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Tag: Regione Piemonte

Sostegno agli inquilini morosi ATC percettori di Reddito di Cittadinanza, la partita è ancora aperta

La Giunta, stimolata dalla mia interpellanza sul tema, non esclude, come da mia richiesta, di pensare alla convocazione di un Tavolo per valutare la possibilità di modificare la normativa: attualmente, chi percepisce il reddito di cittadinanza deve versare una quota minima raddoppiata per accedere al Fondo Sociale (che è lo strumento per supportare gli inquilini in difficoltà nel pagamento del canone). Una vera e propria stangata. Con il mio atto chiedevo anche un ulteriore rinvio dei termini per il pagamento: da questo punto di vista, invece, la Giunta non ha lasciato spiragli. Il problema è emerso quest’anno: fino all’anno scorso gli inquilini percepivano il reddito di inclusione, che non influiva in modo determinante sull’imponibile.

C’è speranza per gli inquilini morosi ATC percettori di Reddito di Cittadinanza, sui quali quest’anno grava la stangata del raddoppio della quota minima richiesta per accedere al Fondo Sociale. La Giunta, stimolata da una mia interpellanza sul tema appena discussa a Palazzo Lascaris, ha dichiarato di non escludere, come da richiesta dei Moderati, di istituire un Tavolo di Confronto finalizzato alla modifica delle regole per l’accesso al Fondo Sociale. Non sembrano esserci possibilità, invece, per quanto riguarda un’ulteriore proroga dei tempi di pagamento, cosa che avrebbe permesso a un maggior numero di inquilini di mettere insieme la somma richiesta.
Gli inquilini morosi percettori di Reddito di Cittadinanza rischiano, al momento, di subire una vera e propria batosta, trovandosi nella condizione di dover versare una quota minima doppia rispetto agli anni precedenti (quando percepivano il reddito di inclusione) per accedere al Fondo Sociale, con il quale si supportano gli inquilini in difficoltà nel pagamento del canone.

Mi sono soffermato su questa misura proprio alla luce della pessima gestione del Reddito di Cittadinanza. Il numero di percettori di Reddito di Cittadinanza è altissimo specialmente a Torino. In Piemonte, i percettori sono 120mila per assegni mensili pari a 557 euro in media. Chi ha pensato il Reddito di Cittadinanza non è stato in grado di valutare e prevedere le conseguenze a cascata sui territori. La crisi economica è durissima e le persone a basso reddito o senza lavoro pagheranno il prezzo più alto. Ragionare su come il Fondo Sociale possa trovare una dimensione ancora più inclusiva è necessario e urgente. I Moderati continuano a dare un giudizio molto negativo sul Reddito di Cittadinanza, che si è dimostrato per molti versi un modello di assistenza distorsivo del mercato del lavoro.
Con il Fondo Sociale, istituito nel 2013, la Regione Piemonte fornisce aiuto agli inquilini in difficoltà nel pagamento del canone ATC o dei servizi accessori, a condizione che i cittadini morosi incolpevoli siano in possesso del giustificativo di pagamento della quota minima pari al 14% del reddito e che il loro ISEE non superi i 6.398,75 euro. La domanda di contributo da parte degli assegnatari deve essere presentata alle ATC o ai Comuni. La proroga al 30 settembre 2021, deliberata dalla Giunta, dei termini di pagamento della quota minima è stata una prima misura, ma da sola non è sufficiente: chi a stento riusciva a versare la quota minima (480 euro) ora si trova a dover versare una cifra doppia. Lo scorso anno in Piemonte sono state 6.358 le richieste di cancellazione dei debiti per una spesa di 7,3 milioni da parte della Regione: a causa degli effetti della pandemia quest’anno le domande aumenteranno.

La Giunta non approva l’Atto Aziendale modificato del Mauriziano: Scleroderma Unit al palo

Per procedere è necessaria l’approvazione, da parte della Giunta Regionale, della modifica che sancisce il passaggio dalla Struttura Semplice alla Struttura Complessa Universitaria dell’Ospedale, ma il tema non è mai stato discusso. Non compare all’ordine del giorno neppure della seduta odierna. Ho presentato un Question Time in Consiglio per sbloccare la situazione. Malati con il fiato sospeso.

