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Autore: Redazione sito

QUESTION TIME – Come sgravare i Pronto Soccorso del territorio regionale dall’eccesso di funzione di supplenza sociale, valorizzando così la loro principale e naturale funzione di reparti d’emergenza?

Premesso che:

  • il Pronto Soccorso è un’unità operativa dell’ ospedale  dedicata ai casi di emergenza-urgenza;
  • presso il Pronto Soccorso si effettuano le operazioni di diagnosi e cura e si garantisce la prima valutazione dei pazienti;
  • presso l’Azienda Ospedaliera Ordine Mauriziano di Torino è attivo uno dei principali Pronto Soccorso di Torino e del Piemonte.

Rilevato che:

  • è recentemente assurto agli onori delle cronache cittadine il caso della donna rimasta per 15 giorni presso il Pronto Soccorso del Mauriziano di Torino, quando avrebbe potuto essere dimessa in 48 ore;
  • in un articolo pubblicato sull’edizione di “Repubblica” di domenica 1° agosto (“Disabile ‘parcheggiata’ due settimane al pronto soccorso per colpa della burocrazia“) si racconta nel dettaglio la vicenda occorsa a una cinquantenne con tetraplegia accolta presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale Mauriziano di Torino per una gastrostomia percutanea endoscopica urgente e poi trattenuta presso il DEA per due settimane, nell’impossibilità della RSA presso la quale la donna risiedeva prima del ricovero di accoglierla nuovamente dopo l’intervento, non avendo la struttura nel proprio organico infermieri in grado di garantirle adeguata assistenza;
  • sono state necessarie due settimane per trovare una sistemazione alternativa adatta;
  • il fatto che il Mauriziano sia un’Azienda Ospedaliera – senza, dunque, i contatti diretti di una ASL – ha reso ulteriormente complessa l’operazione;
  • nello stesso articolo si afferma che “la vicenda della donna tetraplegica può essere considerata un caso emblematico di come i Pronto Soccorso si siano progressivamente trasformati in luoghi chiamati a risolvere problemi sociali dopo aver superato quelli sanitari”.

Considerato che:

  • le lungaggini burocratiche si ripercuotono anche sui conti della nostra Sanità;
  • l’eccessiva permanenza in ospedale è un fattore che pesa sui bilanci;
  • un letto in Pronto Soccorso ha un costo che può superare gli 800 euro al giorno;
  • un ricovero in lungodegenza o in struttura ha, evidentemente, costi molto più bassi.

Considerato soprattutto che:

  • i posti letto presso i Pronto Soccorso dovrebbero essere riservati a pazienti in fase acuta.

Sottolineato che:

  • la funzione di supplenza sociale svolta dai Pronto Soccorso è una delle ragioni per le quali spesso i reparti di emergenza entrano in affanno.

INTERROGA l’Assessore competente per sapere quali misure intenda mettere in atto la Giunta Regionale per permettere ai Pronto Soccorso del territorio piemontese di svolgere pienamente e principalmente la propria funzione peculiare e precipua di reparti di emergenza, sgravandoli da quel ruolo di supplenza sociale che spetta a strutture di altra tipologia e natura.

Incardinata in Commissione la Proposta di Legge dei Moderati sulla “Prevenzione, diagnosi e cura dei Disturbi del Comportamento Alimentare”

Discusse poco fa in IV Commissione le prime determinazioni della Proposta di Legge numero 148, con la quale chiediamo piani di cura finalmente strutturati e organizzati, ambulatori dedicati per le cure di primo e secondo livello nonché distinti rispetto a quelli destinati alla salute mentale, misure di sostegno per le famiglie coinvolte, azioni di informazione e di sensibilizzazione. Grande emozione per la mia prima Proposta di Legge in Consiglio Regionale del Piemonte: la misura prevede risorse quantificate in 2,5 milioni di euro per ciascuno dei due anni del biennio 2022-2023. In Italia sono circa due milioni i giovani con disturbi del comportamento alimentare; nella nostra regione sono diagnosticati 1.500 casi di anoressia e 5.000 di bulimia, con 260 nuovi casi di anoressia a 450 di bulimia diagnosticati ogni anno.

Finalmente incardinata in Commissione la mia Proposta di Legge numero 148 sul tema della “Prevenzione, diagnosi e cura dei Disturbi del Comportamento Alimentare, nonché misure di sostegno per le famiglie coinvolte)”: le prime determinazioni sul testo sono state discusse poco fa in occasione della seduta della IV Commissione (Sanità) che si è tenuta questa mattina a Palazzo Lascaris.

