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Giù le mani dal Museo Lombroso

Apprendiamo della boutade di un Parlamentare che, evidentemente in cerca di visibilità personale, ne chiede la chiusura, parlando di “razzismo scientifico”. Caro Senatore De Bonis, compito di questo Museo (e di qualsiasi altro Museo) non è celebrare una qualsivoglia teoria (in questo caso, peraltro, non più considerata valida da nessuno), ma testimoniare una fase della nostra storia giuridica.

Il Museo di Antropologia Criminale Cesare Lombroso non si chiude. Per una ragione molto semplice: l’esposizione di via Pietro Giuria 1 a Torino non serve “ad avvalorare una teoria”, come scrive il Senatore De Bonis nel suo atto presentato al Ministro della Cultura, ma a testimoniare una fase della nostra storia giuridica. Il Senatore De Bonis cerchi altre modalità più utili e meno stucchevoli per ottenere quella visibilità di cui sente, evidentemente, così tanto bisogno. Le teorie di Lombroso sono ormai unanimemente considerate pseudoscientifiche: compito dell’istituzione-museo non è certo promuovere una teoria che la stessa storia, oltre alla comunità scientifica, ha da tempo smascherato come priva di qualsiasi fondamento, ma narrare in maniera concentrata e fruibile un pezzo della nostra storia giuridica. Raccontare e sostenere sono, per fortuna, concetti molto diversi.

La Prefettura ci ripensi: sia consentita l’organizzazione delle Feste di Via

Arriva il “No” della Prefettura di Torino nei confronti di questi eventi all’aperto: le feste di corso Traiano e di Borgo Po, in programma per domenica 16 maggio, sono già state cancellate. Nulla però, nella normativa anti-Covid, impedirebbe manifestazioni di questo tipo, di per sé perfettamente sicure: auspichiamo un ripensamento, privare il commercio di vicinato di una simile opportunità di promozione sarebbe, in questa fase di ripartenza, imperdonabile.

Feste di Via, c’è il “No” della Prefettura. Le feste di corso Traiano di Borgo Po, teoricamente in calendario per domenica 16 maggio, sono già state annullate. 

La normativa anti-Covid non vieta, però, l’organizzazione di questo tipo di eventi. Ci auguriamo dunque che il veto della Prefettura possa essere riconsiderato già dalle prossime ore. Per tutta una serie di buone ragioni.

Il commercio di vicinato e gli esercizi di somministrazione – dai negozi ai bar, dalle boutique ai ristoranti, dalle botteghe artigiane alle pizzerie – hanno assoluta necessità di avvantaggiarsi di questi momenti di promozione in questa fase di ripartenza. Le Feste di Via sono sicure da tutti i punti di vista. Gli organizzatori garantiscono tutti i controlli del caso e tutte le misure necessarie. 

Nessuna normativa vieta le Feste di Via, né lo fa il Decreto attualmente in vigore: è esplicitamente menzionato nelle FAQ del Governo, semmai, il divieto di organizzare sagre, fiere ed eventi commerciali locali. Ma le Feste di Via sono eventi di natura molto diversa, assimilabili, piuttosto, ai mercatini programmati quali Balon e StraMercatino (che infatti non hanno interrotto l’attività). Anzi, rispetto a questi ultimi le Feste di Via, che hanno programmazione semestrale, non prevedono neanche lo spostamento, da parte dei commercianti che partecipano, su spazi terzi. Permettere l’organizzazione di manifestazioni di richiamo in varie zone della città significa anche offrire ai torinesi opzioni diverse rispetto al solo centro storico e ai soli parchi cittadini, contribuendo così a evitare un eccessivo afflusso di pubblico presso questi ultimi.

Una Festa di Via altro non è che la pedonalizzazione domenicale di una via cittadina per 12 ore con coinvolgimento su suolo pubblico all’aperto di negozi in sede fissa, bancarelle e operatori del proprio ingegno. Gli accessi sono controllati e, se necessario, possono essere contingentati. Il Governo stesso, per bocca del Presidente Mario Draghi, ha più volte ribadito che le attività all’aperto sono assolutamente sicure. Privare il commercio cittadino di una simile opportunità dopo mesi di fatica e sacrifici sarebbe imperdonabile. Auspichiamo un ripensamento da parte della Prefettura, affinché le Feste di Via si possano organizzare già dalle prossime settimane.

Myanmar verso la catastrofe umanitaria, anche il Piemonte faccia sentire la propria voce

Oltre cento giorni di crisi durissima, violenza e repressione, quasi 800 morti dal golpe dello scorso 1° febbraio, la prospettiva di un ulteriore peggioramento delle condizioni di vita per la popolazione, con milioni di persone che rischiano di essere ridotte alla fame: di fronte a tutto questo, anche le Istituzioni locali dei Paesi europei devono far sentire la propria voce. Il Piemonte non faccia eccezione: con un Ordine del Giorno, chiedo al Consiglio Regionale di prendere una ferma posizione di condanna.

È necessaria una condanna globale nei confronti di quanto sta accadendo in Myanmar/Birmania dallo scorso 1° febbraio, data del golpe da parte dell’esercito. Questa condanna deve coinvolgere anche le Istituzioni locali dei Paesi europei. A partire dalla Regione Piemonte: ho presentato in Consiglio Regionale un Ordine del Giorno per chiedere da parte della Giunta e del Presidente Cirio non solo una ferma condanna nei confronti del colpo di stato, ma anche l’esplicita richiesta di fermare ogni forma di repressione contro i cittadini, di rilasciare i manifestanti arrestati, di revocare ogni forma di blocco delle comunicazioni e delle connettività e di garantire il pieno accesso al Myanmar/Birmania per gli osservatori internazionali.

