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Tag: Commercio

Lungo Dora Napoli, Santa Giulia e altrove: impedire ai minimarket di comportarsi come bar da asporto aperti fino a tarda sera

Il Comune intervenga in deroga per anticipare – in zone cruciali della città – la chiusura di quelle attività che vendono birre e altri alcolici da frigo ben oltre l’orario di chiusura di bar e locali: evidente il rapporto di causa-effetto con assembramenti (che talvolta degenerano in risse) e abbandoni di vetro (per esempio sul Lungo Dora Napoli). Presenterò un’interpellanza in Comune.

Chiederò con un’interpellanza all’Amministrazione di intervenire in deroga e anticipare la chiusura – in zone come Aurora o Santa Giulia – di quelle attività che, in teoria presentandosi come minimarket, in pratica svolgono la funzione di distributori di bevande alcoliche fredde da asporto aperti 24 ore su 24 o quasi. Molte di queste attività sono veri e propri epicentri di degrado. Attorno a questi esercizi si formano, fino alle ore piccole della notte, assembramenti che talvolta degenerano in risse (vedi quanto successo domenica in zona Aurora). I vetri delle bottiglie – birra, superalcolici, vino – sono poi abbandonati a terra o direttamente nel fiume (vedi ancora Lungo Dora Napoli). La chiusura anticipata in alcune zone della città o comunque il divieto di vendere bevande da frigo dopo l’orario di chiusura dei normali esercizi di somministrazione sono misure necessarie. Presenterò, sul tema, un’interpellanza in Sala Rossa.

Corso Bramante 15/17, quanti interrogativi ancora senza risposta

Da ex concessionaria Fiat a ipermercato Esselunga: la delibera sul progetto di rifunzionalizzazione è passata in Sala Rossa (con i soli voti della sola Maggioranza), ma le domande in sospeso (e le preoccupazioni dei residenti) sono ancora molte. Il tessuto commerciale del quartiere può assorbire un nuovo “colosso” di questo tipo? Sono del tutto scongiurati i rischi per sanitari e ambientali (amianto, inquinamento)? Ho presentato un’interpellanza sul tema per rivolgere alla Giunta queste e altre questioni ancora.

Corso Bramante 15/17: dove fino a pochi anni fa si trovava una concessionaria Fiat, vedremo presto un nuovo ipermercato (Esselunga) dentro lo stesso edificio dov’è già presente Carrefour: sarà in grado il tessuto commerciale del quartiere di assorbire il colpo? Sono a rischio posti di lavoro? Quanti? Possiamo liquidare come prive di fondamento, in maniera inequivocabile e convincente, le voci che farebbero pensare a una presenza di amianto? Se invece questo pericoloso materiale è davvero presente, lo è in che quantità? Dai necessari lavori di rifunzionalizzazione della struttura possono nascere, come temono i residenti, rischi di inquinamento atmosferico e di falda? Questi e altri interrogativi rivolgerò prossimamente alla Giunta in Sala Rossa: ho infatti appena presentato un’interpellanza sul progetto di rifunzionalizzazione con ristrutturazione edilizia e cambio di destinazione d’uso del fabbricato esistente. Il provvedimento è stato approvato in Sala Rossa con i soli voti dei 5 Stelle: quegli stessi 5 Stelle che, cinque anni fa in campagna elettorale, ben diversamente promettevano di comportarsi in tema di tutela del piccolo commercio. Mesi fa un’interpellanza sullo stesso argomento fu presentata e discussa da parte di Diego Giacobbi, residente molto attivo che continua a occuparsi del tema: mi auguro che, questa volta, le risposte dell’Amministrazione siano più convincenti e puntuali di quelle fornite nel 2019.

“Centro Aperto” addio? Notizia da festeggiare

“Centro Aperto” è sempre stato un progetto assurdo e oggi che è stato definitivamente e ufficialmente abbandonato i Moderati festeggiano.

Non provino i Cinque Stelle a fare riferimento al COVID per giustificare questo esito, che si spiega semplicemente con la loro totale incapacità di portare a casa risultati che ritengono fondamentali (cosa che coincide spesso, come in questo caso, con il bene del città). “Centro Aperto” avrebbe affossato il commercio del centro senza portare alcun vantaggio dal punto di vista ambientale, in quanto misura concepita con il fine di fare cassa. Oggi accogliamo con gioia la notizia del dietrofront della Giunta.

