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Tag: Sanità

La riorganizzazione dei servizi in ambito reumatologico in Piemonte? Non è più rimandabile

Ho ottenuto l’inserimento nell’ordine del giorno dell’odierna seduta del Consiglio Regionale del Piemonte del mio OdG sul tema: chiediamo l’apertura di un Tavolo con la partecipazione delle Associazioni e misure puntuali per garantire più efficacia, sostenibilità e uniformità dei servizi. Lunghe liste d’attesa e mobilità extra-regionale sono le principali criticità.

Una rete in grado di garantire a tutti i piemontesi lo stesso accesso alle cure e un servizio all’altezza: sono urgenze assolute per tutti quei piemontesi che soffrono di malattie reumatologiche. È in questo senso fondamentale permettere al Consiglio Regionale di esprimersi su questo tema: ho dunque chiesto e ottenuto, in apertura dell’odierna seduta, l’inserimento nell’ordine del giorno del mio atto in merito. In particolare, con il mio Ordine del Giorno chiedo un’accelerata nello sviluppo della della rete reumatologica piemontese, dando seguito al progetto sul tema dei “Percorsi Diagnostico-Terapeutici Assistenziali in Reumatologia: sviluppo della rete reumatologica piemontese”. Chiedo inoltre ai colleghi Consiglieri di impegnare la Giunta a istituire un Tavolo per le patologie reumatologiche, come già fatto con successo in altre Regioni italiane, dall’Emilia Romagna al Lazio, dalla Puglia al Veneto: riteniamo necessario, in questo senso, il coinvolgimento delle Associazioni dei pazienti con malattie reumatologiche e dei rappresentanti della medicina generale. Con il mio atto chiedo inoltre l’introduzione di misure che garantiscano l’uniforme e omogeneo accesso alle cure per i pazienti residenti su tutto il territorio regionale e la sostenibilità del nostro Sistema Sanitario, con una riduzione dei costi sociali per i pazienti e per lo stesso Sistema. Le malattie reumatiche colpiscono, anche in Piemonte, una persona su dieci; sono tre volte più diffuse tra le donne che tra gli uomini. L’incidenza di questo tipo di patologie è in preoccupante aumento. Le patologie reumatologiche rappresentano una delle cause più frequenti di interruzione dell’attività lavorativa: il 17% circa delle richieste di invalidità sono dovute a tali patologie. Il 63% delle Associazioni ha ricevuto segnalazioni relative a licenziamenti, mancati rinnovi di contratti lavorativi o interruzioni del rapporto di lavoro della persona con malattia cronica e rara, proprio a causa della propria patologia. L’allungarsi delle liste d’attesa in seguito alla pandemia ha ulteriormente aggravato la condizione dei pazienti reumatologici. Non più rimandabile è un impegno efficace per una migliore distribuzione di questa specialità sul territorio, eliminando al massimo la mobilità extra-regionale e garantendo l’appropriatezza delle prescrizioni diagnostiche, terapeutiche, di ricovero e riabilitative.

Pandemia finita anche per l’OMS: ora i Volontari tornino in tutti i Reparti dei nostri Ospedali

Lo chiederò domani alla Giunta con un Question Time appena presentato.

L’emergenza pandemica è ufficialmente terminata (tale è stata dichiarata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità lo scorso 5 maggio), eppure in molti Reparti degli Ospedali piemontesi i Volontari non hanno ancora accesso. Ho appena presentato un Question Time per chiedere come intenda intervenire la Giunta per permettere nuovamente ai Volontari, in maniera uniforme in tutte le strutture ospedaliere regionali, di essere presenti e attivi nei Reparti. Diverse Associazioni segnalano di non avere ancora ottenuto il permesso di tornare a svolgere la propria attività in alcuni dei Reparti ospedalieri della nostra Regione, sul territorio della quale – sempre secondo le testimonianze delle Associazioni – si registra una certa disomogeneità: se strutture come l’Ospedale di Rivoli e il Regina Margherita di Torino sono tornate, per esempio, ad ammettere i Volontari non solo presso l’Area Accoglienza, come anche presso i singoli reparti, nei reparti di altre strutture piemontesi l’ingresso ai Volontari non risulta ancora consentito. Siamo convinti che, dopo oltre tre anni, esistano tutte le condizioni affinché i Volontari possano tornare a essere presenti in corsia a dare quel conforto e quel calore umano così necessari.

Tre misure urgenti contro la carenza di infermieri in Piemonte: assunzioni, adeguamento degli stipendi, equipollenza dei titoli esteri

Senza investimenti e senza una progettualità lungimirante lo stesso Osservatorio Regionale, la cui introduzione è stata riferita dalla Giunta in risposta al mio Question Time discusso in Aula poco fa, rischia di non bastare. L’attuale situazione, aggravata dal crescente fenomeno delle dimissioni, vede una carenza di almeno 4mila professionisti in Piemonte.

