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Visite neurologiche nel tempo di una puntata di una sitcom? Semplicemente inaccettabile

Esprimiamo massima preoccupazione per la riduzione a venti minuti o poco più – la durata tipo, cioè, di una serie televisiva – dei consulti in diverse ASL del nostro territorio: questa è una tempistica totalmente insufficiente per un controllo medico, che può portare non solo a diagnosi sbagliate, ma – il paradosso è solo apparente – all’allungarsi delle liste d’attesa. Chiederemo conto della situazione in Consiglio Regionale.

Il tempo di una visita, neurologica in questo caso, deve essere quello che il medico visitante reputa sufficiente: di certo non può essere costretto in 20 minuti o poco più. Questa è, semmai, la durata tipo del singolo episodio di una serie TV. Ci preoccupa il fatto che, in seguito alla delibera regionale dello scorso aprile relativa alle linee guida per il recupero delle liste d’attesa, alcune ASL del territorio abbiano accorciato la durata massima delle visite a una ventina di minuti. Vogliamo capire quali siano le ragioni e ne chiederemo conto in Consiglio Regionale. Lo stesso Ordine dei Medici ha espresso forte inquietudine per questa situazione.

Troviamo il concetto inaccettabile di per sé. Non ci sfugge il rischio che queste modalità di visita si rivelino pericolose e antieconomiche già sul medio periodo, con la probabile necessità di replicare alcuni appuntamenti e con l’eventualità di diagnosi errate. In una fase in cui l’età media della popolazione si alza e aumentano drammaticamente le patologie neurologiche ci aspetteremmo investimenti, non certo la riduzione dei tempi di visita. Non è questa la modalità corretta per migliorare le statistiche relative alle liste d’attesa regionali.

Gli invasi servono subito, la Giunta prenda atto che dobbiamo agire adesso per non accumulare ulteriore ritardo sui cambiamenti climatici in corso

Siccità drammatica e condizioni estreme: condizioni che potrebbero ripetersi sempre più frequentemente nei prossimi anni. Non possiamo attendere – come da risposta della Giunta al mio Question Time – i finanziamenti del PNRR: piuttosto, si portino avanti almeno alcuni dei progetti già pronti per dotarci al più presto di un’infrastrutturazione adeguata per la raccolta e la conservazione delle riserve idriche. I nostri comparti agricolo e industriale ce lo chiedono a gran voce.

Dal punto di vista climatico, questi primi 7 mesi di 2022 possono essere definiti eccezionali, ma verosimilmente nei prossimi anni si verificheranno nuovamente condizioni simili: dovremo non solo abituarci, ma prepararci a questa nuova “normalità”. L’infrastrutturazione dovrà essere adeguata a queste nuove caratteristiche climatiche, a partire da una dotazione sufficiente di invasi sul territorio.

Ho portato il tema in Consiglio Regionale con un Question Time appena discusso, chiedendo alla Giunta scelte chiare e tempi certi: per garantire un futuro nel quale le riserve idriche non siano un costante problema è necessario agire immediatamente. Diverse le ipotesi al vaglio, dalla val Soana alla Valle di Viù, per la costruzione di bacini idrici.

Dobbiamo fare in fretta: già a fine inverno, al lago Maggiore mancavano i due terzi dell’acqua; i metri cubi di neve accumulati sulle nostre montagne sono meno della metà rispetto alla norma; la portata del Po è dimezzata. Agricoltura, allevamento e industria stanno pagando un prezzo altissimo per questa situazione e, se questa situazione dovesse ripetersi nei prossimi anni, non potremo più dire che non si potesse prevedere.

Per arrivare preparati alle sfide climatiche dei prossimi anni, è necessario partire ora.

Assistenza domiciliare integrata: una popolazione sempre più anziana ne avrebbe assoluto bisogno, ma la nostra Regione è drammaticamente indietro

Scadono tra un mese, come da intesa Stato-Regioni dello scorso 4 agosto, i termini per attivare il sistema di autorizzazione e di accreditamento delle organizzazioni pubbliche e private per l’erogazione di cure domiciliari, ma al Piemonte mancano ancora una serie di passaggi necessari e urgenti per raggiungere questa finalità. In altre Regioni il sistema di compartecipazione pubblico e privato è invece già attivo e i cittadini sono già attualmente seguiti nel contesto delle loro abitazioni: la Giunta si dia da fare per recuperare il tempo perso. Il Piemonte, dalla popolazione sempre più anziana, è ad oggi tra le Regioni con le più basse percentuali di over 65 assistiti in ADI.

Chiediamo cure domiciliari all’altezza delle esigenze di una popolazione regionale sempre più anziana: a che punto è il Piemonte in termini di recepimento dell’intesa della Conferenza Stato-Regioni del 4 agosto scorso sull’autorizzazione e sull’accreditamento degli erogatori ADI pubblici e privati? L’ho chiesto poco fa alla Giunta con un’interpellanza e la risposta è stata preoccupante: siamo, a un mese dalla scadenza, in preoccupante ritardo. Ci importa poco identificare le colpe, né ci interessano rimpalli di responsabilità tra piazza Castello e Roma: ci interessa il bene dei piemontesi e ci auguriamo che la Giunta si attivi per recuperare il tempo perso.