Il mistero della certificazione (mancante) dei dehors

Non risultano, in Italia, fornitori in grado di rilasciare le certificazioni CE per gli ombrelloni, richieste come necessarie dal Comune di Torino: decine e decine di pratiche sarebbero dunque attualmente bloccate presso gli uffici. Danni economici gravissimi per i gestori dei locali e per i professionisti – geometri e architetti – ai quali si sono rivolti: porterò il tema in Sala Rossa con un’interpellanza.

Il nuovo Regolamento per dehors e padiglioni è stato approvato e la delibera straordinaria e temporanea per l’occupazione del suolo pubblico è in vigore: ma decine e decine di pratiche per la collocazione di ombrelloni si sono “arenate” presso gli uffici della Città. Lo fanno sapere geometri e architetti, che riferiscono che tutte le pratiche relative a ombrelloni per dehors da loro protocollate a partire dallo scorso gennaio sono state bloccate in quanto prive di certificazione CE, richiesta come condizione imprescindibile. Non risulterebbero, su tutto il territorio nazionale, fornitori in grado di rilasciare certificazioni di questo tipo: tutto ciò corrisponde al vero? Se sì, la Città di Torino si troverebbe nell’impossibilità di garantire l’approvazione dei dehors. Il danno economico, per i gestori dei locali e per gli studi di geometri e architetti, è ingente. Chiederò alla Giunta, con un’interpellanza già depositata e la cui discussione è prevista per lunedì 21 settembre, come intenda sbloccare questa situazione di stallo.

«La storica edicola di via Pietro Micca 20? La vendiamo al Comune a un prezzo simbolico, purché non sparisca»

L’appello della famiglia Rota: «Gestiamo da trent’anni questa struttura, un’attività nata alla fine dell’Ottocento: ma ora per noi continuare l’attività è impossibile e non sappiamo se troveremo un privato interessato a rilevarlo. Disponibili a cederla al Comune a un solo euro». Silvio Magliano, Capogruppo dei Moderati in Comune: «Tema di cui mi sono occupato a lungo, ottenendo una riduzione degli oneri. Ma non è sufficiente. Il Comune risponda presente. Almeno questa volta. Se necessario, l’euro lo mettono i Moderati».

Rischia di trasformarsi da storico punto di riferimento a luogo di abbandono, l’edicola di via Pietro Micca 20. L’attività esiste dalla fine dell’Ottocento, da trent’anni è gestita dalla famiglia Rota: famiglia Rota che però, oggi, non crede di poter continuare l’attività; la crisi dei prodotti editoriali cartacei è durissima; troppo morbidi e timidi sono stati, invece, i tentativi di contromisure da parte dell’Amministrazione Civica.
Giuseppe Rota e Filomena D’Errico, da trent’anni gestori dell’attività, dichiarano: «Siamo arrivati, forse, al capolinea. Gestire un chiosco edicola è diventato sostanzialmente impossibile: imposte e tributi sono più gravosi rispetto a quelli in capo ai negozi, che – a differenza delle edicole – possono di contro variare la propria categoria merceologica. Siamo costretti a chiudere: troveremo un privato interessato a rilevare l’attività? Non vorremmo che questa storica struttura nel cuore della città diventasse, da storico punto di riferimento, luogo di abbandono o di degrado. Per questo, in assenza di altri compratori, siamo disponibili a cederla al Comune a un prezzo simbolico, purché sia valorizzata». 
Silvio Magliano, Capogruppo dei Moderati in Sala Rossa, si unisce all’appello: «Una storia significativa dei tempi che stiamo vivendo. Le misure finora messe in campo dall’Amministrazione si sono rivelate assolutamente insufficienti. Questa volta almeno, la Città di Torino risponda presente. Le edicole non sono soltanto attività commerciali da sostenere, a maggior ragione in questa fase storica di crisi, ma anche elementi che, se attivi, costituiscono una barriera contro desertificazione e degrado. Su questo tema mi sono battuto in questi anni, ottenendo risultati in tema di riduzione degli oneri. Ma non è sufficiente. Mi auguro che da questa vicenda nasca un bando di idee sulle edicole, capace di coinvolgere le strutture del centro, per esempio con finalità turistiche, e quelle delle periferie, magari con finalità sociali». 
Chi vende prodotti editoriali in un chiosco edicola non solo affronta una tassazione particolarmente pesante, ma – nei casi di chioschi ospitati sotto i portici – deve versare una quota al condominio proprietario delle colonne. In caso di chiusura definitiva dell’attività, gravano sul gestore l’obbligo (con relativi oneri) di smantellare il chioschi. Ecco perché, per chi decide di interrompere la propria attività, anche mettere in atto questo proposito risulta spesso economicamente insostenibile.
Famiglia RotaSilvio Magliano