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Autore: Redazione sito

La Tangenziale Est è una priorità per il nostro territorio

Considero di buon senso la proposta, avanzata dall’Onorevole Giacometto, di inserire come condizione per potersi aggiudicare la gestione del sistema autostradale tangenziale torinese la chiusura a est dell’anello. L’infrastruttura, esclusa dal Recovery Plan della Regione e della Città Metropolitana, è fondamentale per la mobilità a est di Torino, attualmente penalizzata da una rete stradale totalmente inadeguata. Come Moderati continueremo a chiedere con forza a tutti i livelli istituzionali la realizzazione di quest’opera strategica.

La Tangenziale Est serve come il pane al nostro territorio: come Moderati abbiamo a più riprese posto questo tema con forza sia in Consiglio Regionale sia in Consiglio Metropolitano. L’Osservatorio Territoriale Infrastrutture Nord-Ovest di Confindustria ha inserito la Tangenziale Est tra le opere finite in coda al dibattito pubblico e politico. Lo stesso deputato Carlo Giacometto ha lanciato un appello affinché l’opera torni ai vertici dell’agenda politica regionale e nazionale. La sua proposta di vincolare l’assegnazione del possibile nuovo bando per la gestione del sistema autostradale tangenziale torinese alla realizzazione dell’opera è ragionevole e di assoluto buon senso. I Moderati continueranno a chiedere in tutti i Consigli presso i quali sono rappresentati la realizzazione di un’opera che manca nel Recovery Plan della Regione Piemonte e della Città Metropolitana di Torino e che da troppo tempo non è al centro del dibattito politico. Lo studio di fattibilità esista dal 2009. Nel frattempo, sulle nostre strade collinari e precollinari i problemi continuano a non essere risolti. Solo realizzando questi 22 chilometri di strada potremo sgravare la locale rete di strade dai mezzi pesanti (e inquinanti). Insieme a noi, chiedono questo intervento il tessuto imprenditoriale, i residenti, le prospettive stesse di un territorio che deve affrontare tutte le criticità connesse al transito di mezzi pesanti su una rete stradale attualmente non strutturata per quel tipo di traffico. 

Consentire pienamente le visite dei familiari presso le strutture residenziali? Una questione di umanità, ma la Maggioranza in Regione dice no

Bocciato, con parere negativo della Giunta, il mio Ordine del Giorno che avrebbe impegnato la Giunta stessa a rivedere il protocollo per la ripresa in sicurezza delle visite.

Insensata bocciatura, poco fa in Consiglio Regionale, del mio Ordine del Giorno che chiedeva, attraverso un protocollo aggiornato, la piena ripresa in sicurezza delle visite dei familiari all’interno delle strutture residenziali, sociosanitarie e socioassistenziali: una misura di umanità alla quale questa Giunta ha dato parere negativo e rispetto alla quale i colleghi di Maggioranza hanno dato voto contrario. Le strutture e gli hospice che non consentono un accesso completo ai familiari sono ancora troppi. Sarà nostra cura segnalare le strutture che non vogliono dare piena applicazione alla normativa. Sappiamo bene che la responsabilità ultima grava sui direttori sanitari, ma alla stessa maniera ci auguriamo che si rendano conto dei danni che crea l’impossibilità di incontrare i propri cari. L’impatto negativo dell’assenza di interazioni umane e affettive sulla salute e sulle condizioni della persona è unanimemente riconosciuto. Una ricerca della Società Italiana di Neurologia dimostra che alcune forme di demenza sono peggiorate in 6 casi su 10 dopo un solo mese di chiusura delle strutture. Per mesi e mesi anziani e persone con disabilità hanno potuto vedere, se fortunati, i loro cari solo in videochiamata o dietro divisori di plexiglass. Attualmente, oltre il 96% delle RSA piemontesi è Covid-free. Il Ministero della Salute consente le visite dei familiari se tutti gli ospiti sono stati vaccinati e i visitatori sottoposti a tampone. Le RSA devono garantire una programmazione degli accessi nell’arco della giornata con modalità utili a evitare gli assembramenti, preferibilmente in spazi all’aperto. 