Lo scorso marzo l’Ospedale Mauriziano ha modificato il proprio Atto Aziendale, recependo la richiesta di trasformazione della Struttura Semplice Dipartimentale Reumatologica in Unità Complessa Universitaria. Tale modifica deve essere approvata dalla Giunta Regionale, ma il tema non è mai stato discusso: neppure nell’ordine del giorno della seduta odierna c’è traccia di questo tema urgente. Urgente anche perché, senza questa approvazione, non può partire la Scleroderma Unit del Mauriziano, che sarebbe la dodicesima sul territorio nazionale dopo l’annuncio dello scorso dicembre. Era stata la Regione stessa a chiedere al Mauriziano tale modifica all’Atto Aziendale.

Ho presentato, sull’argomento, un Question Time a Palazzo Lascaris per chiedere alla Giunta per quali ragioni non abbia ancora approvato l’Atto Aziendale, modificato come da indicazioni della Commissione Paritetica Regione Piemonte-Università di Torino.

GILS (Gruppo Italiano per la Lotta alla Sclerodermia) ha assunto, in accordo con la Direzione Generale dell’Azienda Ospedaliera Ordine Mauriziano di Torino, l’impegno di ampliare l’assistenza sul territorio ai malati di sclerosi sistemica: un impegno che ha tutte le intenzioni di mantenere. 

La nuova Scleroderma Unit prevede un ambulatorio dedicato alle persone affette da sclerosi sistemica e un team specializzato per la cura di questa patologia, per la quale mancano biomarcatori affidabili. La richiesta all’Ospedale Mauriziano di trasformare in “Complessa Universitaria” la Reumatologia Ospedaliera risale allo scorso marzo. Da allora, la questione, passata di rinvio in rinvio, non è mai approdata in Giunta. 

Questa situazione sta creando grave disagio per i pazienti. Nella cura della sclerosi sistemica la diagnosi precoce e il follow-up sono fondamentali. In questi 15 mesi di pandemia molte cure e terapie sono state annullate o posticipate. Tutti buoni motivi per non perdere ulteriore tempo. La Giunta Cirio risponda presente.

Centri Diurni per Persone con Disabilità ancora a mezzo servizio

Operatori, caregiver e utenti sono tutti vaccinati, non perdiamo altro tempo: in una fase di riaperture, si riprenda al 100% anche questo servizio (attualmente attivo soltanto al 50%). Sul tema presenterò un atto in Consiglio Regionale del Piemonte per chiedere, da parte della Giunta, chiarezza e impegno.

Non possiamo più aspettare: operatori, caregiver e utenti dei Centri Diurni per Persone con Disabilità sono ormai tutti vaccinati e ci sarebbero dunque tutte le condizioni oggettive per garantire una piena ripartenza, al 100% della capienza. Attualmente queste strutture stanno funzionando solo al 50%. La questione è di assoluta priorità: sul tema presenterò al più presto un atto in Consiglio Regionale del Piemonte per chiedere alla Giunta di fare chiarezza. Le famiglie non possono più aspettare e chiedono di tornare a una situazione di piena e normale attività. Pur nell’assoluta comprensione delle esigenze dei gestori, non c’è ragione perché i Centri Diurni, le Comunità Alloggio e altre analoghe strutture non tornino a una piena operatività, come già stanno facendo o si accingono a fare, tra gli altri, ristoranti e bar, centri commerciali e centri ricreativi. I Centri Diurni svolgono un servizio fondamentale: la formula semi-residenziale garantisce l’erogazione di prestazioni sulla base di progetti individualizzati messi a punto con il coinvolgimento delle famiglie. In coerenza con la classe di fragilità, i Centri Diurni garantiscono attività socio-assistenziali, attività educative e attività riabilitative.

ASL di Torino, servizi odontoiatrici chiusi causa pandemia e non ancora ripristinati

Particolarmente grave la situazione presso la Casa della Salute Valdese, dove questo servizio è inattivo addirittura da marzo 2020: ho presentato un’interpellanza in Consiglio Regionale per chiedere la pronta risoluzione del problema.

