano perché porti avanti una gravidanza. Con la stessa determinazione difenderò il corpo della donna da questa mercificazione augurandomi che le tante voci che spesso si alzano a difesa dei diritti delle donne non vogliano tacere proprio questa volta.

Giù tasse e IMU per chi affitta a studenti

Il problema (ma non la novità: pur assurta agli onori delle cronache con il nuovo Governo, la situazione è la stessa da anni) del costo – per molti fuorisede non sostenibile – di un posto letto si risolve azionando la leva fiscale oltre che, naturalmente, investendo in maniera adeguata in nuove residenze universitarie.

Come si può convincere un privato o una famiglia ad affittare agli studenti un proprio immobile e a farlo a prezzi appetibili? Garantendo un vantaggio economico. Com’è giusto che sia, dal momento che anche i beni immobili, magari acquistati con i sacrifici di una vita e messi a reddito, concorrono a raggiungere il necessario budget familiare mensile. Governo e Amministrazioni civiche trovino modalità di interlocuzione per identificare, ciascuno per la parte di propria competenza, utili agevolazioni fiscali per i privati che, disponendo di un appartamento o di un monolocale, decidono di affittarlo a studenti in trasferta: solo azionando questa leva, infatti, risulterà vantaggioso per un privato rinunciare ad altre modalità, per esempio quella turistica, di messa a reddito del proprio immobile. Simili misure, se combinate con adeguati investimenti pubblici e privati finalizzati alla realizzazione di nuove residenze universitarie, potranno rappresentare una parziale soluzione al problema del caro affitti per gli studenti in trasferta. Nella sola Torino la carenza di posti letto è stimata oltre le 3mila unità. Federconsumatori stima tra gli 8mila e i 9.500 euro annui le spese a carico di uno studente che soggiorni a Torino per studiare: di questa cifra, la metà è costituita proprio dal costo del posto letto. Le Amministrazioni Civiche potranno basarsi sui contratti depositati per immaginare riduzioni consistenti dell’IMU a favore dei residenti che affittano un immobile a studenti. Essendo stato verosimilmente superato il picco della fase inflattiva, anche un’opzione come la cedolare secca sugli affitti consente vantaggi sia all’inquilino (invariabilità del prezzo del canone, risparmio sulle spese delle imposte di bollo e di registro) sia al locatore (esentato dal pagamento dell’imposta di bollo e delle spese di registrazione del contratto).

Fibromialgia, ora serve un cambio di passo

Da troppi mesi la situazione non si sblocca, la prima bozza molto generica del documento “PSDTA Fibromialgia” è solo un primo passo, che dovrà essere ulteriormente sviluppato. Ci aspettiamo il coinvolgimento di tutte le Associazioni nella prossima convocazione del 15 maggio e una definizione più specifica dell’impiego dei fondi, tema sul quale ho appena discusso un Question Time in Consiglio Regionale. Sei mesi sono già passati dall’identificazione delle cinque aziende capofila: ora i piemontesi che soffrono di fibromialgia si aspettano risultati concreti.

