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Tag: domiciliarità

Accelerare sulla domiciliarità: non solo per non perdere i fondi del PNRR, ma per rendere più umano e sostenibile il sistema sanitario

Ho chiesto alla Giunta, con un Question Time appena discusso in Aula, di porre in essere tutte le misure necessarie per raggiungere l’obiettivo, fissato dal Ministero della Salute, del 9% degli over 65 presi in carico in regime di Assistenza Domiciliare Integrata entro il 31 dicembre. In gioco ci sono fondi vincolati del PNRR pari a 34 milioni di euro e il futuro del nostro Sistema Sanitario e Assistenziale.

Potenziare l’assistenza domiciliare assistenziale e sanitaria, rendendola il luogo privilegiato per rispondere ai bisogni delle persone anziane non autosufficienti, è una obiettivo fondamentale e rappresenta un passo decisivo per la creazione di un nuovo modello assistenziale, nel quale la durata e l’intensità dell’assistenza siano stabilite e dettate non già da vincoli di spesa, ma dai bisogni e dalle necessità della persona assistita. Per raggiungere l’obiettivo, il primo passo è arrivare, a fine anno, alla soglia, fissata dal Ministero della Salute, del 9% degli over 65 presi in carico in regime di ADI (Assistenza Domiciliare Integrata).

Sul tema, ho appena discusso un Question Time per chiedere alla Giunta di porre in essere tutte le misure utili in questo senso, non solo perché la Regione non può permettersi di perdere i fondi del PNRR pari a 34 milioni di euro e vincolati al raggiungimento dell’obiettivo, ma anche perché investire sulla domiciliarità significa investire sull’umanità e sulla sostenibilità del Sistema Sanitario e Assistenziale. Risultati degni di nota sono già stati raggiunti in questi primi nove mesi del 2023, passando dal 2,48% di over 65 presi in carico in regime di ADI dello scorso gennaio all’attuale 7,51%, ma occorre ancora uno sforzo. 

Prima raggiungiamo l’obiettivo e prima si sbloccano le risorse. Il Sistema che abbiamo in mente è sempre meno centrato sulle strutture e sugli ospedali e sempre più basato sulla telemedicina e sulla domiciliarità: valuteremo con attenzione l’efficacia delle misure citate dalla Giunta in risposta al nostro interrogativo, dal gruppo di lavoro interaziendale al nuovo cruscotto di monitoraggio, dagli obiettivi definiti azienda per azienda agli esiti dell’applicazione del documento sulle “Cure domiciliari in Piemonte”. L’obiettivo di un over 65 su 10 preso in carico in ADI, da centrare entro il 2026, non è eccessivamente ambizioso, dal momento che rappresenta la media attuale delle migliori prassi europee (mentre la media calcolata tra le diverse Regioni italiane non raggiunge il 5%). Fondamentale, per non fallire, sarà una reale collaborazione tra tutti i settori, a partire dal coinvolgimento dei medici di base.

Non autosufficienza, famiglie e ospedali pagano il prezzo più caro dello smantellamento di un sistema che funzionava

Crolla in due anni da quasi 10mila a poco più di 3mila il numero dei torinesi che ricevono cure a domicilio erogate dall’Asl. Risultato: famiglie allo stremo e ulteriore pressione sulle strutture ospedaliere. Perché questa Giunta Regionale, invece di estendere ad altre zone del Piemonte un modello virtuoso, lo sta abbattendo?

Torino, il mondo dell’Assistenza Domiciliare lancia il proprio S.O.S.: mancano personale e risorse, negli ultimi dodici mesi altri 3.300 torinesi non autosufficienti hanno dovuto fare a meno delle cure a domicilio erogate dall’ASL. La denuncia arriva dalla Fondazione Promozione Sociale. Tra 2018 e 2019 si era registrato un trend analogo, da 9.300 a 6.500.

Le prime vittime di questa tendenza sono, naturalmente, i torinesi il cui diritto alla cura viene negato. Insieme a loro, pagano un prezzo altissimo le famiglie, ormai giunte allo stremo, e gli ospedali, sui quali la pressione cresce ulteriormente, con un ulteriore abbassamento dei tempi di saturazione dei posti disponibili.

Oggi, nella maggior parte dei casi (sono stati autorizzati solo 14 assegni su 561 tra luglio e l’inizio di ottobre 2020), le richieste di assegni di cura domiciliari vengono respinte. Questa Giunta, scegliendo di garantire solo le prestazioni già erogate senza nuove attivazioni, invece di estenderlo ad altre aree del Piemonte sta facendo spegnere un modello che funziona. Anzi, che funzionava. Qual è la strategia? Qual è l’alternativa proposta? Quali sono le ragioni di questa scelta dalle conseguenze gravissime?