Occasione persa: a oggi la normativa sull’autorecupero non è nei fatti applicata dalle ATC piemontesi

Che le ATC abbiano al momento fatto, sul tema, poco o nulla è emerso con evidenza dalla risposta che ho ricevuto, poco fa in Consiglio Regionale, alla mia interpellanza. Questa è un’opportunità che ci stiamo lasciando sfuggire: un bene immobile ristrutturato o reso più accessibile non solo diventa più fruibile per l’inquilino, ma aumenta il proprio valore a vantaggio dell’ente proprietario. La Regione metta più risorse perché questa possibilità non resti solo sulla carta, le ATC comincino ad affrontare seriamente la questione stabilendo modalità e procedure anche in un confronto con i sindacati degli inquilini.

La normativa regionale sull’autorecupero degli appartamenti ATC non è, di fatto, applicata: la risposta della Giunta alla mia interpellanza sul tema conferma una situazione di sostanziale immobilismo. Spiace che ATC Piemonte Centrale affermi di non aver ricevuto domande per la realizzazione di lavori in autorecupero da parte di inquilini di propri alloggi, quando abbiamo notizia di diversi casi di domande rimaste senza esito per l’eliminazione di barriere architettoniche e di solleciti ignorati da parte degli Uffici preposti. Ribadiamo la richiesta di ulteriori risorse affinché le possibilità previste dalla normativa non restino tali soltanto sulla carta, ma sia garantito il rimborso dei costi anticipati dagli assegnatari (sul tema un emendamento dei Moderati, relativo nello specifico all’abbattimento delle barriere architettoniche, è stato respinto) o almeno, in alternativa, la riduzione del canone fino al raggiungimento dell’importo anticipato dal locatario. Queste sono infatti le possibilità previste dalla normativa.

Presenterò una richiesta di accesso agli atti per sapere che fine abbiano fatto, tra le altre, due richieste inviate ad ATC Piemonte Centrale da parte di inquilini torinesi, una relativa a via Pietro Cossa 280/37B e una a via Luserna di Rorà 11/1, entrambe per l’abbattimento di barriere architettoniche. ATC Piemonte Nord non ha ancora pubblicato bandi per l’autorecupero, né svolto azioni a tal fine. ATC Piemonte Sud comunica 19 casi formalizzati, ma vorremmo capire esattamente che tipo di interventi siano stati fatti rientrare in questa statistica. 

Lo stesso SICET (Sindacato Inquilini Casa e Territorio) si sta impegnando a sostegno degli inquilini, sollecitando dalla Regione e dalle Agenzie risposte puntuali. A Torino e provincia risultano 2mila alloggi “di risulta”, di piccola e media metratura, che hanno bisogno di manutenzione per essere rimessi a norma ed essere quindi nuovamente utilizzabili. Con la piena e corretta applicazione della Legge Regionale sull’Autorecupero degli alloggi carenti di manutenzione da parte degli assegnatari non soltanto assicureremmo una soluzione abitativa a un gran numero di cittadini, ma riconosceremmo il principio per il quale la persona assegnataria può gestire e valorizzare un bene pubblico quale la casa popolare, migliorando l’accessibilità degli spazi e la qualità dell’abitare. 

Defibrillatori, serve un totale cambiamento culturale

Questi dispositivi possono salvare vite umane: dalla discussione in Consiglio Regionale della mia interpellanza sul tema, emerge chiaramente la necessità di cambiare l’approccio, passando da un sistema in cui registrazione, manutenzione e controlli sono spesso lasciati all’iniziativa del soggetto proprietario a una piena supervisione istituzionale. Controlli di mera forma non sono sufficienti, il numero totale dei DAE sul territorio ci sfugge perché non tutti sono registrati, non ha senso che i soggetti proprietari di questi dispositivi non abbiano obblighi precisi riguardo la loro manutenzione. Il defibrillatore deve diventare, nella prassi e nella percezione, uno strumento pienamente “quotidiano”, come l’estintore o la cassetta di primo soccorso.

I defibrillatori – per svolgere al meglio il loro compito, che è salvare vite umane – devono entrare a pieno titolo nella “quotidianità”: esattamente come gli estintori e le cassette di primo soccorso. Quanto lontani siamo da un simile obiettivo è emerso con chiarezza dalla risposta che ho ricevuto poco fa a Palazzo Lascaris alla mia interpellanza sul tema. 

