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La crisi dell’abitare si supera soltanto sostenendo anche i piccoli proprietari

Anche chi conta sugli introiti dell’affitto di una seconda casa, magari acquistata con i risparmi di una vita, per il proprio sostentamento deve essere supportato dalle Istituzioni: contrapporre gli interessi suoi a quelli degli inquilini in difficoltà sarebbe l’errore peggiore. Non parliamo di cittadini ad alto reddito, né con alto tenore di vita: per costoro, il blocco degli sfratti fino a giugno 2021 rischia di risolversi in un contraccolpo tremendo.

Crisi della morosità, contrapporre gli interessi di (piccoli) proprietari e affittuari sarebbe un errore clamoroso. Se i dati relativi all’emergenza abitativa sono drammatici, altrettanto possono essere le difficoltà di chi dal canone per il proprio secondo o terzo immobile trae parte integrante del proprio reddito e sostentamento. Compito delle Istituzioni, a partire dal Comune, è sostenere entrambe le parti. Le spese non si interrompono per un proprietario che, a causa della crisi, non riceve più mensilmente il canone dal proprio inquilino; al contrario, il proprietario continua a dover far fronte all’IMU e alle altre spese; inoltre, il suo ISEE resta alto, escludendolo da una serie di benefici e strumenti di sostegno. Essere titolari di un secondo appartamento non significa automaticamente avere un alto tenore di vita; il mattone è spesso l’investimento per i risparmi di una vita. Il blocco degli sfratti fino a giugno 2021 rischia, per centinaia di piccoli proprietari, di risolversi in un contraccolpo tremendo e nell’impossibilità di andare avanti. Il rischio è che il ceto medio sul quale ancora si sostiene questo Paese sia ulteriormente depauperato. I dati descrivono in maniera inequivocabile una situazione di grave crisi: la morosità presso le case ATC è in crescita del 5% nell’ultimo anno, le liste d’attesa sono lunghissime, la pandemia ha ulteriormente peggiorato una situazione già preoccupante. 

Abitare, atc, Comune di Torino, IMU