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Cancel culture in salsa torinese? Cambiare i nomi alle vie è sbagliato concettualmente e improponibile nella pratica

In una città nella quale 40mila persone si rivolgono alla Caritas in un anno, altre dovrebbero essere le priorità: sostegno alla povertà, appunto, servizi per le famiglie e per gli anziani, risposte alle esigenze delle persone con disabilità.

La cancel culture? Esiste eccome. La si può “incontrare” anche a Torino, in via Tripoli come in piazza Massaua, in piazza Bengasi e in piazzale Adua. Cancellare o cambiare i nomi delle strade e delle piazze è una proposta priva di senso. La modifica del nome di questi sedimi è sbagliata da tutti i punti di vista. Anzitutto è impensabile dal punto di vista amministrativo ed è improponibile dal punto di vista pratico, data la quantità infinita di problemi che creerebbe ai residenti. Riteniamo che le priorità della Giunta, in una Torino messa in ginocchio dalla crisi, dovrebbero essere piuttosto il sostegno alla povertà (40mila cittadini si sono rivolti lo corso anno alla Caritas), i servizi per le famiglie e per gli anziani, le risposte alle esigenze delle persone con disabilità. Non è eliminando nella nostra toponomastica la memoria di un’epoca storica che ne cancelleremo anche gli errori e i crimini. Che cosa aveva pensato l’attuale Assessore alle Politiche Sociali della Città di Torino quando, in un recente passato, era stata avanzata la proposta di cambiare nome a corso Unione Sovietica? Ha forse cambiato idea nel frattempo? Saremmo curiosi di saperlo.

cancel culture, Comune di Torino, Regione Piemonte