Lo scorso 1° febbraio in Birmania/Myanmar si sarebbe dovuto insediare il Parlamento eletto con le elezioni generali dell’8 novembre 2020, vinte dalla Lega Nazionale per la Democrazia (LND, 83,6% dei seggi). La mattina stessa il Tatmadaw (esercito birmano), guidato dal comandante in capo generale Min Aung Hlaing, ha estromesso, con un colpo di Stato, il Governo, proclamando lo stato di emergenza per un anno. Il Parlamento, la magistratura e le istituzioni civili sono state sottoposte a un controllo militare diretto. Da quel momento, sono iniziate per il Myanmar/Birmania settimane di violenza e crisi terribili. Si allunga quotidianamente la lista dei cittadini, dei manifestanti, degli intellettuali uccisi, imprigionati o torturati. Sono quasi 800 i civili uccisi in oltre 100 giorni di crisi: nonostante la violenza, le proteste continuano. 

Interi settori dell’economia sono paralizzati. Le tensioni e gli scontri tra esercito e diversi gruppi etnici si sono intensificati. In molte zone del Paese manca tutto: lavoro, medicine, cibo. Il rischio è l’esplosione di una terribile crisi alimentare, nelle prossime settimane, nelle zone più vulnerabili e povere del Paese. A rischiare la fame sarebbero milioni di persone. L’inflazione cresce a ritmi preoccupanti. L’interruzione dei flussi bancari ha accresciuto il pericolo per la popolazione di sprofondare nella miseria: le rimesse inviate dalla diaspora di 4 milioni di birmani all’estero costituiscono infatti un introito irrinunciabile per milioni di persone. Il golpe potrebbe condurre rapidamente verso il collasso dello Stato birmano. Nel frattempo, il Tatmadaw sta bombardando territori abitati da popolazioni Kachin e Karen. Di fronte a tutto questo, la Regione Piemonte deve far sentire la propria voce e prendere esplicitamente e ufficialmente posizione. Auspico dunque che i colleghi Consiglieri votino a favore del mio atto.

La mia richiesta in Regione: screening gratuiti per la malattia di Chagas

Con i flussi migratori questa parassitosi originaria ed endemica in America Latina, in alcuni casi mortale, è da anni presente anche in Italia: la sua trasmissibilità materno-fetale rende a maggior ragione fondamentale la diagnosi precoce, volta a prevenire la trasmissione e a curare i neonati colpiti. Il tasso di guarigione a seguito del trattamento si avvicina al 100% nei primissimi anni di età, per poi ridursi sensibilmente nelle età successive. Sul tema, ho presentato un Ordine del Giorno in Consiglio Regionale per chiedere che il Piemonte segua l’esempio di Toscana e Lombardia introducendo per questa malattia screening gratuiti nei propri protocolli sanitari. 

Si introduca nei protocolli sanitari del Sistema Sanitario Regionale lo screening gratuito per la malattia di Chagas: lo chiedo alla Giunta Regionale con un Ordine del Giorno che ho depositato a Palazzo Lascaris. A causa dei movimenti migratori della popolazione latinoamericana verso altri continenti, la malattia di Chagas è comparsa anche in aree non endemiche, tra le quali diversi Paesi europei, Italia compresa. Altre Regioni (Toscana, Lombardia) si sono già mosse nella direzione di un’azione di prevenzione e screening della malattia di Chagas.   
Se la malattia di Chagas è spesso asintomatica nella prima fase e nella fase latente successiva (della durata di anni), circa il 30% delle persone infette sviluppa in seguito complicazioni debilitanti quali la cardiopatia di Chagas e disfunzioni del tratto gastrointestinale. La causa più comune di morte legata al Chagas negli adulti è lo scompenso cardiaco. Si stima che circa 8 milioni di persone siano colpite da questa parassitosi, con più di 10 mila morti ogni anno.  

L’Italia è, a livello europeo, il secondo Paese per popolazione di origine latinoamericana. Sono circa 400mila le persone di origine latinoamericana residenti nel nostro Paese; i residenti in Piemonte di origine latinoamericana sono circa 25mila. Anche in una fase di pandemia come quella che stiamo vivendo è fondamentale mantenere alta l’attenzione sulle patologie diverse dal Covid, malattia di Chagas compresa.

Non si abbandoni e non si trasferisca il Liceo Erba

Mi associo all’appello e faccio mie le parole di Gian Mesturino, Presidente e Direttore Artistico della Fondazione Teatro Nuovo, appena intervenuto in Commissione in Consiglio Regionale: il Liceo Erba deve rimanere a Torino e nell’attuale sede.

Il Liceo Coreutico, scuola paritaria, è un’eccellenza e un vanto per il nostro territorio, fin dal tempo della sua fondazione (nacque nel 1995, primo e all’epoca unico nel nostro Paese). L’attuale incertezza sulla collocazione della sede è una situazione che non possiamo accettare. Anche la Regione deve fare la sua parte, sostenendo il Liceo, con i suoi docenti, i suoi studenti e la sua storia. Nessuna delle ipotesi attualmente al vaglio per la nuova sede è percorribile: parliamo di strutture inadeguate, per le quali sarebbero necessari interventi costosi. Non possiamo permettere che il Liceo Erba sparisca o sia ridimensionato nel nome dell’efficientamento economico e della miopia delle Istituzioni.