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Autore: Redazione sito

Gli incidenti stradali “costano” ogni anno 250 euro a ogni piemontese

Anche per limitare l’incidentalità sulle nostre strade, le Associazioni chiedono un Servizio Ferroviario Regionale più efficiente, in grado di rappresentare un’alternativa reale all’auto privata: come Moderati in Consiglio Regionale ci associamo convintamente a questa istanza, invitando la Giunta a incontrare finalmente i rappresentanti delle Associazioni stesse. Ritorno al livello di servizio pre-pandemia (impietoso, da questo punto di vista, il confronto con altre Regioni), impegno per una completa accessibilità di strutture e mezzi e riattivazione delle linee sospese rappresentano le priorità.

Investimenti e progettazione per un Servizio Ferroviario Regionale finalmente capillare, efficiente e affidabile: li hanno chiesti, poco fa in Commissione, le Associazioni del territorio piemontese; li chiede a gran voce, anche, l’urgenza di garantire ai piemontesi un’alternativa credibile e affidabile all’uso dell’auto privata, sia per questioni di sostenibilità ambientale sia per diminuire il numero di auto che circola sulle nostre strade (impressionanti i dati Istat: nel 2021 – più recente dato disponibile – l’incidentalità stradale con lesioni alle persone è costata ai piemontesi, oltre all’incalcolabile costo umano, 1,071 miliardi di euro, pari a 253 euro a persona di costi sociali). 

Ci uniamo convintamente, come Gruppo Consiliare dei Moderati a Palazzo Lascaris, a tutte le richieste avanzate dagli auditi, a partire da quella forse più urgente: la possibilità, cioè, di incontrare direttamente e al più presto, dopo tante richieste, la Giunta. Il tema del coinvolgimento delle Associazioni in fase di progettazione e decisione è stato da me portato all’attenzione della Giunta con un’interpellanza discussa ieri in Consiglio Regionale. Questa è una precondizione per affrontare le priorità, che sono le seguenti: ripristino di un livello di servizio ai livelli precedenti la pandemia (risultato già raggiunto in altre Regioni italiane), riattivazione delle linee ferroviarie sospese, impegno per un servizio che metta al centro le esigenze delle persone, a partire da una piena accessibilità di strutture e mezzi. Non è accettabile che – mentre quotidianamente parliamo della necessità di difendere porzioni del nostro territorio dallo spopolamento – ci siano aree del nostro Piemonte sostanzialmente non servite e aree unanimemente considerate turistiche che vedono il servizio ferroviario sostanzialmente interrotto nei weekend. Chiediamo inoltre l’applicazione di utili politiche di integrazione dei biglietti a livello regionale.

L’intera infrastruttura regionale ha grandi potenzialità: dopo la notizia positiva del contratto sottoscritto tra la Regione e Trenitalia per il trasporto ferroviario regionale, si lavori con il massimo impegno – e con la massima disponibilità all’interlocuzione – per un servizio a misura di residenti, attrattivo per i turisti, accessibile per tutti e in grado di rappresentare davvero un’alternativa preferibile all’uso dell’automobile.

Persone con disabilità e trasporti in Piemonte: fuori dai grossi centri, l’accessibilità è ancora un miraggio

Con due interpellanze appena discusse in Aula ho stimolato la Giunta sul tema del miglioramento del servizio di trasporto locale e regionale, che deve essere più fruibile e sicuro anche nei territori extraurbani.

La reale accessibilità e fruibilità dei nostri autobus è, al momento, soltanto un remoto obiettivo: non certo un dato di fatto, soprattutto fuori dai grandi centri urbani (riconosciamo invece un certo miglioramento nei territori cittadini). Tanto resta da fare in tema di accessibilità di infrastrutture, mezzi e fermate. A farne le spese, sono soprattutto quei passeggeri che non hanno piena mobilità.

Per stimolare la Giunta ad affrontare il problema, ho appena discusso in Aula due interpellanze. Questi i temi: “Erogazione delle risorse economiche previste per legge per garantire l’accessibilità, la fruizione e la sicurezza di infrastrutture e mezzi” e “Rispetto delle normative vigenti afferenti l’accessibilità alle infrastrutture, ai mezzi ed alle fermate del trasporto pubblico locale”.