In una delle Regioni più anziane d’Italia (attualmente sono 1 milione e 200mila i piemontesi over 64) sarà, per i prossimi decenni, fondamentale garantire alle fasce di popolazione più anziane una buona qualità della vita: la domiciliarità è o dovrebbe essere, in questo senso, strategica.

Lo scorso agosto la Conferenza Stato-Regioni ha sancito l’intesa sul percorso di autorizzazione e accreditamento per gli enti erogatori di cure domiciliari. I trattamenti medici, infermieristici e riabilitativi integrati con servizi socio-assistenziali dell’Assistenza Domiciliare Integrata rappresentano un bene fondamentale per i pazienti, soprattutto cronici e anziani, che necessitano di prestazioni di media-alta complessità e che spesso presentano anche fragilità sociali. Eppure l’Assistenza Domiciliare agli anziani continua a essere sottodimensionata rispetto ai bisogni di una popolazione che invecchia, con un conseguente aumento dei casi di cronicità, disabilità e non autosufficienza. Oggi il nostro Servizio Sanitario non è in grado di curare tutte queste persone negli ospedali. Per costruire un sistema sanitario più sostenibile è necessario aggiornare e potenziare il modello organizzativo e strutturale del Sistema Sanitario in modo da renderlo più vicino alle persone e ai nuovi bisogni di salute.

Legge sul Trasporto, basta parole: subito la riforma per un sistema davvero efficiente, capillare e accessibile

Chiediamo che la Giunta, che ha appena risposto alla nostra interpellanza sul tema e che ha più volte rivendicato una propria sensibilità sull’argomento, riferisca in Commissione su come e in quali tempistiche intenda agire: ci servono strumenti di legge in grado di garantire un sistema di trasporto che risponda davvero alle istanze di accessibilità e funzionalità da parte dei cittadini piemontesi.

La Legge Regionale numero 1 del 4 gennaio 2000 impone che “una quota non inferiore al 3 per cento delle risorse attribuite agli enti locali per l’esercizio del trasporto pubblico locale sia destinata a garantire accessibilità, fruizione e sicurezza dei mezzi adibiti al trasporto pubblico locale in tutti i suoi aspetti”. Anche stazioni, terminal e fermate dovrebbero essere pensate per i passeggeri con mobilità ridotta.

Aspettiamo la riforma del TPL da tempo. Abbiamo saputo da questa Giunta che non sono state previste risorse economiche da investire sulla fruibilità e sulla accessibilità del TPL, con la giustificazione che le competenze sono passate dal 2015 all’Agenzia della Mobilità Piemontese. Ma come può la Regione Piemonte non assumersi le responsabilità politiche di non far rispettare allora all’Agenzia (un consorzio nel quale anche la Regione Piemonte è presente in quanto soggetto aderente) delle disposizioni normative previste dalla legge?

Poco fa, rispondendo alla nostra interpellanza sul tema, l’Assessore Gabusi si è detto sensibile alla problematica.

La Giunta riferisca dunque al più presto in Commissione su come intenda attivarsi per far rispettare l’assunto delle previsioni normative ed eventualmente riformare la Legge Regionale sui Trasporti in modo che possa davvero rispondere alle esigenze di efficienza, capillarità e accessibilità, parametri ai quali dovrebbe adeguarsi il nuovo testo di una Legge che, pionieristica ai tempi della sua approvazione, necessita ora urgenti e sostanziali modifiche. Investire sull’accessibilità del trasporto pubblico non significa solo garantire i diritti delle persone con disabilità e degli anziani, ma risparmiare sul fronte del trasporto individuale.

Dramma siccità, servono nuovi invasi

Domani il mio Question Time in Consiglio Regionale per chiedere alla Giunta misure urgenti e un aggiornamento sui nuovi progetti, in particolare sull’ipotesi di costruzione di un invaso all’imbocco di Traves/Germagnano del ramo della Stura di Viù.

Qualche esempio per descrivere la gravità del problema: già a fine inverno, al lago Maggiore mancavano i due terzi dell’acqua. Nell’anno tipo i metri cubi di neve normalmente accumulati sulle nostre montagne sono 1.600: quest’anno la stima non supera i 620. La portata del Po è dimezzata. Agricoltura, allevamento e industria stanno pagando un prezzo altissimo per questa situazione. Con un Question Time che, sul tema, sarà discusso domani in Consiglio Regionale del Piemonte, chiediamo quali misure intenda mettere in atto la Giunta. Chiediamo in particolare un aggiornamento sull’ipotesi di costruire cinque nuovi invasi artificiali a scopo multiplo sul territorio piemontese e un focus specifico sul nuovo invaso all’imbocco di Traves/Germagnano del ramo della Stura di Viù.

Ci è ben chiara la necessità di una migliore pianificazione e gestione della risorsa idrica sull’intero territorio regionale per affrontare questa situazione di crisi. Auspichiamo un confronto tecnico coordinato dalla Regione con Smat, Città Metropolitana, Unioni Montane e Comuni interessati dalle opere.

Sono di competenza regionale le dighe inferiori ai 15 metri di altezza e con un invaso inferiore al milione di metri cubi. Attualmente gli sbarramenti idrici di competenza regionale, censiti nell’apposito catasto, sono circa 700, di varie dimensioni e utilizzati principalmente per l’irrigazione o la produzione di energia idroelettrica, ma anche per numerosi altri scopi.