Serve un cambio culturale: la responsabilità del controllo deve essere pienamente in mano alle Istituzioni. Disseminare dispositivi sul territorio, di per sé, non basta, se poi non siamo in grado di sapere esattamente dove questi si trovino e se siano nelle condizioni di essere usati. Non bastano controlli solo formali; serve invece un nuovo approccio sistematico, che preveda la gestione da parte istituzionale e obblighi precisi da parte dei soggetti possessori dei dispositivi.

Al momento, non sappiamo esattamente quanti siano i defibrillatori disponibili sul nostro territorio, dal momento che, per esempio, quelli non registrati sfuggono a questa contabilità. Il monitoraggio sulle condizioni delle batterie e sulla manutenzione dei dispositivi non può essere lasciato alla libera iniziativa di chi detiene il possesso del dispositivo.

Quanto al 118, riteniamo che la Centrale debba, e non solo possa, in tutti i casi di emergenza fornire indicazioni precise sulla collocazione dei defibrillatori. Non ci risulta che questo accada sempre e vorremmo avere una statistica precisa a riguardo. Urge inoltre una mappatura dei defibrillatori nelle scuole e un controllo sistematico di quelli presenti negli impianti sportivi. Le volanti delle Forze dell’Ordine con un defibrillatore a bordo dovrebbero essere allertate ogni volta che si verifica un’emergenza. Non ci risulta che l’app attualmente in uso in Piemonte, FlagMii, geolocalizzi questi dispositivi sul territorio. Non vogliamo più scoprire, dopo una tragedia, che c’era un defibrillatore disponibile nel raggio di poche decine di metri.

Finché questo cambio di mentalità e di approccio non si sarà completato, non potremo dirci pienamente protetti e garantiti e le potenzialità della rete di defibrillatori sul nostro territorio non saranno pienamente sfruttate. 
NUMERIA oggi risultano registrati 2.272 dispositivi, dei quali 20 figurano “in manutenzione” e 37 “attualmente non disponibili”. La morte cardiaca improvvisa rappresenta circa il 10% delle morti totali in Italia. Il tasso di sopravvivenza in assenza di manovre salvavita è bassissimo (circa il 5%), ma la defibrillazione precoce può triplicare la possibilità di sopravvivenza.

Torino perde un altro pezzo della propria storia: la Scuola di Applicazione di Torino diventa biennale

A partire dall’Anno Accademico 2023-24 il triennio, equivalente a una laurea magistrale, perderà un anno a favore del ciclo immediatamente precedente (l’Accademia Militare di Modena). Ridimensionata in proporzione la presenza di studenti e docenti nella nostra città, con relativo indotto.

Un altro piccolo ma importante pezzo di storia abbandona Torino: il corso di laurea della Scuola di Applicazione di via Arsenale passerà da triennale a biennale nel corso di due anni accademici. Inesorabile la necessità di allineare anche la formazione militare alle tempistiche e ai calendari della formazione universitaria, necessità di fronte alla quale l’Amministrazione non è al momento stata in grado di agire per mantenere il triennio nella sua interezza a Torino. Ci resterà dunque il solo biennio necessario al conseguimento della laurea magistrale in Scienze Strategiche. Il tema è stato oggetto di una mia interpellanza appena discussa in Consiglio Comunale.

Vedremo dunque ridimensionata, almeno in senso quantitativo, un’importante sede di formazione per le future generazioni di professionisti della difesa nazionale, nonché un rilevante pezzo della nostra storia e tradizione. Il progetto vedrà il suo avvio a partire dai futuri reclutamenti, che saranno realizzati il prossimo settembre con effetti sulla Scuola di Applicazione tra due anni accademici. Sarà ridimensionata in proporzione anche la presenza di studenti e docenti nella nostra città, con relativo indotto.

NUMERI
La Scuola di Applicazione ha sede presso il Palazzo dell’Arsenale e accoglie circa mille Ufficiali frequentatori ogni anno, un centinaio di studenti civili, 118 professori universitari e 30 docenti militari che insegnano oltre 100 materie universitarie e 28 materie militari di carattere tecnico-professionale.