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Tag: Artsakh

In Nagorno Karabakh va in scena la cancellazione di un popolo nel silenzio dell’Occidente

Assistiamo sgomenti a quanto avviene nel Nagorno Karabakh, dove è in atto quello che si configura sempre di più come tentativo di cancellazione, se non di un popolo, sicuramente di una cultura e di una identità nazionale.

Sale di ora in ora il computo degli armeni che stanno abbandonando l’Artsakh, probabilmente per non tornarvi più, cercando rifugio entro i confini dell’Armenia; i morti si contano già a centinaia, civili e bambini piccoli compresi, e temiamo che il computo sia destinato a crescere. Una tragedia di una gravità tale da riportare alla memoria alcune delle pagine più terribili del secolo scorso si sta consumando nel sostanziale silenzio delle Istituzioni dell’Europa occidentale. Ci chiediamo che cosa sarà della popolazione armena, sia dal punto di vista del destino dei singoli cittadini sia dal punto di vista di un’identità che rischia di essere cancellata.

Pace in Artsakh (Nagorno Karabakh), il mio Ordine del Giorno passa in Consiglio Regionale

Un piccolo passo avanti verso una pace duratura e verso l’affermazione della verità storica, un risultato che accolgo con soddisfazione personale e politica. Delusione soltanto per la mancata unanimità. Ora si lavori per mettere in atto l’impegnativa presa: il popolo dell’Artsakh e la sua rappresentanza politica e istituzionale siedano al tavolo per la pace della Copresidenza del Gruppo di Minsk dell’OSCE.

Soddisfazione per l’approvazione, in Consiglio Regionale, del mio Ordine del Giorno sul tema “Per una pace duratura della regione dell’Artsakh (Nagorno Karabakh)”: una soddisfazione più forte del rammarico per alcune astensioni, delle quali resto curioso di conoscere le ragioni. L’atto passa in Consiglio con i voti della Maggioranza. Di fronte a tragedie come questa, la stessa neutralità ha un preciso significato politico. Voltarsi dall’altra parte è esattamente quanto hanno fatto le potenze europee e internazionali durante le settimane di conflitto, mentre morivano civili innocenti e si colpivano obiettivi civili e ospedali.

Registriamo con l’approvazione del mio Ordine del Giorno un piccolo ma significativo passo avanti verso l’affermazione della pace e della verità storica. Rivendichiamo il diritto all’autodeterminazione di un popolo che, ora, ci auguriamo torni a essere pienamente protagonista del proprio destino, senza ingerenze da parte di potenze terze. Ora si lavori per l’impegnativa presa – il popolo dell’Artsakh e la sua rappresentanza politica e istituzionale possano sedere al tavolo per la pace della Copresidenza del Gruppo di Minsk dell’OSCE – e si lavori per la salvaguardia del patrimonio culturale, architettonico e religioso di questa terra.
 
Ci interessa che si faccia chiarezza sulle ragioni profonde del conflitto, così come sull’ipotesi di impiego di armi, mezzi e metodi bellici proibiti dal diritto internazionale.

La popolazione armena dell’Artsakh (Nagorno Karabakh) è un simbolo per tutto il popolo armeno, disperso nel mondo a causa del primo genocidio del XX secolo, perpetrato dalla Turchia ottomana.

In piazza (e in Aula) a fianco della comunità armena

Per chiedere il riconoscimento della Repubblica dell’Artsakh e per fermare l’aggressione condotta da parte dell’esercito azero.

Il mio impegno continua, sia nelle sedi istituzionali sia in piazza, a fianco della comunità armena per chiedere il riconoscimento della Repubblica dell’Artsakh, perché si fermi l’aggressione armata da parte azera e perché si ristabilisca la verità dei fatti contro ogni menzogna ideologica e propagandistica. Questa mattina ho voluto essere presente anche io alla manifestazione in piazza Castello a Torino a fianco della comunità italo-armena. Il mio atto in Consiglio Regionale che richiede il riconoscimento dell’Artsakh è stato inserito nell’ordine del giorno della seduta di martedì 27 ottobre. Non è stato liberato per la discussione in Sala Rossa, invece, l’analogo OdG da me presentato in Consiglio Comunale, a causa della richiesta dei Cinque Stelle – proprio la forza politica della quale è espressione l’attuale Ministro degli Esteri – di effettuare chissà quali “necessari approfondimenti”, che altro non sono che un pretesto per evitare di discutere già lunedì (26/10) in Aula la mia proposta. In questo caso, l’equidistanza non è una posizione politica, ma un modo di non opporsi all’attacco contro la popolazione armena. Oggi la posizione di chi si volta dall’altra parte di fronte alla realtà e all’aggressione non è più accettabile.