Sospese i primi di marzo 2020 a causa del primo lockdown, le cure odontoiatriche presso la Casa della Salute Valdese non sono mai state ripristinate; poco migliore la situazione presso altre strutture della ASL di Torino, riattivate per poche settimane lo scorso autunno e poi a loro volta sospese in concomitanza con l’ingresso del Piemonte in Zona Rossa. Una sospensione che dura tutt’ora. Situazione che non si riscontra altrove in Piemonte: le altre ASL del territorio provinciale (vedi per esempio Pinerolo e Rivoli) e regionale, infatti, avevano riattivato le prestazioni odontoiatriche già dal maggio dello scorso anno. A Torino, le visite odontoiatriche sono attualmente le sole visite specialistiche che non si possono prenotare tramite il CUP. Una situazione che penalizza soprattutto le fasce di utenza con minori possibilità economiche, per le quali il privato è economicamente proibitivo. Ci sono persone che da mesi rinunciano a curarsi e a risolvere i propri problemi odontoiatrici, con conseguenze anche gravi. Rilevanti sono inoltre le ripercussioni sulle liste d’attesa, già attualmente molto lunghe. Lo scorso 8 settembre l’Assessore alla Sanità e la Direzione Generale dell’ASL Città di Torino avevano annunciato la riapertura dei servizi di odontoiatria pubblica presso gli ospedali e gli ambulatori, annunciando per il 14 settembre 2020 la riapertura delle sedi di corso Corsica, di corso Toscana, di via Monginevro, di via del Ridotto, di via Cavezzale e, successivamente, di via Pacchiotti e della Casa della Salute di via Silvio Pellico. Questo provvedimento è stato attuato in misura solo parziale e i due ambulatori poi effettivamente riaperti (corso Corsica e via Monginevro) sono stati nuovamente chiusi il 3 novembre 2020. Da allora nessun ambulatorio odontoiatrico ha ripreso, a nostra conoscenza, l’attività. La Regione Piemonte ha reso possibile la riapertura delle odontoiatrie sia private che pubbliche con l’utilizzo delle procedure e delle protezioni adeguate. Con la mia interpellanza chiederò alla Giunta quando riprenderanno le cure odontoiatriche presso le strutture dell’ASL Città di Torino e in particolare presso la Casa della Salute di via Silvio Pellico e per quale motivo a oggi non sia possibile programmare una visita odontoiatrica presso le strutture torinesi.

Consentire pienamente le visite dei familiari presso le strutture residenziali? Una questione di umanità, ma la Maggioranza in Regione dice no

Bocciato, con parere negativo della Giunta, il mio Ordine del Giorno che avrebbe impegnato la Giunta stessa a rivedere il protocollo per la ripresa in sicurezza delle visite.

Insensata bocciatura, poco fa in Consiglio Regionale, del mio Ordine del Giorno che chiedeva, attraverso un protocollo aggiornato, la piena ripresa in sicurezza delle visite dei familiari all’interno delle strutture residenziali, sociosanitarie e socioassistenziali: una misura di umanità alla quale questa Giunta ha dato parere negativo e rispetto alla quale i colleghi di Maggioranza hanno dato voto contrario. Le strutture e gli hospice che non consentono un accesso completo ai familiari sono ancora troppi. Sarà nostra cura segnalare le strutture che non vogliono dare piena applicazione alla normativa. Sappiamo bene che la responsabilità ultima grava sui direttori sanitari, ma alla stessa maniera ci auguriamo che si rendano conto dei danni che crea l’impossibilità di incontrare i propri cari. L’impatto negativo dell’assenza di interazioni umane e affettive sulla salute e sulle condizioni della persona è unanimemente riconosciuto. Una ricerca della Società Italiana di Neurologia dimostra che alcune forme di demenza sono peggiorate in 6 casi su 10 dopo un solo mese di chiusura delle strutture. Per mesi e mesi anziani e persone con disabilità hanno potuto vedere, se fortunati, i loro cari solo in videochiamata o dietro divisori di plexiglass. Attualmente, oltre il 96% delle RSA piemontesi è Covid-free. Il Ministero della Salute consente le visite dei familiari se tutti gli ospiti sono stati vaccinati e i visitatori sottoposti a tampone. Le RSA devono garantire una programmazione degli accessi nell’arco della giornata con modalità utili a evitare gli assembramenti, preferibilmente in spazi all’aperto.