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Tag: Regione Piemonte

Piemonte, ogni dieci giorni va a segno un attacco hacker contro le Istituzioni

Lo certificano i dati CSI Piemonte: ecco perché una delega alla Cybersicurezza, da inserire tra quelle della Giunta Regionale, serve adesso. Chiederò martedì prossimo, in Consiglio Regionale, che sia immediatamente discussa la mia mozione sul tema, ferma all’ordine del giorno da oltre sei mesi.

Gli hacker utilizzano, per i loro scopi illeciti, metodologie all’avanguardia, di fronte alle quali le difese delle Istituzioni sono spesso inadeguate: forze in campo, al momento, squilibratissime. Ecco perché chiederò, nella seduta del Consiglio Regionale in programma martedì prossimo, di discutere subito la mia mozione che chiede di inserire, tra quelle della Giunta Regionale, la delega alla Cybersicurezza. Il mio atto è fermo all’ordine del giorno da oltre sei mesi.

CSI Piemonte rende noto che ogni anno vanno a segno oltre 30 attacchi hacker (innumerevoli altri sono sventati) contro strutture pubbliche della nostra regione. Un Comune piemontese su tre non ha ancora comunicato il nominativo del proprio responsabile della sicurezza dei dati. Proprio la Pubblica Amministrazione e la Sanità (preziose sono le informazioni relative alla salute dei cittadini: a livello nazionale si sono registrati 800 attacchi nell’ultimo triennio) sono tra i principali bersagli degli hacker.
 
Che la Cybersecurity sia ormai un’assoluta priorità è un fatto riconosciuto da tutti, a maggior ragione alla luce dell’aumento dei rischi dati gli scenari di guerra in Ucraina. I sistemi informatici sono ormai a tutti gli effetti obiettivi primari. La Regione Piemonte ha il dovere di difendersi. È dello scorso novembre la mia mozione in Consiglio Regionale del Piemonte per chiedere di introdurre la funzione di sicurezza informatica aggiungendo una nuova delega in capo all’Assessorato competente in materia. Mi auguro ora che il mio atto approdi in Aula e che trovi il sostegno di tutte le forze politiche a Palazzo Lascaris.

A questa Giunta importa qualcosa della drammatica crisi dei teatri piemontesi?

Sono 32 le strutture teatrali che, nella nostra regione, hanno interrotto l’attività. Una situazione drammatica (dal punto di vista culturale e non solo), ma la risposta al mio Question Time sul tema è stato un elenco di misure ordinarie e vaghi propositi per il futuro: davvero troppo poco.

La crisi si abbatte come uno tsunami sui teatri piemontesi: con 32 strutture chiuse la nostra regione si colloca al quarto posto a livello nazionale, in questa speciale e poco lusinghiera classifica, dopo Sicilia Lombardia e Toscana (59, 57 e 39 teatri chiusi rispettivamente). Ma la Giunta, appena interrogata sul tema con un Question Time a mia firma, si è limitata a elencare le misure ordinarie attualmente in atto: ringraziamo, ma sapevamo già dell’esistenza del Bandi a valere sulla Legge 11-2018; siamo grati, ma già conoscevamo l’apprezzabile lavoro svolto da Piemonte dal Vivo. Ci fa piacere che la Giunta citi a verbale l’avviso pubblico scaduto a marzo per l’ecoefficienza e la riduzione dei consumi energetici, ma i progetti in questione sono finanziabili con i fondi del PNRR. 

Ci saremmo aspettati di più: per esempio, un cenno relativo a come pensi la Giunta di favorire la riapertura almeno di qualcuno dei teatri non più attivi sul nostro territorio, in attesa di restauri in alcuni casi mai avviati o a causa di costi di gestione che diventano insostenibili a fronte di una drammatica riduzione degli introiti. Il generico proposito di prevedere (quando esattamente? Con che fondi?) “misure per l’efficientamento energetico e per la rigenerazione dei luoghi della cultura” è troppo poco. 

Un teatro chiuso rappresenta un danno dal punto di vista culturale, ma anche la perdita di un importante luogo di aggregazione e di preziosi posti di lavoro. 

Cultura, la crisi è drammatica: 32 i teatri chiusi in Piemonte

Il mio impegno in Consiglio Regionale per il sostegno a queste insostituibili realtà della cultura: domani alle ore 14.00 si discute in Aula il mio Question Time sul tema.