Prendiamo atto dell’avvio della progettualità, riferita poco fa dalla Giunta Regionale in risposta al mio Question Time sulla carenza di infermieri, dell’Osservatorio Regionale, con la partecipazione della Presidenza, dell’Assessorato alla Sanità, della Direzione Sanità, dell’Azienda Zero e delle Organizzazioni Sindacali. Anche questo nuovo soggetto potrà essere utile a superare una situazione che vede – si stima – tra le 4mila e le 5mila unità la carenza di infermiere e infermieri (attualmente 21mila nella nostra regione) rispetto al reale fabbisogno della nostra regione. Il fenomeno sempre più evidente delle dimissioni (in media una al giorno in campo infermieristico a livello nazionale, con il Piemonte che non fa eccezione rispetto alla tendenza) rende lo stato dell’arte ancora più preoccupante. Compito dell’Osservatorio è il monitoraggio dei trend occupazionali del personale del Servizio Sanitario Regionale. Ma il solo Osservatorio – è evidente – non è sufficiente: servono investimenti per nuove assunzioni e per un adeguamento degli stipendi di professionisti che, scegliendo di andare a lavorare nel Settore Privato o all’estero, possono arrivare a guadagnare più del doppio rispetto alla retribuzione media di 1.400 euro. Poter contare su un numero sufficiente di infermiere e infermieri non significa soltanto garantire a questi professionisti una turnazione sostenibile, ma anche tutelare i pazienti. Altrettanto urgente è un ragionamento, a livello di Governo, sull’equipollenza dei titoli conseguiti in Paesi extra UE: attualmente, coloro che hanno conseguito il titolo in un Paese extra Ue devono sottoporsi al giudizio del Ministero della Salute, che può equiparare il titolo oppure decretare che il riconoscimento dello stesso sia subordinato al superamento di una misura compensativa da svolgersi in un polo formativo universitario. È fondamentale poter assumere in tempi rapidi personale adeguatamente formato, con un titolo riconosciuto e in grado di svolgere al meglio e fin da subito il proprio compito.

Una “dimissione” al giorno: la Sanità piemontese ha bisogno di infermieri

Domani si discute il mio Question Time affinché si possa invertire la tendenza.

L’Ordine degli Infermieri stima, in Italia, dimissioni di infermieri dalla Sanità Pubblica nell’ordine di un caso al giorno e il Piemonte non fa certamente eccezione. Anzi: la tendenza aggrava ulteriormente una situazione già problematica, che vede stimata tra le 4mila e le 5mila unità la carenza di infermiere e infermieri (attualmente 21mila nella nostra regione) rispetto al reale fabbisogno. Escludiamo che questa criticità possa essere affrontata con l’assunzione di personale non adeguatamente formato e privo di una laurea riconosciuta. Chiederemo alla Giunta soluzioni efficaci, da applicarsi in tempi brevi, anche considerando che sono spesso i professionisti più qualificati ad abbandonare – per il settore privato o per un’esperienza lavorativa all’estero (soprattutto Germania, Inghilterra e Svizzera) – il loro posto di lavoro nella Sanità Pubblica. Il Sistema Sanitario piemontese non può prescindere da un adeguato numero di infermiere e infermieri opportunamente formati.

Una Legge sulla fibromialgia in Piemonte? Oggi l’obiettivo è più vicino

Svolte questa mattina in Commissione Sanità le prime determinazioni sulla mia PDL in tema di “Disposizioni in favore delle persone affette da fibromialgia”, presto al via un Gruppo di Lavoro per unificare le tre PDL attualmente presentate (la mia e quella di due colleghe Consigliere): una Legge Regionale di qualità su questo tema è fondamentale per dare speranza a chi soffre di questa sindrome. Audiremo nei prossimi mesi Associazioni e professionisti del settore affinché sia il testo migliore possibile.

Lo diciamo da tempo: urge, in Piemonte, una Legge sulla Fibromialgia. La giornata di oggi rappresenta un passo avanti verso il raggiungimento di questo obiettivo: si sono svolte questa mattina in Commissione Sanità, infatti, le prime determinazioni sulla mia Proposta di Legge sul tema delle “Disposizioni in favore delle persone affette da fibromialgia”. Sarà al più presto costituito un Gruppo di Lavoro per l’unificazione dei tre testi presentati (quelli di due colleghe Consigliere e il mio). Chiediamo il riconoscimento della fibromialgia quale sindrome invalidante, l’istituzione di un Tavolo di Lavoro con la partecipazione delle Associazioni, programmi di formazione e aggiornamento per il personale medico e campagne di sensibilizzazione presso i cittadini. La Legge prevede inoltre l’istituzione del Registro Regionale della Fibromialgia per la raccolta e l’analisi dei dati clinico-sociali. Ringrazio le due colleghe che, in Consiglio Regionale, hanno presentato a loro volta testi su un tema non più rimandabile. Chiederemo di audire, nei prossimi mesi, le Associazioni e i professionisti del settore, affinché il testo sia il migliore possibile.

Sono quasi due milioni le italiane e gli italiani con fibromialgia. La sindrome colpisce soprattutto le donne (9 casi su 10). Dolore muscolo-scheletrico cronico diffuso, astenia, stanchezza, disturbi del sonno, problemi dell’alvo, problemi dell’area cognitiva (memoria, attenzione, rallentamento dei tempi di reazione, alterazione delle funzioni esecutive), ansia, depressione, attacchi di panico sono tra i sintomi più diffusi. La fibromialgia, che pure può osservarsi in ogni fascia d’età, compare nella maggior parte dei casi tra i 35 e i 60 anni. Sono in aumento i casi fra gli adolescenti. Questa sindrome compromette, nei casi più gravi, le attività quotidiane e professionali. Non essendo a oggi questa sindrome riconosciuta nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), i costi sono ancora – fatto che consideriamo non più accettabile e non più sostenibile – a carico del paziente.