Grande emozione per la mia prima Proposta di Legge presentata in Consiglio Regionale. Mi auguro, con questa misura, di portare un aiuto concreto a migliaia di famiglie. Manca a oggi, in Piemonte, una Legge sulla prevenzione, sulla diagnosi e sulla cura dei disturbi del comportamento alimentare. Con la PdL 148/2021 intendiamo come Moderati colmare questo vuoto e portare questo tema, per troppo tempo non affrontato, al centro del dibattito.

Insistiamo sulla prevenzione, sull’intercettazione precoce dei disturbi, sul sostegno alle famiglie, sull’informazione e sulla sensibilizzazione. Sono oltre 2 milioni in Italia i giovani con disturbi dell’alimentazione. In Piemonte i numeri sono in crescita e la pandemia ha aggravato la situazione. Il primo obiettivo della Legge, che prevede fondi per 2,5 milioni di euro per ciascuno dei due anni del biennio 2022-23, è far sì che del problema, finalmente, si parli. Un percorso efficace di cura ha la durata di anni: occorre dunque creare una rete sanitaria e assistenziale in grado di garantire cure di qualità per tutto questo arco di tempo.

Chiediamo un impegno da parte della Regione finalizzato al potenziamento, presso le strutture ospedaliere, degli ambulatori pediatrici e di medicina generale, nonché dei servizi territoriali, per garantire piani di cura finalmente strutturati e organizzati. È poi fondamentale che le attività terapeutiche di primo e secondo livello siano svolte in ambulatori dedicati e distinti rispetto a quelli destinati alla salute mentale. Altrettanto rilievo è destinato, nel Progetto di Legge, alle misure di sostegno delle famiglie coinvolte.

RISORSE FINANZIARIE
Il Progetto di Legge dei Moderati prevede risorse quantificate in 2,5 milioni di euro per ciascuno dei due anni del biennio 2022-2023, in particolare per l’ampliamento dell’offerta formativa nelle scuole (250mila euro), per le campagne di informazione e sensibilizzazione (150mila euro), per l’ampliamento e per il potenziamento dell’offerta dei servizi specialistici per il trattamento dei DCA, per la formazione e l’aggiornamento professionale del personale sanitario e socio-assistenziale, per il potenziamento degli ambulatori e dei servizi territoriali e per le misure di sostegno alle famiglie coinvolte (2,1 milioni di euro).

A settembre la scuola sia in presenza, tutta e da subito

Condivido le preoccupazioni, già espresse dal Comitato “A Scuola!”, per i primi impliciti riferimenti all’ipotesi di un inizio in regime di Didattica a Distanza del nuovo anno scolastico per quanto riguarda le Scuola Secondaria di Secondo Grado. Ci auguriamo sinceramente che una tale prospettiva, fatto salvo lo scrupoloso rispetto di tutte le misure di sicurezza e al netto della necessaria valutazione delle condizioni epidemiologiche del momento, sia scongiurata.

Una scuola in presenza è un diritto ed è il primo interesse degli studenti. Le prove Invalsi certificano, dal punto di vista dell’apprendimento, gli effetti negativi della DAD. La didattica a distanza è una soluzione di emergenza: non può diventare la nuova “normalità” di una scuola da romanzo distopico, che separa le persone e aumenta le distanze tra chi ha maggiore e minore disponibilità di mezzi, tecnologici o economici che siano. L’istruzione e la formazione passano anche attraverso l’interazione interpersonale in presenza. Gli psicologi mettono esplicitamente in guardia contro il disagio psicofisico sempre più diffuso tra i ragazzi e sulle conseguenze della DAD sul medio-lungo periodo: non vogliamo trovarci, in un futuro prossimo, a gestire le conseguenze di questo presente. C’è inoltre la necessità di alleggerire la pressione sulle famiglie, per mesi alle prese con un quadro drammatico fatto di continue incertezze, di alternanza tra aperture e chiusure, di difficoltà di conciliare famiglia e lavoro.

La sicurezza stradale tra Caselle e Leinì non può essere subordinata alla costruzione di un centro commerciale

Intersezione tra SP10 e SP460, appena discussa in Consiglio Metropolitano la mia interrogazione sul tema: ma la risposta del Consigliere Delegato ci lascia perplessi. Non ci risultano pratiche da ancora da svolgere a carico del Comune di Leinì; abbiamo di contro ben chiara l’urgenza di intervenire su quel tratto di strada e di territorio. La sicurezza delle nostre strade è precedente e prioritaria, da tutti i punti di vista, rispetto al progetto del centro commerciale Open Mall di Caselle e deve essere garantita a prescindere dalla realizzazione del centro commerciale stesso (attualmente l’intervento urbanistico è collegato, a scomputo, proprio alla realizzazione del centro commerciale). Facciamo nostre senza mezzi termini le richieste dei Sindaci e dei residenti di questa porzione di territorio.