La Giunta ha riferito di quasi 500 controlli, in tema di accessibilità, su fermate e mezzi nel corso del 2022; ha dichiarato l’intenzione di rivedere la Legge Regionale 1/2000 nei prossimi mesi e di intervenire per ripristinare l’accessibilità laddove siano segnalate dall’Osservatorio barriere architettoniche. Ha espresso soddisfazione per la convocazione più regolare che in passato dell’Osservatorio stesso, che monitora l’accessibilità delle stazioni piemontesi, dal quale la Giunta si aspetta richieste puntuali di intervento.

Ci confortano e convincono solo in parte queste affermazioni e queste generali rassicurazioni, in un contesto di scarsa qualità del servizio pubblico di trasporto fuori dalle città. In particolare, facciamo notare che sul sito web della Regione Piemonte le relazioni (testuali e fotografiche) riportate – realizzate dagli uffici regionali competenti, relative ai controlli effettuati proprio dalla Regione sul trasporto pubblico extraurbano su gomma – già attualmente descrivono le situazioni che necessitano di interventi, per avere contezza dei quali non dovremmo attendere segnalazioni di sorta. Ci aspettiamo che la Politica anticipi le richieste e non si limiti a rispondere quando queste arrivano. Fino allo scorso anno, per legge, almeno il 3% dei fondi del TPL doveva essere destinato agli interventi per l’accessibilità e la fruibilità dei servizi di trasporto pubblico a favore delle persone con disabilità e chiediamo di tornare presto a un parametro di questo tipo in grado di garantire risorse aggiuntive reali, quantificabili e immediatamente disponibili.

La Legge Regionale 1/2000 imponeva di destinare una quota pari o superiore al 3% delle risorse attribuite agli enti locali per l’esercizio del trasporto pubblico locale deve essere destinata a garantire accessibilità, fruibilità e sicurezza di mezzi e infrastrutture, nonché alle attività di monitoraggio e controllo. Lo scorso anno, i due capitoli che contenevano parametro vincolante il parametro del 3% sono stati cancellati. Chiediamo il ritorno a un analogo principio, in grado di fissare una quota minima da investire in questo senso. Solo un servizio di trasporto pubblico davvero efficiente, moderno e accessibile può costituire un’alternativa preferibile ai mezzi privati.

Riconoscimento della cefalea come malattia sociale: passo avanti con l’approvazione del mio Ordine del Giorno

Il mio atto passa all’unanimità in Consiglio Regionale e impegna la Giunta a sollecitare presso il Governo l’emanazione dei decreti attuativi della Legge sulle “Disposizioni per il riconoscimento della cefalea primaria cronica come malattia sociale”.

Piccola ma importante buona notizia per i 6 milioni di italiane e italiani che soffrono di cefalea: la Giunta Regionale, impegnata dal mio Ordine del Giorno appena approvato all’unanimità a Palazzo Lascaris, solleciterà l’emanazione dei Decreti attuativi relativi alla Legge 81 del 14 luglio 2020. Il testo di legge sul “Riconoscimento della cefalea primaria cronica come malattia sociale” prevede, tra gli altri elementi, progetti finalizzati e nuovi metodi di presa in carico delle persone che soffrono di cefalea. Quasi un italiano su due, tra quelli che soffrono di questa patologia, attende oltre 5 anni prima di ricevere un trattamento efficace: conseguenza immediata è un significativo peggioramento della qualità della vita di queste persone, con inevitabili ripercussioni sociali, lavorative e familiari. L’applicazione del Disegno di Legge per il riconoscimento della cefalea cronica come malattia sociale invalidante sarebbe un primo e importante passo: siano emanati al più presto i decreti attuativi.

Torino e dintorni: la “Guardia Medica” visiterebbe poco a domicilio, Pronto Soccorso ingolfati

Nei tre giorni a cavallo dell’Epifania, solo 3 visite su 100 sarebbero state – secondo fonti giornalistiche – effettuate a domicilio dai medici del servizio di Continuità Assistenziale di Torino e provincia: un dato decisamente inferiore rispetto alla media del resto della regione. Nel corso dell’intero periodo natalizio il servizio avrebbe inoltre faticato a rispondere adeguatamente alle richieste dei cittadini, che si sono rivolti ai Pronto Soccorso del territorio. Domani in Consiglio Regionale il mio Question Time per chiedere risposte alla Giunta.

