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Raccolta differenziata, altro che “metterci la faccia”: Torino è sommersa di rifiuti, ecco il caso di via Paolo Veronese 260

Rifiuti, rifiuti, ancora rifiuti. Torino ne è sommersa. Ci sono zone della città in condizioni indegne. Ecco per esempio che cosa succede in via Paolo Veronese 260 (dove ha sede la chiesa del Ministero Cristiano El-Shaddai).

Poco più di un mese fa sono arrivati i bidoni Amiat per la raccolta differenziata. Tutto a posto, si direbbe: se non fosse che nessuno, da allora, è mai passato a svuotarli. Con buona pace delle campagne di comunicazione della Giunta, a colpi di slogan slogan come “Torino differenzia” e “Mettiamoci la faccia”. Diversi i tentativi, da parte dei responsabili della chiesa, di contattare, con telefonate e messaggi di posta certificata, gli uffici di Amiat: l’unico risultato raggiunto è stata la promessa di un sopralluogo che peraltro non si è mai svolto. Su consiglio della stessa Amiat, i bidoni sono stati spostati prima sull’altro lato della chiesa (via Reiss Romoli 291), poi di nuovo in via Paolo Veronese 260. Lo spostamento è servito a poco: l’immondizia è rimasta lì per altre due settimane. A oggi, i bidoni risultano ancora colmi di immondizia; altri sacchi di rifiuti si accumulano a terra. Naturalmente, alla luce dei nuovi conferimenti la situazione tende a peggiorare giorno dopo giorno. I cittadini sono esausti e non vedono interventi efficaci a fronte delle loro numerose segnalazioni. Se questa Giunta pensa di accompagnare così i cambiamenti di abitudini ai quali chiama i torinesi, sappia che difficilmente potrà mai avere successo. Non aiuta nemmeno il fatto che sempre di meno siano i cestini nei quartieri nei quali arriva la differenziata. In via Paolo Veronese ora ci sono sacchi, immondizie e addirittura una poltrona sull’asfalto: se questo è il modo di “differenziare” e di “metterci la faccia”, è un modo che ci preoccupa molto. Chiediamo e ci aspettiamo un intervento immediato.

Corso Racconigi 25 sommerso dalle masserizie

La denuncia degli inquilini: “Mobili e oggetti si accumulano e arrivano a sfiorare i balconi dei primi piani“. In corso le operazioni di svuotamento degli appartamenti da liberare: mobili, materassi, lavatrici e divani abbandonati sul corso, sulla perpendicolare via Foresto e negli spazi comuni. Che cosa aspetta ATC a prendere in mano la situazione?

Più simili a un deposito a cielo aperto che a caseggiati residenziali: in queste condizioni si presentano, da due settimane a questa parte, gli stabili del complesso ATC di corso Racconigi 25 angolo via Foresto a Torino. E la situazione peggiora ogni giorno che passa.

I rifiuti e i mobili sono depositati a terra da giorni e in certi punti arrivano quasi ai balconi dei primi piani” denunciano i residenti. Le operazioni per liberare gli appartamenti sono in corso, ma nessuno, evidentemente, ha pensato a dove collocare cassoni, armadi e poltrone.

Questa mattina stessa sono “spuntati” in via Foresto una lavatrice e un frigorifero: ecco la “sorpresa” che i residenti hanno trovato in seguito all’ultimo trasloco effettuato, in ordine di tempo, poche ore fa.

Molte le chiamate effettuate all’Amiat, tante le segnalazioni alla stessa ATC, al Comune di Torino e alla Municipale.

Nell’isolato compreso tra corso Racconigi, via Revello, via Foresto e via Chianocco, quartiere Cenisia, sono attualmente in corso le operazioni per liberare diverse unità abitative. Il trasferimento a scopo precauzionale delle famiglie residenti è stato deciso alla luce del rischio di cedimenti strutturali (le criticità sono emerse già nel 2018). Del tema mi sono occupato in questi anni sia in Consiglio Regionale sia in Consiglio Comunale con interpellanze e sopralluoghi. Adesso, la mia richiesta è che ATC gestisca la situazione e Amiat intervenga.