Dopo mesi di stallo, si registrano i primi, timidi segnali dal fronte della fibromialgia. Registriamo come buona notizia – in risposta al Question Time appena discusso in Aula sul tema “Fondi finalizzati allo studio, diagnosi e cura della fibromialgia: come saranno spesi?” – che si sia iniziato a lavorare su un documento “PSDTA Fibromialgia”. Ma occorre ora accelerare, perché molti mesi sono passati e i pazienti, per i quali la fatica è quotidiana, attendono ancora vere ed efficaci risposte. Durante la convocazione di ieri alla presenza delle ASL piemontesi e della rappresentanza dei pazienti (AISF) il documento presentato e discusso in tema di PSDTA si è confermato davvero soltanto una bozza. Ci aspettiamo che questa traccia sia sviluppata con un focus specifico sull’imprescindibile presa in carico multidisciplinare della persona fibromialgica. Nella prossima convocazione, prevista per il prossimo lunedì per l’elaborazione di documenti operativi, ci aspettiamo il coinvolgimento di tutte le Associazioni e della rappresentanza di tutti gli attori che dovrebbero essere coinvolti nella presa in carico multidisciplinare dei pazienti fibromialgici. Ringraziamo la Giunta per aver voluto elencare gli ambiti di impiego dei fondi, già impegnati ma non ancora liquidati alle Aziende: abbiamo tuttavia la consapevolezza che, con risorse non illimitate, non basta elencare una serie di ambiti (nello specifico, gestione operativa dei pazienti affetti da fibromialgia primaria e miglioramento del processo di presa in carico, sviluppo metodologico del PSDTA, formazione specifica degli operatori sanitari, messa in atto di sistemi informativi per la raccolta dati, attività di audit e di miglioramento) e occorrerà individuare obiettivi precisi e specifici. Il target non dovrà essere solo la fibromialgia primaria, ma anche i casi di comorbidità.

Sono quasi due milioni le italiane e gli italiani con fibromialgia. La sindrome colpisce soprattutto le donne (9 casi su 10). Tra i sintomi più gravi si segnalano dolore muscolo-scheletrico cronico diffuso, sintomi extrascheletrici come astenia, stanchezza, disturbi del sonno, problemi dell’alvo, problemi dell’area cognitiva (memoria, attenzione, rallentamento dei tempi di reazione, alterazione delle funzioni esecutive) e sintomi di tipo psicologico (ansia, depressione, attacchi di panico). La fibromialgia, che pure può osservarsi in ogni fascia d’età, compare nella maggior parte dei casi tra i 35 e i 60 anni. Sono in aumento i casi fra gli adolescenti. Questa sindrome compromette, nei casi più gravi, le attività quotidiane e professionali. Non essendo a oggi questa sindrome riconosciuta nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), i costi sono ancora – fatto che consideriamo non più accettabile e non più sostenibile – a carico del paziente.

Una “Culla per la vita” in ogni reparto pediatrico del Piemonte

Ho ottenuto l’inserimento all’ordine del giorno dell’odierna seduta del Consiglio Regionale del mio atto che chiede più informazione e più capillare presenza sul territorio regionale di queste strutture: le “Culle per la vita”, che sono attualmente cinque soltanto in Piemonte, possono rappresentare – come dimostrano recenti fatti di cronaca – un’alternativa a gesti estremi di disperazione, garantendo alla donna o alla coppia la certezza che in breve tempo il neonato incontrerà persone e sanitari pronti a prendersene cura. Eppure, l’informazione sul tema è ancora inadeguata.

Vogliamo un Piemonte nel quale le “Culle per la vita” siano non soltanto oggetto di una campagna di informazione finalmente puntuale e capillare, ma presenti in ogni reparto di Neonatologia e Pediatria del territorio: lo chiedo in Consiglio Regionale del Piemonte con un OdG inserito nell’ordine del giorno della seduta odierna. Se approvato dall’Aula, il mio atto impegnerà la Giunta a programmare sul territorio piemontese una capillare campagna di informazione, che coinvolga anche i Comuni, sulle “Culle per la vita”. Riteniamo infatti fondamentale una piena consapevolezza, da parte delle madri e delle coppie piemontesi, di questa possibilità. La presenza di una “Culla per la vita” in ogni reparto di Neonatologia e Pediatria piemontese, secondo punto dell’impegnativa del nostro atto, garantirebbe a tutte le mamme piemontesi e ai loro bambini le stesse possibilità di accoglienza e vita. La “Culla per la vita” rappresenta un’alternativa a gesti estremi di disperazione, come dimostrano casi anche recenti di cronaca, garantendo che in breve tempo il neonato accolto nella “Culla per la vita” incontrerà persone e sanitari pronti a prendersene cura: eppure, questa possibilità di accoglienza e di vita non è sempre adeguatamente promossa e dunque non sempre conosciuta. Una situazione che speriamo possa cambiare, anche grazie all’Ordine del Giorno dei Moderati a Palazzo Lascaris.