Davvero troppo poche le visite a domicilio della “Guardia Medica” a Torino e zone limitrofe: il 3% appena a cavallo dell’Epifania, secondo alcuni articoli pubblicati dai media della nostra regione, per un dato che si collocherebbe di gran lunga al di sotto della media regionale. Le conseguenze hanno coinvolto gli stessi Pronto Soccorso del territorio, che – garantendo un’attività continuativa in tutte le fasce orarie – si sono trovati a dover assorbire anche gli accessi dei cittadini non assistiti dalla Continuità Assistenziale. Il risultato è stata una crescente pressione proprio sui Pronto Soccorso. La situazione è stata particolarmente grave, pare, a Torino e dintorni, nei giorni a cavallo dell’Epifania, con oltre 5mila cittadini assistiti solo telefonicamente e altri 3mila visitati presso gli ambulatori della Medicina di Continuità. Inevitabili le code presso gli Ambulatori dell’ex Guardia Medica, con attese di oltre 2 ore per esempio in via Farinelli a Torino alle ore 17.00 del 5 gennaio. Interventi strutturali per migliorare il servizio sono urgenti: lo dicono i numeri. Domani discuterò in Consiglio Regionale un Question Time appena presentato per sapere quali misure intenda mettere in atto la Giunta per garantire ai cittadini un servizio di Continuità Assistenziale a pieno titolo efficiente. Il servizio di Continuità Assistenziale (ex Guardia Medica), assicurato dal Servizio Sanitario della Regione Piemonte, garantisce gratuitamente, in caso di assenza del medico di famiglia, l’assistenza medica di base per situazioni non urgenti, ma non differibili: si occupa o dovrebbe occuparsi, cioè, di tutti quei casi che richiedono l’intervento del medico e non possono essere rinviati all’orario di presa in carico del medico curante (i casi di urgenza ed emergenza sono invece competenza del 118). I medici del servizio, allertati dalla Centrale Unica Armonizzata, tra gli altri servizi, eseguono visite mediche, prescrivono farmaci per terapie d’urgenza e rilasciano certificati di malattia.

Un suicidio ogni 5 giorni tra chi indossa una divisa

Dati drammatici emergono dall’audizione, poco fa in Commissione, dei rappresentanti delle Organizzazioni Sindacali di Polizia: tra Forze dell’Ordine e Forze Armate si sfiorano i 70 suicidi l’anno (dato nazionale), tre volte tanto rispetto al resto della popolazione. Anche le Istituzioni possono e anzi devono fare la loro parte di fronte a questa situazione: sostengo convintamente la richiesta, avanzata dagli auditi stessi, di un nuovo percorso diagnostico, terapeutico e assistenziale promosso dalla Regione Piemonte per questo tema specifico.

Creare un percorso diagnostico, terapeutico e assistenziale specifico per chi, lavorando in divisa, vive una situazione di disagio psicologico grave non è solo possibile, ma è la richiesta stessa dei rappresentanti delle Organizzazioni Sindacali di Polizia appena auditi in IV Commissione (Sanità e Assistenza) del Consiglio Regionale del Piemonte. Dopo un biennio di effimera riduzione del fenomeno in corrispondenza della fase più drammatica della pandemia (con relativa introduzione dello smart working), i dati relativi ai suicidi di lavoratori in divisa sono tornati nel 2022 a far registrare 70 casi a livello nazionale (6 suicidi ogni mese). Non solo lo stress lavoro-correlato a questa professione, ma il timore di perdere il lavoro in caso di avvenuta certificazione medica di una situazione di fragilità rendono necessari protocolli specifici promossi dalle Istituzioni, in grado di rappresentare un’alternativa a quanto messo a disposizione dai Corpi. L’assoluta mancanza di dati ufficiali (quelli riportati in Commissione derivano dall’analisi delle fonti giornalistiche e dal meritorio lavoro di realtà quali l’Associazione Cerchio Blu) inducono a pensare che il dato possa essere sottostimato. La possibilità di potersi affidare a percorsi indipendenti rispetto all’Amministrazione interna del proprio Corpo sarebbe fondamentale per garantire misure gratuite e percepite come “sicure” (cioè prive del rischio di perdere il lavoro) di risposta al disagio. Faccio convintamente mia la richiesta avanzata dagli auditi di questa mattina a Palazzo Lascaris, in particolare da parte del Segretario Generale Provinciale del Sindacato Italiano Lavoratori Finanzieri Simone Sansoni.