La realizzazione del Centro Commerciale Open Mall di Caselle è tutt’altro che certa, se non nell’esito finale quantomeno nei tempi: pretendiamo certezza assoluta e tempi brevi, invece, per quanto riguarda la realizzazione delle due rotonde all’intersezione tra la SP10 (tra Caselle e Leinì) e la strada Provinciale di Ceresole (SP460). 
Questo intervento urbanistico è attualmente collegato, a scomputo, alla realizzazione da parte di Satac dell’Open Mall di Caselle: ma la sicurezza stradale del nostro territorio non può essere vincolata alla realizzazione, ormai incerta nei tempi e forse nell’esito finale, di un centro commerciale.

Dopo aver discusso in Consiglio Metropolitano un’interrogazione proprio su questo argomento restiamo con molti dubbi. Non ci risulta per esempio, come affermato invece dal Consigliere Delegato, che il Comune di Leinì debba ancora terminare procedure di esproprio di sorta. Il problema di sicurezza esiste da ben prima dell’ipotesi di costruire un Centro Commerciale a Caselle e deve essere risolto a prescindere dalla realizzazione di quest’ultimo. La Città Metropolitana prenda un impegno e decida di intervenire direttamente se, entro una certa data, le due rotonde non saranno state realizzate da Satac. Le due rotonde servono per la sicurezza di quel tratto di strada e di quell’intersezione: concepirle come mero intervento urbanistico alla luce dell’aumento del traffico che potenzialmente causato dall’apertura del centro commerciale è un punto di vista miope sull’intera questione. Satac ha più volte fatto sapere di non avere certezze sui tempi di realizzazione del Centro Commerciale e ha ripetutamente sottolineato la necessità di riconsiderare ogni progettualità alla luce della pandemia.

Della messa in sicurezza dell’intersezione, dapprima con l’ipotesi di un intervento configurato “a quadrifoglio” e poi con le due rotonde, si discute da vent’anni: due decenni durante i quali troppi sono stati gli incidenti, talvolta con morti e feriti. Il territorio chiede con forza l’intervento e io faccio mia senza mezzi termini questa richiesta.

Gronda Leinì-Caselle-Volpiano, i Comuni sono disposti a investire: e la Città Metropolitana?

Sul tema della mobilità a nord di Torino questa Amministrazione Metropolitana ha fatto pochissimo. I Comuni del Territorio sono pronti a mettere di tasca propria parte delle necessarie risorse economiche. Non si esclude la possibilità di allargare il progetto anche a Brandizzo. Discussa poco fa in Consiglio Metropolitano la mia interpellanza sulla mobilità dell’Area Omogenea 4: ho chiesto un cambio di passo, sul tema, all’Amministrazione Metropolitana.

Leinì, Caselle e Volpiano sono pronte: hanno già firmato un protocollo di intesa per una linea di gronda che preveda una corsa ogni ora. La stessa estensione della linea fino a Brandizzo per il collegamento con l’ospedale di Chivasso è un’ipotesi percorribile. Una simile formula – i Sindaci ne sono convinti – può funzionare come forma efficace di collegamento su un territorio sul quale risiedono oltre duecentomila piemontesi. Un progetto per realizzare il quale i Comuni sono disponibili a investire. E la Città Metropolitana?

Mi restano diverse perplessità immediatamente dopo aver discusso poco fa in Consiglio Metropolitano la mia interrogazione sulla mobilità a nord di Torino. Il Consigliere Delegato si è detto dubbioso sull’efficacia delle linee di gronda. Bisogna vedere, però, come queste gronde sono pensate e progettate: tendenzialmente, le linee di gronda funzionano se propongono un numero sufficiente di corse e se collegano stazione con stazione.

Questo è proprio ciò che attualmente chiede il territorio a nord di Torino: ho chiesto all’Amministrazione Metropolitana di prendere altrettanto sul serio le istanze di questi Comuni, che da parte mia sostengo senza mezzi termini.

Una linea di collegamento via autobus tra Brandizzo e Caselle unirebbe SFM2, SFM4, Ferrovia Canavesana e ferrovia Torino-Milano, collegando direttamente anche gli ospedali dell’ASL To4. Le molte sollecitazioni all’Agenzia della Mobilità Metropolitana e a GTT da parte dei Comuni interessati non hanno avuto, a oggi, esito positivo. Ancora non sono state definite né le modalità di esercizio né l’eventuale ripartizione dei costi.

Solo con la linea di gronda tra Brandizzo e Caselle si potrà permettere un rapido accesso ai servizi ferroviari e all’aeroporto per tutti i cittadini della zona territoriale omogenea Area 4. Molti sarebbero gli effetti positivi sull’intensità del traffico r su nodi e arterie particolarmente congestionati di tutta l’area. I cittadini hanno inoltre necessità di un accesso diretto, che attualmente manca in alcuni comuni, al Sistema Ferroviario Metropolitano.