Nonostante la legge italiana garantisca la possibilità di partorire in ospedale senza lasciare le proprie generalità, affidando il neonato alla cura dei sanitari e aprendo la via dell’adozione, sono ancora tanti i casi di bambini abbandonati lungo le strade, nei cassonetti e sui marciapiedi. Nella sola Torino si registrano in media ogni anno dai 10 ai 12 casi di bambini nati in ospedale da madri che – per una complessità di motivazioni – non hanno voluto o potuto riconoscerli.

Le “Culle per la vita” sono concepite per permettere alle madri in difficoltà di lasciarvi, protetto e sicuro, il proprio neonato. Sono pensate per garantire un facile utilizzo e un pronto intervento per la salvaguardia del bambino. L’anonimato della mamma che ha preso la decisione di lasciare il suo bambino è rigorosamente garantito. Si trovano in luoghi facilmente raggiungibili (cinque in Piemonte: Asti, Biella, Casale, Giaveno e Torino) e sono dotate di riscaldamento, chiusura di sicurezza, rete con il servizio di soccorso medico, presidio di controllo 24 ore su 24 e 7 giorni su 7.

Una speranza per chi soffre di fibromialgia in Piemonte? Ci sarà, se i 375mila euro destinati alla nostra Regione saranno impiegati al meglio

Con un Question Time appena presentato chiedo alla Giunta come saranno spese queste risorse, pari al 7.35% dei 5 milioni totali messi a disposizione dal Ministero della Salute, finalizzate allo studio, alla diagnosi e alla cura di questa patologia sul territorio regionale.

Diversi mesi sono passati dall’emanazione del decreto del Ministero della Salute e dall’individuazione delle Aziende Sanitarie destinatarie, in Piemonte, delle risorse: chiediamo ora come saranno spesi questi fondi. Sul tema, ho appena presentato un Question Time che sarà discusso domani in Consiglio Regionale: l’obiettivo è avere informazioni aggiornate e puntuali su come le strutture sanitarie abbiano deciso di spendere i fondi diretti alla Regione Piemonte. La speranza di tutte e tutti coloro che soffrono di questa patologia è che si arrivi finalmente a una vera presa in carico e una vera tutela dei pazienti. Attendiamo inoltre la convocazione del Tavolo di Lavoro e restiamo convinti che una Legge Regionale su questo tema, come da proposta dei Moderati, serva più che mai.

Torno su questo tema dopo la mia precedente interrogazione a risposta immediata dello scorso dicembre e una mia richiesta di accesso agli atti. Le aziende individuate sono le seguenti: AOU “Città della Salute e della Scienza di Torino”, AO “Mauriziano Umberto I di Torino” per l’area Torino Ovest, AOU “Maggiore della Carità di Novara”; AO “Santa Croce e Carle di Cuneo” e AO “SS. Antonio e Biagio e C. Arrigo” di Alessandria. Sono quasi due milioni le italiane e gli italiani con fibromialgia. La sindrome colpisce soprattutto le donne (9 casi su 10). Tra i sintomi più gravi si segnalano dolore muscolo-scheletrico cronico diffuso, sintomi extrascheletrici come astenia, stanchezza, disturbi del sonno, problemi dell’alvo, problemi dell’area cognitiva (memoria, attenzione, rallentamento dei tempi di reazione, alterazione delle funzioni esecutive) e sintomi di tipo psicologico (ansia, depressione, attacchi di panico). La fibromialgia, che pure può osservarsi in ogni fascia d’età, compare nella maggior parte dei casi tra i 35 e i 60 anni. Sono in aumento i casi fra gli adolescenti. Questa sindrome compromette, nei casi più gravi, le attività quotidiane e professionali. Non essendo a oggi questa sindrome riconosciuta nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), i costi sono ancora – fatto che consideriamo non più accettabile e non più sostenibile – a carico del paziente.