Ipotesi apertura Kastamonu, ci aspettiamo dalla Città Metropolitana assoluto impegno e puntuale supervisione a tutela della salute e dell’ambiente

Fare il “compitino” della mera applicazione di normative e parametri non è sufficiente: chiediamo che sia pienamente garantita la tutela dei cittadini e del territorio. A quel punto, saluteremo come un’ottima notizia, per le sue ricadute sull’economia del territorio, la ripresa dell’attività produttiva dell’azienda di Frossasco. Dopo l’analogo atto presentato in Consiglio Regionale, ho appena discusso anche in Consiglio Metropolitano un’interpellanza sul tema.

Pretendiamo garanzie per la salute dei cittadini e per il territorio: ho ribadito la mia richiesta discutendo in Consiglio Metropolitano, poco fa, la mia interpellanza relativa al progetto di ripristino degli impianti Kastamonu (ex Annovati e poi Trombini) a Frossasco (Torino). Ci auguriamo ora che la volontà di tutela di territorio e salute sia reale e che la Città Metropolitana non si limiti al “compitino” della mera applicazione, peraltro fondamentale, dei parametri ambientali previsti e che l’attenzione resti alta anche durante la prossima consiliatura. Non possiamo accettare che i diritti di chi fa impresa e di chi su un territorio risiede o lavora, magari nell’ambito dell’agricoltura e dell’allevamento, siano in contrasto. Con il rispetto di regole e parametri, la riapertura dell’azienda è un’ottima notizia. La settimana scorsa avevo discusso un atto analogo anche in Consiglio Regionale.

Ci auguriamo che, alle risposte della Consigliera Delegata Azzarà (peraltro puntuali), faccia seguito un impegno altrettanto puntuale e forte da parte della Città Metropolitana. Un impegno che ci auguriamo non si esaurisca con la sindacatura Appendino, ma che continui negli anni. Abbiamo avuto rassicurazioni sul fatto che parametri e normative di standard europeo saranno rigorosamente applicati. Vigileremo: chiediamo un reale ed efficace impegno per la tutela di ambiente e salute.

Ci chiediamo se – data la vicinanza di abitazioni, aziende agricole e allevamenti e considerata la natura di “nuovo insediamento” (il precedente procedimento di Trombini non si era concluso) – un nuovo stabilimento di quel tipo possa essere autorizzato.

I Moderati sostengono da sempre, come forza politica, chi fa impresa: siamo convinti che fare impresa in maniera matura significhi anche rispettare le norme e l’ambiente. È interesse della stessa Kastamonu liberare il campo da qualsiasi preoccupazione relativa a tutte le proprie attività produttive e di smaltimento. Chiediamo alle Istituzioni che le valutazioni siano fatte nella maniera più scrupolosa e che ai cittadini siano fornite, nella massima trasparenza, tutte le informazioni del caso. Il nostro obiettivo è che questo nuovo insediamento produttivo si integri senza traumi nell’ecosistema sociale ed economico esistente.  

L’impianto ex Annovati e poi Trombini a Frossasco, ora di proprietà Kastamonu, potrebbe ripartire dopo anni di inattività e dopo l’incendio della primavera del 2019: la multinazionale specializzata nella produzione di pannello per l’industria dell’arredamento ha presentato lo scorso 28 aprile, presso la Città Metropolitana di Torino, un progetto di ripristino dell’impianto di via Piscina 2-6.

Ripristinare subito la capienza massima al 100% sui bus turistici e consentire al turismo di ripartire

La Giunta Regionale, che ha appena risposto con molta prudenza al mio Question Time sull’argomento, faccia sentire la propria voce con il Governo e in Conferenza Stato-Regioni: l’attuale limite massimo al 50% è una zavorra che frena la ripresa del settore. Un fattore di carico all’80% (percentuale teoricamente in vigore per autobus, tram e treni, ma in pratica superata spesso e volentieri), richiesto dalle Regioni anche per i bus turistici, non sarebbe comunque sufficiente: sui bus turistici, peraltro, non esiste il rischio del superamento della capienza massima, dal momento che non si vendono biglietti in numero superiore rispetto ai posti disponibili. Da una Giunta che ripete continuamente parole come “ripartenza” e “ripresa” mi aspetto ora un impegno adeguato per ottenere il risultato in tempi brevi.