La crisi si abbatte come uno tsunami sui teatri piemontesi: con 32 strutture chiuse la nostra regione si colloca in questa speciale e poco lusinghiera classifica al quarto posto a livello nazionale dopo Sicilia Lombardia e Toscana (59, 57 e 39 teatri chiusi rispettivamente). Drammatico anche il dato nazionale, con 428 teatri italiani chiusi, la metà dei quali di proprietà pubblica (Comuni, Regioni o Demanio dello Stato). L’ultimo censimento risale al 2008, pertanto non è da escludere che dopo la pandemia il numero sia aumentato. Preservare la funzione culturale, oltre che il valore architettonico e artistico, è, o dovrebbe essere, compito delle Istituzioni: ma la realtà dei fatti narra una storia molto diversa, con decine di teatri non più attivi in attesa di restauri in alcuni casi mai avviati o a causa di costi di gestione che diventano insostenibili a fronte di una drammatica riduzione degli introiti. Un teatro chiuso non significa un danno dal punto di vista culturale, ma anche la perdita di un importante luogo di aggregazione e di preziosi posti di lavoro. Anche la Regione Piemonte è chiamata a fare la propria parte per la valorizzazione, il recupero e la salvaguardia del patrimonio culturale, dei quali i teatri rappresentano un elemento insostituibile. Domani discuterò in Aula a Palazzo Lascaris un Question Time appena presentato per chiedere alla Giunta in che modo intenda sostenere la riapertura dei teatri attualmente chiusi, promuovendo il restauro e la valorizzazione di questi luoghi di cultura.

Ritorno “alla Naja”? Meglio sei mesi obbligatori di Servizio Civile

Non ci convince la proposta del Presidente Cirio: piuttosto che tornare a far “fare il militare” ai giovani si garantisca loro l’opportunità di scoprire la bellezza del Volontariato e l’utilità del Terzo Settore con un’esperienza utile e formativa come quella del Servizio Civile.

«Qualche mese farebbe bene» dichiara il Presidente Cirio, riferendosi a un ipotetico ritorno “alla Naja”. Prendiamo atto, ma ci sentiamo di affermare che almeno sei mesi di Servizio Civile obbligatorio per tutti farebbero meglio. Prima di rivolgersi al Governo, come promesso nella giornata di ieri di fronte a decine di migliaia di Bersaglieri, chiedendo di prendere seriamente questa sua proposta, il Presidente Cirio valuti la nostra.

Centinaia di migliaia di giovani in Italia (30mila in Piemonte) avrebbero in questo modo, ogni anno, l’opportunità di conoscere da vicino che cosa significhi occuparsi delle persone e del territorio, aiutando chi vive una difficoltà, spendendosi per gli ultimi, rendendosi utili per l’ambiente o impegnandosi nei tanti ambiti di attività del Volontariato.

Il Servizio Civile offre alle ragazze e ai ragazzi dai 18 ai 28 anni l’opportunità di vivere un’esperienza presso un ente (Associazione di Volontariato, Associazione di Promozione Sociale, Cooperativa Sociale, Comuni, Comunità Montane, Associazioni Intercomunali e non solo) come parte attiva di un progetto che si svolge nei settori Assistenza. Ambiente, Educazione e Promozione Culturale, Patrimonio Artistico e Culturale, Protezione Civile. A tutti i partecipanti al progetto è corrisposto un contributo mensile. Impagabile e inestimabile è invece il valore in termini umani di esperienza.

Il Presidente della Regione Piemonte valuti la nostra proposta.

Aumentare le risorse per i posti convenzionati in RSA, puntare sulla domiciliarità in maniera lungimirante e seria

Solo così potremo garantire un futuro dignitoso agli anziani piemontesi (e non solo a loro) e la tenuta stessa del sistema.

Una popolazione sempre più anziana, un tessuto sociale impoverito da crisi e inflazione, costi di gestione sempre più alti: la tempesta perfetta. Di fronte a questo scenario, il tempo delle parole è terminato e occorre agire. Le nostre richieste: incrementare i fondi per avere un maggior numero di posti convenzionati in RSA con retta pagata al 50% dalle ASL, fare programmazione seria in tema di domiciliarità. Quest’ultimo concetto è stato, in anni recenti, più uno slogan che una linea di indirizzo strategico: le cose devono cambiare, per una questione di qualità della vita di nonne e nonni piemontesi, così come delle persone più giovani con malattie neurodegenerative e che necessitano di assistenza, prima di tutto, ma anche per garantire la sostenibilità – economica e organizzativa – di un sistema che dovrà presto far fronte alle esigenze di una popolazione over 65 ancora più ampia di oggi. La Giunta faccia tesoro delle indicazioni arrivate da varie fonti, comprese diverse Diocesi del territorio, che hanno inviato proprio nelle scorse ore una lunga lettera aperta. Da parte nostra, continueremo a garantire il nostro massimo impegno in Aula per costruire un sistema in grado garantire a tutti i piemontesi una qualità della vita dignitosa anche negli ultimi anni della loro esistenza.