Tram e treni, autobus e metro viaggiano, dallo scorso 14 giugno, con l’80% di carico. La percentuale è peraltro puramente teorica, dal momento che, nei fatti, nessuno controlla ingressi e posti in piedi: sappiamo bene che, spesso, il carico effettivo è ben superiore.
Non ha senso che i bus turistici non possano superare la soglia del 50% del fattore di carico: ho chiesto alla Giunta, con un mio Question Time appena discusso a Palazzo Lascaris, di impegnarsi, in Conferenza Stato-Regioni e con il Governo, perché sia consentita l’operatività al 100% del carico. Con i bus mezzi vuoti, il turismo non riparte: anche questo è un fatto lampante. Da una Giunta che ripete continuamente parole d’ordine come “ripartenza” e “ripresa” mi sarei aspettato una risposta meno prudente di quella che ho appena ricevuto: puntare all’80% non è sufficiente. Mi aspetto ora un’interlocuzione incisiva con il Ministero da parte dell’Assessore Gabusi, entrambi espressione di Forza Italia, perché si arrivi al 100% del carico consentito.
La curva epidemica scende, percentuali sempre crescenti di popolazione sono coperte dai vaccini: non c’è ragione, rispettando tutte le misure di sicurezza, di non tornare a una piena operatività anche a livello di load factor. Solo così il turismo e l’incoming potranno ripartire davvero dopo un anno e mezzo di crisi terribile.

Superga a rischio chiusura, ma la Giunta Comunale sta (sostanzialmente) a guardare

Risposta abbottonatissima, poco fa in Consiglio Comunale, alla mia interpellanza sul tema: non una parola sulle realtà con le quali, secondo quanto riportato dai media cittadini, sono in corso interlocuzioni (Legionari di Cristo, Sermig); silenzio assordante anche relativamente alle prospettive religiose e di culto, che restano, fino a prova contraria, l’elemento cardine dell’attività della Basilica. Questo momento di difficoltà dovrebbe trasformarsi in un’occasione di rilancio e di valorizzazione di un monumento e di un simbolo che ovunque in Europa sarebbe al centro di una progettualità turistica poderosa. E da noi? Limitarsi a “fare il compitino” non basta più.

Di fronte al rischio di chiusura di Superga, la Giunta Comunale sta sostanzialmente a guardare. O per lo meno dà questa sensazione in Aula, rispondendo in maniera timida e abbottonatissima alla mia interpellanza sul tema, senza fare alcun riferimento agli ordini religiosi e alle realtà del privato sociale che, come pubblicato dagli stessi media cittadini, potrebbero essere interessati a subentrare e senza rivelare nulla, o quasi, della propria strategia.

Superga è un monumento e un simbolo della nostra città. Sul tema si dovrebbe riunire un grande tavolo interistituzionale, con la partecipazione non solo del Comune, ma della Città Metropolitana e della Regione, del Demanio e delle Fondazioni Bancarie. Questo momento di difficoltà dovrebbe essere trasformato, con un impegno degno di questo nome e proporzionato all’importanza della sfida, in un’occasione di rilancio per quel sito e quel simbolo, che ovunque in Europa sarebbe al centro di un indotto turistico enorme. Resto convinto che si possa fare anche a Torino.

Certo è che risposte prudenti sul tenore di “sono in corso interlocuzioni” non possono bastarci. Anzi, ci preoccupano profondamente. Mi auguro inoltre che, lungi dal voler trasformare Superga in una Basilica laica, si preservi e si valorizzi anche l’elemento religioso e di culto, che è fino a prova contraria quello principale della Basilica. Non abbiamo sentito una parola su chi garantirà nel futuro prossimo e meno prossimo le funzioni religiose, né sulla strategia esatta che la Città sta portando avanti.

Alla risposta interlocutoria della Giunta corrisponde la preoccupazione mia e dei torinesi. Mi auguro che ora la Giunta risponda con i fatti. Da parte nostra, vigileremo in tutte le sedi.